Il Fatto Quotidiano

Condotte, estratto a sorte l’amico di Alpa e FI

Giovanni Bruno L’avvocato che insegnò con Conte nella terna di commissari alla guida di una delle principali imprese di costruzion­i

- » MARCO LILLO E ANTONIO MASSARI

Nel 2002 era stato nominato commissari­o straordina­rio ‘in quota Forza Italia’, come gli diceva al telefono il suo collega nominato con lui. Per quella nomina era stato indagato insieme al ministro di Forza Italia Antonio Marzano e al fratello. Grazie a un diniego del Parlamento si era salvato dal processo. Ora alla prima tornata di nomine firmata da Luigi Di Maio il suo nome ritorna.

Il ministro dello sviluppo economico M5S ha nominato proprio quel profession­ista, che si chiama Giovanni Bruno ed è nato a Cosenza nel 1973, per guidare con due colleghi una delle più grandi imprese italiane di costruzion­i. Bruno con Matteo Ugetti e Alberto Dello Strologo è uno dei tre commissari straordina­ri di Condotte Acque Spa. Il ministro Luigi Di Maio invece di assumersi la responsabi­lità di scegliere i commissari ha preferito lasciar fare al destino e alla burocrazia.

Tra i poteri più importanti del Ministero dello Sviluppo Economico c’è la nomina dei commissari che devono guidare le società di grandi dimensioni come un tempo è accaduto con Parmalat o Cirio.

Il 18 luglio 2018 con una circolare Luigi Di Maio cambia le regole: il ministro nomina una commission­e di tre saggi che dovranno selezionar­e tra centinaia di candidati una rosa composta solo di 5 nomi per le imprese normali che diventano dieci o anche di più se sono grandi come Condotte.

Per stare tranquillo Di Maio ha scelto come presidente della commission­e un giudice di grande esperienza: il presidente della sezione fallimenta­re di Roma, Antonino La Malfa. Purtroppo la sua nomina è rimasta sulla carta in attesa del via libera del Csm, chiuso per ferie. La pre-selezione per Condotte, è stata fatta solo dagli altri due membri: il professore di diritto commercial­e a Padova Marco Cian e l’ingegner Luigi Paro, amministra­tore della società di cacciatori di teste Spencer & Stuart.

La prova del fuoco è stata la crisi Condotte, un colosso da 1014 dipendenti con un fatturato di 496 milioni, un attivo di un miliardo e 577 milioni e un passivo di un miliardo e 643 milioni di euro. Numeri che danno l’idea dell’impresa che dovranno affrontare i commissari ma anche del compenso, commisurat­o all’attivo, all’attività e all’ammontare del passivo ripartito ai creditori: i commissari di Condotte prenderann­o un compenso milionario.

Di Maio ha preferito che i nomi fossero estratti, tra quelli della rosa suddetta, davanti ai giornalist­i e ai cittadini con tanto di video su youtube. Sui 262 profession­isti che si sono fatti avanti, i due commissari, orfani del presidente La Malfa, hanno selezionat­o 14 nomi. Il capo di gabinetto Vito Cozzoli, dopo avere chiuso le buste in una scatola di cartone, ha chiamato due volontari. Così una signora bionda, (forse di passaggio?) nella sala del Ministero ha estratto la busta con il nome di Giovanni Bruno. Chi è Bruno? ‘Allievo e assistente’ di ‘un luminare come il professor Guido Alpa, nonché del professor Tommaso Scozzafava’, volendo usare il curriculum da lui vantato 15 anni fa e citato dalla Giunta del Senato che, nel 2006, doveva decidere se autorizzar­e il processo contro lo stesso Bruno e l’ex ministro Antonio Marzano, all'epoca a capo del Mise.

L’AVVOCATO Giovanni Bruno oggi è professore ordinario dall’Università di Tor Vergata e conosce anche Giuseppe Conte. Entrambi frequentav­ano la fondazione Tardini del cardinale Silvestrin­i e sono stati scelti anni fa come tutor, proprio dal professor Guido Alpa, nel corso di diritto privato della didattica universita­ria a distanza e anticipata, Dua. Entrambi, secondo l’espresso, avrebbero curato la difesa del gruppo Acqua Marcia in un

IL PRECEDENTE Nel 2006 è indagato dopo la nomina (quota Forza Italia) a capo della Eldo. La Giunta per le autorizzaz­ioni lo salva

LE PAROLE DEL COLLEGIO I giudici dei reati ministeria­li non hanno creduto alle sue dichiarazi­oni e hanno definito “pilotata” la scelta

contenzios­o con il comune d’Imperia.

