Lega e legittima difesa, tanti tweet per nulla: solo 2 processi all’anno
Il testo caro alla Lega va in discussione veicolato dagli hashtag di Salvini, ma i dati del ministero smascherano la propaganda: nei tribunali quel reato praticamente non esiste
Ora la battaglia si sposterà dai social al Senato, dove – a partire dal 23 ottobre – il testo coordinato delle proposte di legge sulla legittima difesa su cui la Lega fa pressing sbarcherà in aula. Prima, entro mercoledì, dovranno essere presentati gli emendamenti in commissione Giustizia: le opposizioni hanno chiesto più tempo e un dibattito approfondito su un tema tanto divisivo da spingere l’Associazione nazionale magistrati a paventare il rischio di una deriva da Far West. Mentre il clamore mediatico dell’aggressione in stile Arancia meccanica della coppia torturata per ore nella loro villa a Lanciano ha convinto Matteo Salvini e i suoi ad accelerare per incassare il provvedimento entro la fine dell’anno. Problema: montagne di carte e di tweetsi esercitano attorno al nulla, visto che – dicono i dati del ministero – i casi che arrivano in Tribunale sono un paio l’anno, a volte nessuno.
ANDIAMO CON ORDINE. Il testo perorato dal Carroccio prevede che sussista “sempre” la proporzionalità della difesa quando si agisce per respingere l’intrusione con violenza, minaccia di uso di armi e di altri mezzi di coazione fisica; in più esclude la punibilità per eccesso di legittima difesa per chi ha agito in stato di grave turbamento. “Per fare una legge efficace e che non cada sotto la mannaia della Corte costituzionale quantomeno sarebbe necessario avere un quadro completo della si- tuazione. E non è questo il caso alla luce dei dati che sono insufficienti e incompleti per ammissione dello stesso ministero della Giustizia”, spiega il capogruppo del Pd in commissione, Giuseppe Cucca.
C’è da dargli ragione a leggere la Nota breve del Servizio studi di Palazzo Madama che rielabora i dati relativi all’applicazione della legittima difesa trasmessi dal ministero. Nel dossier si evidenzia innanzitutto che via Arenula “ha precisato di non disporre dei dati relativi ai procedimenti penali suddivisi per qualificazione giuridica del fatto registrati presso le Procure”. Quanto ai procedimenti presso i tribunali (sia sezioni dibattimentali che uffici del Gip/Gup) i dati invece esistono e i casi sono una manciata: quanto al- la fase dibattimentale nel 2013 i procedimenti iscritti per “difesa legittima” (articolo 52 codice penale) sono stati cinque, nessuno nel 2014, tre nel 2015, due nel 2016. Quanto ai procedimenti per “eccesso colposo” in legittima difesa (articolo 55 c.p.) i casi sono ancora meno: due nel 2013, nessuno l’anno successivo, uno nel 2015, due nel 2016.
Sempre secondo il dossier elaborato al Senato sulla base dei dati forniti dal ministero della Giustizia “la sussistenza della causa di giustificazione della legittima di- fesa, riconosciuta dal giudice nel decreto di archiviazione o nella sentenza di assoluzione, non viene specificamente indicata nei registri”. E“pari a zero risultano peraltro i procedimenti iscritti e definiti, in ciascuno degli anni 2013-2016, nei tribunali italiani contenenti l’art. 52 c.p. in connessione con reati inerenti la violazione di domicilio”.
INSOMMA un fenomeno assolutamente marginale, mentre la questione continua ad andare fortissimo su Twitter. Ne sa qualcosa Matteo Salvini che vale tanto oro quanto pesa nei sondaggi e che cavalca l’hashtag #ladifesaèsemprelegittima. Mica come la comunicazione del Pd a cui nel 2017 l’allora segretario, Matteo Renzi, diede dei “bufalari”(almeno stando ai retroscenisti politici) per il boomerang innescato dalle polemiche su un’analoga riforma voluta dai dem: su un “ovvero”, che nelle intenzioni doveva valere un “oppure”, riferito alle aggressioni commesse di notte, si consumò un equivoco micidiale risolto, a stento, grazie all’Accademia della Crusca. All’epoca le polemiche misero sulla graticola il relatore del provvedimento, David Ermini, oggi vicepresidente del Csm. A cui, tutto sommato, la gogna mediatica non ha fatto danno.
Il dossier
Tra 2013 e 2016 neanche un caso connesso alla violazione di domicilio è finito davanti a un giudice