Medellin, il sindaco sfida quel che resta di Pablo Escobar
Colombia A Medellin il coraggioso Gutiérrez ha demolito (con una mazza) l’edificio ancora gestito da Roberto Osito, il fratello del defunto boss. Ma i narcos comandano ancora
“Benvenuti nel museo dedicato a Pablo Escobar”. Fino a dieci giorni fa si poteva iniziare con questo saluto la visita a un palazzo di Medellin dedicato al più famoso e più ricco boss della cocaina colombiana. Una scritta con la vernice ormai consumata dal sole ricorda che l’edificio Mónaco, sei piani più attico e superattico di 1600 mq, in uno dei quartieri più esclusivi a un tiro di schioppo da un campo da golf, era stato abitato dal criminale responsabile – direttamente o indirettamente – di decine di migliaia di vittime e da suoi accoliti e killer del Cartello di Medellin.
NEL 1993 Escobar è stato abbattuto a Medellin dal fuoco di una squadra speciale colombiana “assistita” da agenti americani della Dea. Per qualche tempo il Patrónera giustamente precipitato nell’oblio della cronaca. Almeno fino a quando è stato resuscitato dalle serie di Netflix e da altre pellicole dedicate ai narcos. Il sinistro fascino della violenza e del male non è certo una novità. Basti pensare alla sagra del Padrino dei Corleone. E anche di Escobar veniva descritta, e sfruttata, una sorta di doppia personalità: criminale, assassino e torturatore, che amava circondarsi di costosissimi beni e gadgets, ma anche un (feroce) Robin Hood che donava ai poveri. Borse di studio, case popolari, cliniche. E, perché no, discrete e sontuose donazioni anche alla Chiesa.
L’edificio Mónaco è così diventato meta di un crescente flusso di turisti che volevano scattare una loro foto con vista al palazzo delle orge e delle torture da mettere poi in rete. Fino a quando Roberto – detto Osito , orsacchiotto – fratello del Patrón Pablo ha pensato bene di utilizzare una dependance per creare una sorta di museo. “Qui troverete una parte della storia del mitico Pablo Escobar. Potrete vedere oggetti che gli appartevano, come la moto che James Bond utilizzava nel film La spia che mi amava. Sempre sarete ricevuti da un membro della famiglia” recitava il messaggio promozionale su TripAdvisor.
FAMIGLIA ALLARGATA ovviamente, perché del business faceva parte anche John Jairo Vasquez, alias Popeye, feroce assassino del Cartello che era uscito dal carcere nel 2006 e che ha prodotto una serie di dvd nei quali racconta le sue gesta. Come in Tumbas famosas, dedicato ai luoghi – che potevano essere visitati – dove giacevano le sue vittime più illustri, con relativo racconto di come le aveva assassinate. Alla faccia del “mi sono pentito” col quale Popeye titolava il suo sito.
La visita al museo – solo per stranieri – costava 30 dollari. Un pacchetto che comprendeva anche una sorta di narcotour a tombe e altri ameni luoghi veniva a costare 750 dollari.
Federico Gutiérrez, 43enne sindaco di Medellin – oggi una città prospera dove i più famosi architetti competono per costruire moderni progetti per imprese emergenti di tec- nologia – ha deciso però di farla finita. Lo scorso aprile si è presentato di fronte al Mónaco armato di una mazza e ha dato il via un processo di demolizione dell’edificio che dovrebbe concludersi all’inizio del prossimo anno, quando lascerà il posto a un parco dedicato alla memoria delle vittime dei narcos.
“Vogliamo dimostrare che la città è rinata. E che la legge ha trionfato”, ha affermato il sindaco inviando la polizia a pattugliare il Mónaco. Così il Museo di Escobar è stato (momentaneamente) chiuso nientemeno perché Osito non aveva una licenza per attività turistiche. Il fratello dell’ex boss si è beccato anche una sostanziosa multa, mentre Popeye è ritornato in galera per estor- sione. Gutierrez ha ricevuto il plauso di imprenditori e benestanti, insomma dei “cittadini onesti” che magari avevano utilizzato i fondi della droga per costruire i moderni palazzi della città. Ma ha anche raccolto malumori nei quartieri ancora marginali dove accampano ritratti di Pablo, il “benefattore”.
RIGUARDO al “trionfo della legge” i dubbi sono ben maggiori. Dopo quasi venti anni di guerra ai cartelli della droga di Medellin e Cali – con 10,5 miliardi di dollari di aiuti degli Usa dati dal 2000 nell’ambito del Plan Colombia – e migliaia
di morti, il Paese continua ad essere il principale produttore di cocaina del mondo. Un business da 2,7 miliardi di dollari l’anno. Nel 2017 gli ettari messi a produzione di coca sono passati da 146.000 a 171.000, con un incremento del 17%. Non solo, la “produttività” dei raccolti è triplicata rispetto al 2012 (dati dell’Ufficio dell’Onu contro la droga). Sono cifre che provocano una “preoccupazione immensa”, ha affermato il ministro della Difesa colombiano Guillermo Botero. “È una curva –ha aggiunto – che sale continuamente senza che sia arrivato il punto di flessione in basso”.
Questa situazione mette sotto pressione il presidente Iván Duque, in carica dallo scorso agosto. Tanto più che il presidente Donald Trump visiterà la Colombia in dicembre. E da buon businessman pretenderà risultati per i verdoni spesi a piene mani per impedire che una marea di coca arrivi negli Usa.
UOMO della destra, Duque ha annunciato che riprenderà la fumigazione intensiva delle coltivazioni con pesticidi, i quali, diffusi dagli aerei, bruciano tutto, la coca come pure le coltivazioni lecite. E lasciano senza cibo i contadini. È il metodo migliore perchè i coltivatori riprendano ad allearsi con la guerriglia, vecchia (Esercito di liberazione nazionale, Eln) e “nuova”, gruppi dissidenti dele Forze armate rivoluzionarie della Colombia, Farc. Il presidente Duque si è sempre detto contrario agli accordi di pace firmati nel 2016 dall’allora presidente Santos con le Farc. E ha messo in chiaro che intende cambiare quanto pattuito negli accordi.
In questo quadro – secondo un’inchiesta del New York Ti
mes – tremila ex guerriglieri hanno ripreso le armi e per ricominciare la lotta armata contro il governo hanno fatto capire che sono disposti a un’alleanza con il potente Cartello del Golfo, i narcos che hanno sostituito Escobar e soci.
Pessimista la previsione dell’ong Paz y Reconciliación:
“La Colombia rischia di restare senza pace e con la produzione della coca alle stelle”.