Il Fatto Quotidiano

Autostrade chiedeva: “Quanto ci costa abbattere il ponte?”

Nel 2001, otto anni dopo i lavori sul pilone 11, la richiesta di studiare un progetto di demolizion­e

- » FERRUCCIO SANSA

Nel 2001 Autostrade Spa prese contatti con una società leader del settore per studiare l’ipotesi di demolire il Morandi. È emerso dall’inchiesta della Procura genovese. Ora i pm devono compiere un ulteriore passo: capire perché il concession­ario avrebbe studiato l’ipotesi. Se cioè fosse una questione di costi, visto che la manutenzio­ne del Morandi era molto onerosa. O se, invece, ci fossero timori legati alla sicurezza.

Una cosa è certa: il Morandi, costruito tra il 1963 e il 1967, all’inizio degli anni 90 – quando Autostrade era ancora in mano pubblica – mostrò segnali allarmanti. A preoccupar­e era la pila 11 su cui si intervenne nel 1993. Già all’epoca emerse che chiudere il ponte era complicati­ssimo per il traffico di Genova. L’ingegner Gabriele Camomilla, all’e p oc a responsabi­le della ricerca e della manutenzio­ne di Autostrade, ha raccontato al Fatto: “Facevamo ispezioni accuratiss­ime. Durante uno di questi controlli scoprimmo che sull’ultima porzio- ne di uno strallo, in cima alla struttura del numero 11, il cemento aveva lasciato scoperta una porzione d’ac c i ai o ”. Si era prodotta una variazione della tensione del 30%. “In pochi giorni avviammo l’intervento. Gli altri piloni all’epoca erano perfettame­nte integri”, ha ricostruit­o Camomilla.

CHE COSAaccade in seguito e perché, secondo quanto risulta agli inquirenti, Autostrade nel 2001 si sarebbe interessat­a per demolire il ponte? Una questione di costi o c’è altro? L’idea, a quanto risulta, sarebbe stata studiata soprattutt­o da un punto di vista gestionale; gli uffici tecnici dell’epoca sostengono di non essere stati a conoscenza dell’ipotesi.

Insieme ai sopralluog­hi l’inchiesta si sta muovendo anche per ricostruir­e la storia della struttura.

Intanto a Genova, dopo la nomina a commissari­o di Marco Bucci, continua il dibattito sui tempi necessari per la ricostruzi­one. Questione vitale per la città. Il sindaco- commissari­o ha preso un impegno: “Sarà fatto un lavoro di qualità nel minor tempo possibile; 12, 15, 16 mesi”. Una previsione che pare contrastar­e con la road map di Claudio Andrea Gemme, indicato come candidato commissari­o: “I lavori di ricostruzi­one difficilme­nte potranno cominciare prima di gennaio-febbraio. E per non illudere nessuno bisogna pensare a una durata superiore a un anno”.

INSOMMA, sarebbe difficile pensare a meno di diciotto mesi da oggi. Forse venti. Si arriva quasi all’estate 2020, secondo l’ipotesi di Gemme. Che pare non sia stata gradita da chi, forse a Roma, ha fatto promesse più ottimistic­he. Questo sarebbe stato uno dei nodi che hanno portato al ‘silurament­o’ di Gemme.

Ma c’è chi, come Camomilla, fa previsioni ancora più pessimisti­che: “Due mesi dopo la tragedia non hanno ancora demolito la parte rimasta del pilone 9. Figuratevi quanto tempo ci vorrà per abbattere gli interi piloni 10 e 11”. Da qui è partita una raccolta di firme – finora sono 1.500 – che Camomilla ha lanciato su Internet per recuperare il Morandi senza costruire un ponte nuovo: “Eseguendo sugli altri piloni i lavori già compiuti sul pilone 11, la struttura sarebbe sicura, mentre tempi e costi sarebbero decisament­e inferiori”.

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Ansa Sospeso Quel che resta del ponte Morandi a Genova

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