Il Fatto Quotidiano

Tutte le note di Morricone, un concerto lungo 90 anni

COMPLEANNO La candelina sonora di Piovani e gli omaggi al Maestro

- » ANTONELLO CAPORALE

Il destino del genio è di essere incompreso. Invece Ennio Morricone non ha avuto bisogno di morire perché il suo t a l e n t o , davvero fuori dall’ordinario, venisse riconosciu­to e onorato. Non è già più uomo ma quasi statua, e vedere giovedì sera al Parco della Musica la fila delle autorità, iniziando dal presidente della Repubblica, rendere omaggio ai suoi novant’anni, portati così naturalmen­te bene, fa ritenere che la trasfigura­zione sia completata.

Nicola Piovani gli ha acceso una candelina sonora di rara intensità e di grandissim­o affetto e sono state selezionat­i i pezzi che più intimament­e rappresent­ano la forza anche evocativa del mondo di Morricone.

Un Oscar alla carriera, tre Grammy, quattro Golden Globe, dieci David di Donatello, undici Nastri d’Argento, un Leone d’oro e centinaia di altri ricordi, onori, statuette che qui non registriam­o.

MORRICONE, sotterrato dai premi e dai riconoscim­enti mondiali, è l’unico italiano che possa permetters­i ogni giorno di fantastica­re sul numero delle persone che nel mondo in contempora­nea stiano ascoltando la sua musica, le sue colonne sonore, gli arrangiame­nti delle sue canzoni. L’unico a non parlarne mai, a resistere a ogni alito di popolarità, a perseverar­e nella sua quotidiana, infaticabi­le vita di compositor­e e marito di Maria, “l’unica che abbia accesso nella mia stanza”.

Avrà di sicuro una scuderia di cromosomi che l’aiutano a comporre da mattina a sera, avendo ormai eguagliato e forse superato i cinquecent­o film, essendo riuscito in un anno ad accettare e portare a termine 25 (venticinqu­e!) colonne sonore. Morricone è il compagno di vita e di arte di Sergio Leone; è la tromba del western all’italiana e anche la stella di Hollywood, il musicista preferito da Quentin Tarantino, il nome di Oliver Stone, di Barry Levinson.

Ma è sempre Morricone, nel continuo saliscendi dei suoi contratti, ad aver arrangiato Abbronzati­ssima , Guarda come dondolo, Hully Gully. Il pop da spiaggia di E- doardo Vianello nell’I tal ia della ricostruzi­one e del boom economico. E di Morricone è lo spartito con il quale i Metallica, a cui la musica sinfonica sta come il mare a un esquimese, per anni hanno aperto i loro concerti. Morricone è dunque uno, nessuno e centomila. È così poliedrico, così enormement­e infatuato delle note, non le sette che conosciamo ma le dodici, la cosiddetta dodecafoni­a, tecnica alla quale si rivolge per organizzar­e il suo cielo e il suo mare, le trombe, i tamburi e i violini.

E POI IL SILENZIO, che sono spazi di vita, luoghi di sosta e di pensiero delle sue musiche. “Purtroppo la società del rumore ha vinto su quella del silenzio”, ha ammesso. Morricone è un italiano speciale in quanto a disciplina, autogovern­o del corpo e autocontro­llo delle emozioni. Da cinquant’anni nel suo studio riceve solo Maria, la donna che gli ha dato quattro figli e che attende alla sua musica con l’apposizion­e del si stampi. “Faccio sempre sentire prima a lei”. Non amando la piazza, il Maestro ha comprato casa nei pressi dell’Ara Coeli, dalle dimensioni di una piazza. Mille metri quadrati, in modo che al mattino, appena dopo le quattro, quando il suo orologio biologico lo sveglia, possa fare jog- ging senza la scocciatur­a di scendere per strada. “Attraverso tutte le camere, anche più di una volta”, ha spiegato. Spirito calvinista ma convinzion­i molto patriottic­he, Morricone ha scelto, fin quando ha potuto, di votare Democrazia cristiana, esattament­e al centro del centro. “Ma ho stimato Craxi e anche Andreotti. Però non ho mai espresso pareri sulla politica, perché non mi compete”, ha spiegato quando qualcuno avanzava una domanda. Una foto lo ritrasse vicino a Beppe Grillo, e il Maestro subito spiegò che lo stimava nella sua arte di comico.

Devoto a Padre Pio (e compositor­e delle musiche della relativa fiction) Morricone ha conosciuto il fascismo e il dopoguerra, il dolore e la povertà. Ma si è tenuto sempre in mezzo, oppure di lato, a seconda dei punti di vista. Suona la tromba (discepolo del grande Petrassi) per gli occupanti tedeschi, quando Roma ha il collo nel cappio del nazifascis­mo, e suona la tromba per i liberatori americani.

BADA AL SODO, a portare a casa la pagnotta: “Servivano dodici sacchi di truciolato per avere un chilo di pane dal fornaio e io correvo con la bicicletta, avanti e indietro, per conquistar­mi il pane e portarlo a casa”. Fa anche il pianista al Florida, un night club dove “sotto i tavoli succedevan­o cose sconce”. Morricone suonava, non vedeva, non gli interessav­a. Quando fece

ELISIR DI LONGEVITÀ Si alza prima dell’alba, fa jogging in casa poi si chiude in studio: in un anno ha prodotto 25 colonne sonore

irruzione la polizia, e una bella donna, temendo l’arresto, ha l’idea di avvinghiar­e Morricone in un bacio, al Maestro prende un mezzo colpo. “Era la prima volta che succedeva”. Classe 1928, sposa nel 1956 Maria Travia e due anni dopo il primo figlio arriva. Lui gira, soprattutt­o negli States, fino a quando non gli prende l’ansia dell’aereo e rallenta le frequentaz­ioni hollywoodi­ane. Inflessibi­le nel suo rigore, Morricone ha deciso che da direttore d’orchestra non avrebbe potuto e saputo dirigere che se medesimo. E infatti così sarà. Gli servono almeno 97 elementi, almeno cinque trombe e un grande coro. “Io lo dissi agli amici di Lecce che tanto gentilment­e mi avevano chiesto di dirigere la loro Orchestra”. Inflessibi­le, infaticabi­le, calvinista.

I SUOI RITMI di lavoro sono ineguaglia­ti, Quando la Rai lo assunse (era il 1958) come assistente musicale spiegandog­li che, da interno, non avrebbe potuto produrre musica, si dimise. Spieghiamo meglio: presentò la lettera di dimissioni il giorno in cui venne assunto, appena seppe. Morricone pare statua, uomo senza vizi, e per questo antitalian­o. Il suo genio è fiore nella selva di erbacce, e sembra che sia l’ultimo.

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