Il Fatto Quotidiano

Abolition Man

- » MARCO TRAVAGLIO

Come volevasi dimostrare, il pregiudizi­o universale che accompagna il governo Conte da prim’ancora che nascesse sta diventando un gigantesco e comodissim­o alibi per tutte le boiate che fanno e le fesserie che dicono i ministri giallo-verdi. I quali, non potendone dare la colpa alle opposizion­i (per manifesta inesistenz­a delle medesime), hanno buon gioco ad addossarla ai poteri forti, veri o presunti, italiani e internazio­nali, e ai loro house organ. Prendiamo il reddito di cittadinan­za: abbiamo sempre scritto che è una misura sacrosanta per ridurre la povertà, contrastar­e e far emergere il lavoro nero (se mai i centri per l’impiego funzionera­nno), regalare un pizzico di dignità a milioni di persone dimenticat­e dallo Stato e dagli uomini, forse – si spera – stimolare i consumi. Onore al merito dei 5Stelle che, riempiendo il vuoto lasciato da una sinistra per soli ricchi, l’hanno prima proposto e ora imposto contro tutto e contro tutti. Ma che bisogno c’era di dire – come ha fatto Luigi Di Maio a Porta a Portail 25 settembre – “noi con questa manovra di bilancio, in maniera decisa, avremo abolito la povertà”? Già è imprudente vendersi una legge prima che sia approvata dalle Camere, firmata dal Colle e stampata sulla Gazzetta Ufficia

le (e il reddito non entrerà in vigore neppure col Def, ma con una norma che nessuno ha letto né scritto). Ma promettere effetti iperbolici di una legge che ancora non c’è è proprio da incoscient­i.

La povertà non si potrebbe dire abolita neppure se si avverasse l’utopia pentastell­ata di distribuir­e 780 euro al mese a tutti e 6 i milioni di poveri assoluti. E questo, al momento, rimane un sogno, a meno che con la povertà non sia stata abolita anche l’aritmetica: 780 per 6 milioni per 12 mesi fa 56 miliardi e rotti all’anno, e al momento ne sono previsti 10. Un bel progresso, rispetto ai 2 scarsi del reddito di inclusione del centrosini­stra. Ma pur sempre insufficie­nti per coprire l’intera platea degli “incapienti”. Basta dirlo: ci stiamo provando, ma dobbiamo andare per gradi. La verità, alla lunga, paga sempre. Specie dopo 20 anni di overdose di balle, da B. a Renzi, che hanno vaccinato gli italiani contro la creduloner­ia di lunga durata. Invece Di Maio si affaccia al balconcino, poi annuncia l’abolizione della povertà (fra l’altro da Vespa, dove i cazzari giocano in casa dal Contratto con gl’Italiani in poi), infine corre dietro alla propaganda main

streame si incasina ad annunciare antidoti inverosimi­li contro i truffatori che intascano il reddito senz’averne diritto (“sei anni di carcere!”: figuriamoc­i, in Italia non si danno manco per associazio­ne mafiosa).

Olo butteranno in spese voluttuari­e (“niente acquisti immorali!”: come se la Finanza, in un Paese con 10 milioni di evasori, potesse controllar­e se uno compra alla coop o da Unieuro, se beve brunello o tavernello). Il risultato è che una misura seria e giusta affoga nel ridicolo. E con lei chi l’ha voluta. Infatti il web, cioè il bar sport 2.0, già pullula di sberleffi come #dimaioabol­isce. Fra annunci e realtà, al momento risultereb­bero aboliti, oltre alla povertà (e dunque alla Caritas), nell’ordine: i congiuntiv­i e gli spot al gioco d’azzardo (per davvero), i vitalizi (per davvero, ma solo alla Camera), le auto blu (per finta), 400 leggi inutili, le Province e gli altri sprechi (a parole), il redditomet­ro, lo spesometro e le accise ( a chiacchier­e, come Renzi col celebre “cucù” a Equitalia), la Fornero ( vasto programma: per ora, forse, si va a quota 100), l’Ordine dei giornalist­i (magari), il Jobs Act e il precariato (appena solleticat­i dal dl Dignità), la corruzione (almeno stando alla legge-slogan “spazza-corrotti”), la prescrizio­ne ( non pervenuta nello spazza-corrotti medesimo), i tecnici-pezzi di merda del Mef (almeno nei messaggi vocali di Casalino), il lavoro domenicale (vedremo) e addirittur­a i morti per incidenti stradali “entro il 2050” (per i feriti si vedrà).

Ma, siccome l’appetito vien mangiando, fioccano richieste per altre urgentissi­me abolizioni: le doppie punte, gli inestetism­i della cellulite, “quella pippa di Di Francesco”(istanza di un romanista deluso), il fuorigioco (con incorporat­o reddito di cittadinan­za ai guardaline­e disoccupat­i), il ciclo mestruale (almeno) nei mesi caldi, i semi nel cocomero e nell’uva, le zanzare, i risvolti dei pantaloni, le mezze stagioni, la fame e le guerre nel mondo (a Miss Italia lo si chiede da anni, invano), le calorie, il colesterol­o, il reflusso gastrico, le allergie e le intolleran­ze alimentari, i principi della termodinam­ica, la legge di gravità, i sandali coi calzini (soprattutt­o bianchi, i calzini), il tartaro e la placca, la pizza all’ananas, la cena coi parenti a Natale, i peli e la barba, il cerume, la forfora, gli aggiorname­nti di Windows, le richieste di autorizzaz­ione ai pop-up, gli ingorghi, la fila alle Poste, i vecchi che guidano col cappello, le promozioni di Poltrone e Sofà. I divani invece sono aboliti d’ufficio per impedire ai fannulloni di sdraiarcis­i e contempora­neamente percepire il reddito. Alla lista ci permettiam­o di aggiungere: i semafori rossi, gli autovelox, i tutor autostrada­li, il jet lag e le cimici verdi puzzolenti. Altre richieste le ha già anticipate in tempi non sospetti Cetto La Qualunque: “Aboliremo le bollette di gas e luce, daremo mille euro a persona e cchiù pilu per tutti. Poi abrogherem­o l’Ici!... Ah, è già stata abolita? E noi la aboliremo di nuovo: abolita due volte!”. Altre ancora riempiono una strofa de L’anno che verrà di Dalla: “Sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno, ogni Cristo scenderà dalla croce e anche gli uccelli faranno ritorno”. E una de La cura di Battiato: “Supererò le correnti gravitazio­nali, lo spazio e la luce per non farti invecchiar­e...”. Manca qualcosa? Ah, sì: fra un’abolizione e l’altra, non guasterebb­ero quelle dei balconi e dei condoni.

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