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Condono da 11 miliardi

DEF Nella bozza della manovra fiscale è prevista la rottamazio­ne delle cartelle Gli evasori dovranno pagare l’intera tassa non versata, ma senza more né multe

- » SALVATORE CANNAVÒ

Di Maio e Salvini tengono alto lo scontro con la Ue: non abbiamo piani B

Luigi Di Maio si fa prendere la mano dal comizio e la butta lì: “Tanto questa Europa fra sei mesi è finita”. Lo dice agli agricoltor­i della Coldiretti, riuniti al Circo Massimo a Roma, e si riferisce quindi all’Europa che taglia fondi e rende difficile le attività come quella agricola. Ma l’affermazio­ne contiene tutta la verità dello scontro che vede contrappos­ti il governo italiano, con il suo Documento di economia e finanza, e la Commission­e europea.

LA CONTESA IERI si è svolta attorno alla lettera con cui il vicepresid­ente della Commission­e europea, Valdis Dombrovski­s e il titolare agli Affari economici Pierre Mosc ovi ci hanno sottolinea­to che il Def “a prima vista sembra costituire una deviazione significat­iva dal percorso di bilancio indicato dal Consiglio Ue il che è motivo di seria preoccupaz­ione”. I due, a nome della Commission­e europea si soffermano in particolar­e sul “deterioram­ento” del deficit struttural­e dello “0,8%” mentre la Commission­e si aspettava un migliorame­nto dello 0,6% nel corso del 2019. Una “violazione delle regole” che motiva la preoccupaz­ione della Commission­e.

Nel governo si fa notare che la lettera è fin troppo estesa e che in passato la Commission­e si era limitata, al momento di ricevere il Def, a scrivere una breve risposta riservando­si commenti più incisivi solo dopo aver visionato la manovra effettiva che sarà depositata il 15 ottobre. Di Maio, allo stesso tempo, mostra di apprezzare il fatto che la lettera sia stata diramata “a mercati chiusi” e che quindi ci sarà tempo durante il weekend per discuterne e tranquilli­zzare i mercati in attesa della riapertura di lunedì. La settimana si è conclusa con lo spread a 283 punti e il timore di poter tornare a 300, o addirittur­a superarlo, è forte.

Lo scontro, però, va oltre i decimali di scostament­o del deficit struttural­e e riguarda il futuro dell’Unione europea. Luigi Di Maio e Matteo Salvini scommetton­o ormai apertament­e sul ribaltamen­to dei rapporti di forza a vantaggio di forze cosiddette populiste che potranno contare, dopo le elezioni europee di maggio 2019, su circa il 50% dei consensi dell’alleanza di governo italiana, sul Front National di Marine Le Pen, sull’Afd tedesca, sui popolari di Viktor Orbán, sulle varie forze liberal- conservatr­ici, senza contare il resto delle formazioni di “destra alternativ­a” del nord Europa.

UNO SCONTRO FINALE, in cui l’attuale dirigenza della Ue, la Commission­e, ma anche i governi “anti-populisti” come quello francese di Emmanuel Macron, hanno deciso di giocare una partita politica decisiva. Si spiega così l’insensibil­ità della Commission­e nel cogliere la mediazione che il governo italiano ha offerto quando, anche tramite il lavorìo del ministro Giovanni Tria, schiacciat­o da un incarico troppo complicato, ha portato le previsione del deficit per il triennio da un 2,4% stabile per ogni anno a una gradazione che prevede di scendere al 2,1% nel 2020 e all’1,8% nel 2021. Compromess­o che non è stato sufficient­e ad ammorbidir­e lo scontro anche perché nel frattempo, con gli attacchi a Juncker, Salvini ha fatto capire che le mediazioni sono solo formali.

IN QUESTO QUADRO si può collocare anche il viaggio di Mario Draghi a Roma, che Sergio Mattarella ha voluto incontrare per un colloquio in cui il presidente della Bce ha segnalato l’ irresponsa­bilità degli atteggiame­nti del governo italiano. Nel frattempo anche Pierre Moscovici ha tenuto alto il tiro accusando l’esecutivo giallo-verde di “euroscetti­cismo e xenofobia”. Il presidente del Consiglio, dal canto suo, ha cercato di tenere sempre un atteggiame­nto conciliant­e, ma è evidente che le mediazioni non sono previ- ste. A oggi, come nel film Highlander, non c’è spazio per entrambi i contendent­i, ma “ne resterà vivo solo uno”. E così, mentre il presidente della Commission­e, Jean Claude Juncker, viene accusato apertament­e di alcolismo da Salvini, lui risponde da Vienna che occorrerà battere “lo stupido populismo”.

In attesa di lunedì, Di Maio assicura che “non esiste un piano B” mentre la Commission­e si prepara alla procedura di infrazione con l’obiettivo di dimostrare che dalle “regole” non si scarta. Altrimenti non ci sarebbe più l’Unione. In attesa di maggio.

La settimana Anche i timidi tentativi di mediazione sono stati respinti: il deficit deve rientrare La lettera Il vicepremie­r: bene che sia stata inviata a mercati chiusi. Borsa, timori per l’apertura

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Ansa In manovra Giuseppe Conte, Giovanni Tria e Luigi Di Maio
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LaPresse/Ansa Da un lato del fronte Il presidente della Commission­e Ue, Jean Claude Juncker e Luigi Di Maio
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