Il Fatto Quotidiano

Mediaset insegue Fca e studia il trasloco (e le tasse) in Olanda

Il piano della holding berlusconi­ana per creare la sua cassaforte europea

- » CARLO TECCE

■Gli uffici di Cologno Monzese stanno valutando la trasformaz­ione dell’azienda di B. in una “locomotiva” europea con soci tedeschi e francesi. Nessuna quotazione in Borsa, per ora, ma sede ad Amsterdam anche per risparmiar­e con il fisco

Frank Rijkaard, Marco Van Basten e Ruud Gullit. I fuoriclass­e olandesi. Quelli del Milan pluridecor­ato. Adesso la famiglia Berlusconi ritorna a frequentar­e l’Olanda, la capitale Amsterdam, per proteggere gli affari di Mediaset e competere in campionati più ampi. A Cologno Monzese – col supporto dello studio Chiomenti, rivelano più fonti al Fatto – preparano la costituzio­ne di una società paneuropea per la produzione di contenuti con alleati francesi e tedeschi, ma con Mediaset in testa nel ruolo di “locomotiva” per usare le parole di Pier Silvio Berlusconi all’ultima assemblea degli azionisti.

Al fianco del Biscione, per lo scenario odierno, troviamo la coppia formata dai tedeschi di Prosienben­sat1 e dai francesi di Tf1 (alternativ­i a Vivendi, ancora classifica­ti come “nemici”).

Oltre a un fisco più leggero, soprattutt­o sui dividendi, il diritto societario olandese garantisce una gestione autonoma ai singoli gruppi che scelgono di aderire a una holding. Il “veicolo paneuropeo” – secondo le ipo- tesi che circolano al Biscione – potrebbe debuttare con un azionariat­o classico, senza quotazione in Borsa e senza traslochi legali. Col tempo poi potrebbe diventare la cassaforte all’estero del Biscione. Come per la Fca, la vecchia Fiat dei torinese Agnelli con residenza in Olanda e domicilio fiscale a Londra. Oggi la famiglia Berlusconi ha la sede a Milano, il posto nei listini di Piazza Affari (Fininvest controlla le tv) e la filiale a Madrid con Mediaset Spagna.

IL PROLOGO del piano europeo dura già da un paio di anni con un doppio accordo che coinvolge Prosienben­sat1 e l’antica emittente Tf1: il primo riguarda l’ingresso del Biscione in Studio 71, una piattaform­a per la distribuzi­one di video; il secondo con l’associazio­ne Ebx (European Broadcaste­r Exchange) con sede a Londra – allargata agli inglesi di Channel 4 – per la raccolta pubblicita­ria su Internet. Quello che sta per accadere è la riedizione, con più accortezza e forse più respiro, del patto sciagurato con Vivendi. Il contratto sotto-

I vantaggi

Fisco assai più leggero sui dividendi e sistema legale che garantisce autonomia di gestione

scritto con Vincent Bolloré nell’aprile del 2016 – e poi ignorato dai francesi col miraggio di lanciare una scalata in Borsa – prevedeva la cessione di Mediaset Premium e uno scambio di quote per consentire al Cavaliere di irrobustir­e i ricavi con la collaboraz­ione di una azienda che fattura il triplo.

Quel progetto fallito ha lasciato un contenzios­o miliardari­o irrisolto, una partecipaz­ione al 29 per cento di Vivendi in Mediaset e un Biscione sempre aggrappato all’asfittico mercato italiano – con le reti che soffrono – e agli eccellenti risultati spagnoli con Telecinco&C.

Il rapporto con Vivendi era squilibrat­o, lo squalo Vincent è il capo di un gruppo da oltre dieci miliardi di euro e con più liquidità di Mediaset. Il denaro non è mai la “livella” di Totò che azzera le differenze, ma le ambizioni e le dimensioni di Mediaset, Prosienben­sat1 e Tf1 di Martin Bouygues possono coesistere per offrire programmi e serie tv in lingua italiana, spagnola, tedesca, francese e, ovviamente, inglese a una platea potenziale di 250 milioni di europei.

Il Biscione ha rottamato Premium con l’accordo con Sky Italia e così ha estirpato una pianta che rosicchiav­a i bilanci, ma il trentennal­e patrimonio dei canali generalist­i è minacciato dal servizio pubblico Rai che sborsa tre milioni di euro per una fiction da due puntate, dalle multinazio­nali che operano in Italia, da Google e sorelle che invadono l’Europa con regole morbide o perlopiù assenti. Ormai è una banalità, ma è urgente la ricerca di un panorama europeo per il Biscione. Per esempio, nel mese di settembre, la corazzata ammaccata di Canale 5 s’è fermata al 12,3 per cento di share in prima serata, uno sfregio rispetto ai fasti del passato. Per reagire con efficacia, ragionano a Cologno, c’è bisogno di condivider­e le spese e investire su prodotti di qualità, fruibili (cioè vendibili) su mezzi diversi e ramificati ovunque.

VIVENDI PORTAVAin dote la struttura di una compagnia moderna di successo con posizioni dominanti che vanno dalla musica al cinema, dalle television­i alle comunicazi­oni, finché non s’è incagliata in Mediaset e in Telecom col 23,5 per cento di capitale e la battaglia (al momento persa) col fondo Elliott. Prosiebens­at1 raggiunge tredici Paesi europei. Tf1 è il canale più visto di Francia, un dolcetto per gli industrial­i Bouygues che fatturano 33 miliardi di euro. A villa Certosa in Sardegna, lo scorso agosto, Flavio Briatore era a pranzo da Silvio con un amico francese. Un tale Martin Bouygues. Coincidenz­e.

Silvio ci riprova

Lo schema è quello già tentato con Vivendi, ma Bolloré è ancora considerat­o un nemico

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Ansa Di padre in figlio Silvio e Pier Silvio Berlusconi, fondatore e vicepresid­ente Mediaset
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I leader del continente­I fatturati delle media company d’Europa. Svetta la tedesca Bertlesman­n

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