Il Fatto Quotidiano

Club scambisti: corteggiat­e tra zazzere, tacchi e santini

- » MADAME ROSA

Da sdraiati si fanno spesso cose stupide: rimirar le stelle, fumare; qualcosa cade, qualcos’altro va di traverso. Così ci siamo imposte, io e la mia amica Colette, attività un po’ più intelligen­ti – da sdraiate –, ma per dormire era ancora troppo presto.

È stata lei, l’amica geniale, a proporre: andiamo in un discopub lesbico. No, ci confondiam­o. Andiamo in un bar gay. No, ci confondono. Andiamo in un locale per scambisti. No. Sì. Sì. Sì. Ci pare un giusto compromess­o.

È andata così: una serata istruttiva. Riassunto, per farla svelta.

TUTTO OPEN. Come nei party migliori, c’è l’open bar, l’open dance, l’open tutto. Tutto è aperto, compreso il fumo: si può fumare ovunque, meglio se sigarette-sigarette. Quelle elettronic­he impregnano l’aria di afrori dolciastri – i peggiori nemici dei feromoni e della libido –, mentre gli stupefacen­ti non garantisco­no sempre risultati stupefacen­ti. Non qui, almeno. Se proprio non si può farne senza, Colette consiglia di andare già stupefatti, o sotto incantesim­o, come i ragazzetti del Sogno di Shakespear­e, persi nel boschetto con la fregola in corpo tanto da scambiarsi le fidanzate e accoppiars­i con gli asinelli. Disinibirs­i non è mai scontato, neppure tra scambisti: per questo l’alcol è gratuito, a patto di non esagerare, creando perniciose code al bagno (usato non solo come bagno).

RISERVATEZ­ZA RULES. A differenza dei party migliori, in cui non esiste privacy, qui la privacy è sovrana, come il de- bito, ma non si alza lo spread. È quasi impossibil­e vedere qualcuno con il telefonino in mano e del tutto impossibil­e vedere qualcuno che si scatta un selfie o chiede una foto in due, in tre o in gruppo: il gruppo si mette in posa per altro. Le pose non sempre sono plastiche, va detto, ma nessuno è obbligato a vederle, figurarsi a fotografar­le: la penombra rossastra – una citazione del Campari; oggi si dice product pl ac em ent – incombe sulle stanze. Quante siano non si sa: è davvero troppo buio.

SELF SERVICE AL BANCONE Disinibirs­i non è mai scontato neppure per chi entra in un locale simile: per aiutare c’è l’alcol libero

L’ABITO NON FA IL MONACO NÉ LA SUORA

Il fascino dell’orecchino con simbolo religioso: forse rassicurat­i o incuriosit­i, molti si sono fatti conquistar­e

IL BUIO OLTRE LA SIEPE. Ora si intravede una poltrona, ora spunta un’altalena (vero), ora si materializ­za un bancone. Ma i tavolini, no, è impossibil­e localizzar­li: i lividi a fine serata saranno lì a ricordarce­lo, ma potremmo sempre far finta che sia colpa del bondage. Sembra di stare in quel romanzetto sulle Affinità elettive – sussurra Colette – in cui i fedifraghi si accoppiano “nell’oscurità”, pensando ai reciproci amanti, e infatti “l’assente e il presente si confondono eccitati e voluttuosi”. Alla fine della fiera salterà fuori un figlio che assomiglia ai concubini, ma non ai genitori. Letteratur­a, peccato: qui si fa ricreazion­e, non riproduzio­ne.

FRESH AND CLEAN. Il bagno è più pulito di quello di mia zia, e dotato di ogni comfort igie- nico. I preservati­vi – sparsi dappertutt­o ma difficili da reperire nella tenebra – sono solo di taglia extralarge e cento per cento naturali-vegetali. “Per incoraggia­rti”, secondo Colette. “Perché c’è un’epidemia di finti allergici al lattice”, secondo me.

SOCIALITÉ. L’Égalité è démodé, ma non la Socialité, che non c’entra coi s o ci a l , piuttosto con l’amico geniale (Goethe): per combinare “A con D e B con C” bisogna “mettere in contatto le due coppie e vedrà A volgersi a D e C a B senza che si possa dire quale abbia lasciato l’altra per prima, quale si sia di nuovo unita per prima a un’altra”. Ora, preliminar­e al contatto è il luogo, che sia casa, salotto o sofà. Perciò i divanetti sono confortevo­li, lindi e di pelle rossa, en pendant col Campari: servono solo per sedercisi sopra, non per spegnerci le sigarette o per cospargerl­i di cenere. Al contrario della strada, ci sono portacener­e e cestini in ogni angolo: a trovarli.

LIBERTÉ. La libertà è innanzitut­to di trucco e parrucco, poi di culto: la mia amica, ad esempio, era acconciata in abiti da lavoro, elegante tipo Colazione da Zara. Oltretutto portava un vistoso orecchino d’oro con simbolo religioso pendente: non c’è stato verso di farglielo togliere, ma ha avuto ragione lei. Il pio accessorio ha attirato diversi corteggiat­ori e corteggiat­rici, forse rassicurat­i o forse incuriosit­i. È proprio vero: l’abito non fa il monaco, figuriamoc­i la suora. Infatti, la signora commercial­ista, una bionda di un metro e ottanta, zazzera e tacchi compresi, era svestita come una pornodiva anni Ottanta: fuori tempo sì, fuori luogo pure. Il nudo, integrale o mezzobusto, non tira più.

FRATERNITÉ. Qui non è il Fight Club: si può parlare tranquilla­mente e non è obbligator­io combattere. L’ha detto Sade: nel boudoir si fa filosofia. E il pudore e la virtù titillano l’immaginazi­one. Come le chiacchier­e: le Relazioni pericolose viaggiano per posta e i libertini si eccitano per corrispond­enza. Oggi si dice s exting. Ci sono, tuttavia, argomenti tabù: l’amicizia su Facebook, innanzitut­to.

AH, L’AMOUR. Ma di che si ciancia allora in un locale per scambisti? D’amore: tutti ne parlano, qualcuno lo fa, alternativ­amente, come le cameriere. Colette, per dire, ha sedotto una che non la smetteva di raccontare dell’ex marito, del trauma del divorzio, della conversion­e agli amplessi saffici, mentre io mi sorbivo le disavventu­re omoerotich­e di un belloccio in giacca e cravatta. Sparlava di “patata”, boh: forse credeva di essere galante, risultando tuttavia bollito. A quel punto sia io sia Colette eravamo davvero stanche, e ce ne siamo andate.

La mattina dopo, a parte i lividi e il mal di testa, ci siamo ritrovate piene di preservati­vi extralarge-naturali-vegetali in borsetta. Colette dice di regalarli. Non abbiamo più l’età né il fisico per reggere un amore. Figuriamoc­i tre o quattro in due ore.

Sedurre una donna che non smette di parlare di divorzio e dell’ex marito

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Ansa Festini Carnevale a Venezia; sotto, “Eyes Wide Shut” di Kubrick con Cruise e Kidman

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