“Migranti schiavi delle milizie in guerra”
Le Ong: “Gruppi armati usano i profughi dei centri di detenzione abbandonati dalle autorità”
Il numero totale delle vittime dei combattimenti avvenuti tra il 26 agosto e il 26 settembre (79 sono giovani tra i 18 e i 35 anni) Migranti
usati come manovalanza dalle milizie durante la guerriglia per le strade di Tripoli. Nuove storie di schiavismo, di coercizione e di vergogna dalla Libia. La denuncia arriva dai diretti interessati e da quanto raccolto dalle organizzazioni umanitarie. Un gruppo di profughi del Corno d’Africa, almeno 200 persone tra cui una sessantina di bambini e minori, recluso nel centro denominato ‘Semaforo 70’, sopravvive in condizioni drammatiche. Siamo a Faruja, periferia sud della città, epicentro di combattimenti tra gruppi armati che in un mese (26 agosto-26 settembre) hanno fatto 117 morti ufficiali e circa 600 feriti. Uno dei 25 campi dove le organizzazioni internazionali entrano in supporto di profughi, Unhcr in particolare. O meglio entravano, visto che ciò, per motivi di sicurezza, non accade da quasi due mesi. Una fonte confidenziale a Tripoli ha raccolto il racconto di uno dei migranti: “Il centro è sotto il controllo di una milizia. Molti di noi vengono presi di forza, portati nella zona degli scontri e usati per trasportare armi e munizioni in prima linea, col rischio di essere uccisi. Altri vengono sfruttati per fare le pulizie negli uffici e nelle caserme dei capi, anche se stremati e in pessime condizioni di salute. Siamo gli schiavi moderni in mezzo ad una guerra civile. I miliziani ci vedono come merce di scambio e la vita nel centro è un inferno. Non abbiamo ricevuto acqua e cibo per quasi una settimana. Assetati, alcuni hanno bevuto acqua da pozzi e rubinetti insicuri e soffrono di violenti attacchi di dissenteria. La gente sta male e non viene curata, siamo allo stremo”.
UNA SITUAZIONE ANALOGAè stata registrata in un altro centro lontano dal cuore della capitale, a Qasr Ben Gashir. L’allarme è stato raccolto dall’Unhcr, dall’Oim (l’agenzia Onu per i migranti) e da altre organizzazioni operative sul territorio. L’unica speranza per migliaia di profughi rinchiusi e veri e propri lager. A causa dell’instabilità. Tripoli è diventato un campo di battaglia e per il settore umanitario è difficile raggiungere i quartieri in conflitto. Ci sono strutture dove Unhcr e Oim non riescono a operare da mesi, difficile dunque capire la portata della tragedia, lontana dai radar della cooperazione.
Il cessate-il-fuoco siglato mercoledì sembra reggere, per ora, e ciò ha permesso quanto meno di tappare alcune falle. Come garantire cibo e accesso ad acqua potabile, coperte, prodotti per l’igiene e cure mediche di primo soccorso. Tra i migranti numerosi i casi di tubercolosi, scabbia e altre malattie trasmissibili, ma anche infezioni purulente, ferite non trattate e ustioni gravi. Tanti avrebbero bisogno di trattamenti sanitari e interventi chirurgici.
Un pezzo di Libia di cui il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, dovrà tener conto in Senato quando martedì riferirà a proposito di ciò che sta accadendo sull’al- tra sponda del Mediterraneo. Intanto l’O r g a ni z z a z io n e Mondiale della Sanità ha diffuso le statistiche esatte sulle vittime degli scontri dell’ultimo mese: 108 maschi e 9 femmine, 8 minorenni e 3 bambini sotto i 5 anni. In tutto 79 giovani tra i 18 e i 35 anni. I morti libici sono 106, 11 non libici: tra loro 1 turco, 2 del Niger, 1 siriano, 1 egiziano, 2 ivoriani, 1 burkinabè, 1 nigeriano; 2 sono rimasti sconosciuti.
I numeri