Difesa: Di Maio vuole tagliare, il Carroccio no
Il Def parla di “razionalizzazione delle spese militari”. Ma è tensione nel governo
“Razionalizzazione dell’ impiego delle risorse nelle spese militari ”. Lo scontro prossimo venturo tra i partiti del governo gialloverde si cela dietro a un pugno di parole a pagina 117 del Def. Una formula burocratica che fa rima con tagli: alla Difesa.
FORTEMENTE VOLUTI dal vicepremier e capo politico del M5S, Luigi Di Maio. E fortemente temuti dai vertici della Lega, con in testa il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti. Pronti a invocare un chiarimento politico, per evitare che in Parlamento, in sede di costruzione della manovra, i Cinque Stelle calino la scure sulle spese per gli armamenti. Un settore particolarmente delicato per la Lega e Matteo Salvini, che ritengono quello delle forze armate un loro ba- cino naturale. E che sentono il fiato sul collo di tante aziende specializzate del Nord, compatte nel riversare le loro preoccupazioni ai dirigenti leghisti. Comprensibile, visto che Di Maio lo ha ribadito pochi giorni fa in Senato: “Abbiamo detto ai cittadini per anni che le spese per gli armamenti andavano ridotte e cominciamo a ridurle”.
E ne sa qualcosa anche il ministro alla Difesa Elisabetta Trenta, tecnica di area 5Stelle, con cui Di Maio ha avuto un duro scontro una decina di giorni fa in una riunione interna con tutti i ministri del Movimento. Oggetto, come raccontato dal Corriere della Sera, il programma di rinnovamento del sistema missilistico Camm-Er, necessario per la difesa interna. Un progetto da mezzo miliardo di euro, spalmati fino al 2031. Trenta ha chiesto che partissero i fondi necessari, 25 milioni nel 2019. Ma Di Maio vuole tagliare.
PERÒ il ministro alla Difesa non è l’unica a essere in ansia. Raccontano che anche il titolare dell’Ec onomia Giovanni Tria abbia sbuffato di fronte all’impegno sulla “r azionalizzazione” inserito dai 5Stelle nel Def, tra gli sguardi cupi dei leghisti. E poi, ovviamente, ci sono gli Stati Uniti. Ovvero Donald Trump, che nell’incontro a Washington dello scorso luglio ricordò al premier Giu- seppe Conte che il programma di acquisto di 90 F-35 è considerato intoccabile dall’Amministrazione americana. Ed è un altro nodo, visto che il Movimento vorrebbe almeno diluirne il più possibile i tempi di acquisto. Nel frattempo a Washington, secondo fonti diplomatiche, hanno letto con irritazione del decreto con cui il governo ridurrà la presenza italiana nelle missioni internazionali, con 100 militari in me- no in Afghanistan “entro il 31 ottobre” e una prima riduzione di 50 uomini del contingente a Mosul, in Iraq. E gli Usa sono inquieti anche per la rigida posizione del M5S sulla vendita di armi all’Arabia Saudita, vietata dalla legge 185 del 1990, che proibisce la vendita e il transito di armamenti verso paesi impegnati in conflitti bellici. Linea contestata anche dal sottosegretario agli Esteri della Lega, Guglielmo Picchi: “Se sull’export di materiali di difesa all’Arabia cambia l’indirizzo politico, il governo sia consapevole delle conseguenze”. Quelle paventate anche dalle aziende italiane, che temono di perdere commesse importanti. Infine, c’è l’ansia dei vertici militari. A cui non sarà piaciuto un altro passaggio del Def: “Verrà assicurata l’ulteriore razionalizzazione delle strutture militari, eliminando quelle non più necessarie e accorpando ove possibile quelle che svolgono funzioni similari”. E da qui si arriva all’umore nero dei leghisti.
A Washington Gli Usa irritati per la riduzione delle missioni
E le aziende italiane temono per le commesse
DA GIORNI il sottosegretario alla Difesa, Raffaele Volpi, diffonde note contro i tagli. E anche Giorgetti, dicono, è preoccupato. Così della questione dovranno discutere Salvini e Di Maio, che finora l’hanno schivata. Ma i tagli alla Difesa sono una grana: urgente.