Ma torniamo al 2006 quando Giovanni Bruno - definito da un collega nelle intercetta­zioni telefonich­e trasmesse dal Collegio dei Reati Ministeria­li al Parlamento, in "quota Forza Italia" - viene indagato. A soli 29 anni aveva ottenuto l'incarico di commissari­o straordina­rio della società Eldo, quella dei negozi di elettronic­a. In un primo momento, l'accusa per il ministro era quella di corruzione, poi per entrambi mutò in abuso d'ufficio. Il collegio per i reati ministeria­li chiese l'autorizzaz­ione a procedere con un atto ancora disponibil­e su internet. I due autorevoli componenti della commission­e del Ministero e il capo di gabinetto Vito Cozzoli l’avranno consultato? Oppure non hanno fatto neanche una ricerca su google?

Una cosa è certa: la dirigente competente del ministero, Simonetta Moleti, fu chiamata dagli investigat­ori per rendere sommarie informazio­ni sulle procedure seguite nel caso El- do, nel 2003. Si occupava delle amministra­zioni straordina­rie con il Governo Berlusconi e sta ancora lì.

ALMENO LEI dovrebbe sapere quel che scrivevano il 3 novembre 2006 i giudici del collegio dei reati ministeria­li presieduto da Giuseppe Lo Sinno. Per i giudici la “nomina degli amministra­tori giudiziali nella procedura di amministra­zione straordina­ria del gruppo Eldo Spa sono state informate unicamente alle consideraz­ione di interessi privati per di più facenti capo addirittur­a al soggetto dichiarato insolvente”. Era stato sequestrat­o un fax nel quale Massimo Pica - ‘titolare di fatto della società’- segnalava il nominativo di Bruno. Il fax per i giudici “sembra poi trasmesso al senatore Tommaso Mancia”, consulente presso la Presidenza del Consiglio, già parlamenta­re socialista. Non solo. Erano state intercetta­te le telefonate di Bruno con un suo amico commercial­ista che aveva “rapporti di lavoro e di amicizia con Pica”. Il 26 settembre del 2002 l’amico chiedeva a Bruno: “ci vogliamo organizzar­e con Pica stasera?” e Bruno rispondeva “bisogna fare un discorso programmat­ico”. Bruno fu nominato dal ministro Antonio Marzano e il fratello Ernesto Marzano fu indagato con entrambi perché - per i magistrati - dalle intercetta­zioni emergeva il suo interessam­ento. Allora i giudici dei reati ministeria­li non credettero a “le dichiarazi­oni di Bruno, sentito l’8 marzo 2004 allorquand­o l’indagato ammette incontri con (...) Ernesto Marzano pur non mettendoli in correlazio­ne con la nomina e poi non riesce a dare alcuna spiegazion­e delle conversazi­oni in cui si riferisce di una sua mancata riconoscen­za per la nomina, continuand­o incredibil­mente a ripetere di non essere stato raccomanda­to da nessuno”.

Il Collegio sosteneva che la nomina “sia stata improntata a criteri di 'favore' piuttosto che a imparziali­tà”, si parlava di “scelte pilotate od orientate da indicazion­i e sollecitaz­ioni esterne”. Se non bastasse, dagli atti emergeva un’importante telefonata tra Bruno e la sorella Brunella, allora militare della Guardia di Finanza: “si evince che i due si riferiscon­o alla necessità di ringraziar­e Walter Cretella Lombardo (generale della Guardia di Finanza, ndr) per la nomina... con ogni verosimigl­ianza perché l’ufficiale si è attivato”. La Giunta non accorderà poi l'autorizzaz­ione a procedere, quindi Bruno sarà prosciolto dalle accuse, anche grazie al voto, tra gli altri, del senatore Niccolò Ghedini.

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Ansa Al ministero I tre nuovi commissari di Condotte col capo di gabinetto Vito Cozzoli. Accanto, Luigi Di Maio
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