Tutte le note di Morricone, un concerto lungo 90 anni
COMPLEANNO La candelina sonora di Piovani e gli omaggi al Maestro
Il destino del genio è di essere incompreso. Invece Ennio Morricone non ha avuto bisogno di morire perché il suo t a l e n t o , davvero fuori dall’ordinario, venisse riconosciuto e onorato. Non è già più uomo ma quasi statua, e vedere giovedì sera al Parco della Musica la fila delle autorità, iniziando dal presidente della Repubblica, rendere omaggio ai suoi novant’anni, portati così naturalmente bene, fa ritenere che la trasfigurazione sia completata.
Nicola Piovani gli ha acceso una candelina sonora di rara intensità e di grandissimo affetto e sono state selezionati i pezzi che più intimamente rappresentano la forza anche evocativa del mondo di Morricone.
Un Oscar alla carriera, tre Grammy, quattro Golden Globe, dieci David di Donatello, undici Nastri d’Argento, un Leone d’oro e centinaia di altri ricordi, onori, statuette che qui non registriamo.
MORRICONE, sotterrato dai premi e dai riconoscimenti mondiali, è l’unico italiano che possa permettersi ogni giorno di fantasticare sul numero delle persone che nel mondo in contemporanea stiano ascoltando la sua musica, le sue colonne sonore, gli arrangiamenti delle sue canzoni. L’unico a non parlarne mai, a resistere a ogni alito di popolarità, a perseverare nella sua quotidiana, infaticabile vita di compositore e marito di Maria, “l’unica che abbia accesso nella mia stanza”.
Avrà di sicuro una scuderia di cromosomi che l’aiutano a comporre da mattina a sera, avendo ormai eguagliato e forse superato i cinquecento film, essendo riuscito in un anno ad accettare e portare a termine 25 (venticinque!) colonne sonore. Morricone è il compagno di vita e di arte di Sergio Leone; è la tromba del western all’italiana e anche la stella di Hollywood, il musicista preferito da Quentin Tarantino, il nome di Oliver Stone, di Barry Levinson.
Ma è sempre Morricone, nel continuo saliscendi dei suoi contratti, ad aver arrangiato Abbronzatissima , Guarda come dondolo, Hully Gully. Il pop da spiaggia di E- doardo Vianello nell’I tal ia della ricostruzione e del boom economico. E di Morricone è lo spartito con il quale i Metallica, a cui la musica sinfonica sta come il mare a un esquimese, per anni hanno aperto i loro concerti. Morricone è dunque uno, nessuno e centomila. È così poliedrico, così enormemente infatuato delle note, non le sette che conosciamo ma le dodici, la cosiddetta dodecafonia, tecnica alla quale si rivolge per organizzare il suo cielo e il suo mare, le trombe, i tamburi e i violini.
E POI IL SILENZIO, che sono spazi di vita, luoghi di sosta e di pensiero delle sue musiche. “Purtroppo la società del rumore ha vinto su quella del silenzio”, ha ammesso. Morricone è un italiano speciale in quanto a disciplina, autogoverno del corpo e autocontrollo delle emozioni. Da cinquant’anni nel suo studio riceve solo Maria, la donna che gli ha dato quattro figli e che attende alla sua musica con l’apposizione del si stampi. “Faccio sempre sentire prima a lei”. Non amando la piazza, il Maestro ha comprato casa nei pressi dell’Ara Coeli, dalle dimensioni di una piazza. Mille metri quadrati, in modo che al mattino, appena dopo le quattro, quando il suo orologio biologico lo sveglia, possa fare jog- ging senza la scocciatura di scendere per strada. “Attraverso tutte le camere, anche più di una volta”, ha spiegato. Spirito calvinista ma convinzioni molto patriottiche, Morricone ha scelto, fin quando ha potuto, di votare Democrazia cristiana, esattamente al centro del centro. “Ma ho stimato Craxi e anche Andreotti. Però non ho mai espresso pareri sulla politica, perché non mi compete”, ha spiegato quando qualcuno avanzava una domanda. Una foto lo ritrasse vicino a Beppe Grillo, e il Maestro subito spiegò che lo stimava nella sua arte di comico.
Devoto a Padre Pio (e compositore delle musiche della relativa fiction) Morricone ha conosciuto il fascismo e il dopoguerra, il dolore e la povertà. Ma si è tenuto sempre in mezzo, oppure di lato, a seconda dei punti di vista. Suona la tromba (discepolo del grande Petrassi) per gli occupanti tedeschi, quando Roma ha il collo nel cappio del nazifascismo, e suona la tromba per i liberatori americani.
BADA AL SODO, a portare a casa la pagnotta: “Servivano dodici sacchi di truciolato per avere un chilo di pane dal fornaio e io correvo con la bicicletta, avanti e indietro, per conquistarmi il pane e portarlo a casa”. Fa anche il pianista al Florida, un night club dove “sotto i tavoli succedevano cose sconce”. Morricone suonava, non vedeva, non gli interessava. Quando fece
ELISIR DI LONGEVITÀ Si alza prima dell’alba, fa jogging in casa poi si chiude in studio: in un anno ha prodotto 25 colonne sonore
irruzione la polizia, e una bella donna, temendo l’arresto, ha l’idea di avvinghiare Morricone in un bacio, al Maestro prende un mezzo colpo. “Era la prima volta che succedeva”. Classe 1928, sposa nel 1956 Maria Travia e due anni dopo il primo figlio arriva. Lui gira, soprattutto negli States, fino a quando non gli prende l’ansia dell’aereo e rallenta le frequentazioni hollywoodiane. Inflessibile nel suo rigore, Morricone ha deciso che da direttore d’orchestra non avrebbe potuto e saputo dirigere che se medesimo. E infatti così sarà. Gli servono almeno 97 elementi, almeno cinque trombe e un grande coro. “Io lo dissi agli amici di Lecce che tanto gentilmente mi avevano chiesto di dirigere la loro Orchestra”. Inflessibile, infaticabile, calvinista.
I SUOI RITMI di lavoro sono ineguagliati, Quando la Rai lo assunse (era il 1958) come assistente musicale spiegandogli che, da interno, non avrebbe potuto produrre musica, si dimise. Spieghiamo meglio: presentò la lettera di dimissioni il giorno in cui venne assunto, appena seppe. Morricone pare statua, uomo senza vizi, e per questo antitaliano. Il suo genio è fiore nella selva di erbacce, e sembra che sia l’ultimo.