Gli “sgub” di Biscardi e il bibitaro
“Aranci ata- birr a- c o ca - m en evado”: il bibitaro dello stadio lo dice come se ci fosse anche una bibita chiamata “Me ne vado”. La cosa non poteva sfuggire a me e, soprattutto, a Manolita che subito scherzando – tanto per fare una battuta – gli ha detto: “Scusa ci dai due lattine di Me ne vado?”. E giù a ridere come due matte, noi. Lui no. Serissimo e con un’aria diffidente se ne è va senza neanche rispondere, forse perché troppo preso dal suo lavoro che gli concede pochi minuti per vendere bibite tra un urlo e un altro della folla di tifosi. L’ambiente dello stadio non permette di essere spiritosi e di fare dell’umorismo. Lo sport non vuole risate, vuole solo polemiche, discussioni, esaltazioni, imprecazioni, solo al Processo del lunedì di Biscardi è permesso, tra uno “sgub” vero o falso si fa del puro cabaret. Ma allo stadio chiunque provi a fare una battuta viene messo a tacere. Malgrado ciò, io e Manolita incuranti della freddezza non solo del bibitaro, ma anche dei nostri amici presi solo dalla partita e dai loro chiassosi sbalzi di umore, non abbiamo rinunciato al nostro divertimento preferito, fare battute su tutto e su tutti. Così, quando la squadra avversaria ha segnato un gol, nella tristezza generale, noi pensando di essere spiritosissime abbiamo esultato: “Braviii che gol stupendo, hai visto che bel tiro!”. Intorno a noi il gelo, un misto di odio, risentimento e disprezzo. I numerosi tifosi hanno iniziato a insultarci pregandoci in coro di lasciare al più presto lo stadio, tanto per adoperare un eufemismo! Gol. La nostra squadra finalmente ha segnato e noi via con un’altra battuta: “Guarda quei due giocatori! Non la finiscono più di abbracciarsi, ma che carini, secondo me si stanno dicendo ‘basta non possiamo più continuare a vederci così!’” Siamo dovute scappare a gambe levate per evitare il peggio.
(ha collaborato Massimiliano Giovanetti)