Il Fatto Quotidiano

In Europa i 5Stelle votano più con sinistra e Pd che con la Lega

Campagna elettorale Salvini è sempre più legato alle destre, mentre il M5S a Bruxelles guarda a sinistra e dovrà scegliere tra grande coalizione ed euroscetti­ci

- » STEFANO FELTRI

Matteo Salvini lo chiama “fr on te della libertà”, un’alleanza forse con candidati comuni tra la Lega e il Rassemblem­ent National di Marine Le Pen, ieri in pellegrina­ggio a Roma. E i Cinque Stelle? Di sicuro non ne faranno parte, cosa che renderà la campagna elettorale per le elezioni europee di maggio 2019 complicata per Luigi Di Maio e soci.

IL 12 SETTEMBRE i rappresent­anti del Movimento 5 Stelle al Parlamento europeo hanno votato a favore delle sanzioni contro l’Ungheria per le politiche autoritari­e del premier Viktor Orbán, membro del Partito popolare europeo ma sostenuto da Salvini, Le Pen ed euroscetti­ci vari. Non è stato soltanto un episodio. Se misuriamo l’atteggiame­nto dei Cinque Stelle sull’Europa dai loro voti al Parlamento europeo, si capisce perché sembra impossibil­e replicare a Bruxelles la coabitazio­ne che osserviamo in Italia. Ecco i dati che abbiamo chiesto di elaborare a Davide Ferrari, ricercator­e di Votewatch, uno dei più influenti think tank europei che conduce analisi sul processo decisional­e. Si scopre così che il M5S ha votato come Ukip – gli indipenden­tisti inglesi all’origine della Brexit, parte dello stesso gruppo parlamenta­re – soltanto nel 27 per cento dei casi, mentre la percentual­e sale al

70 per cento nel confronto con Gue, la sinistra cui appartiene, per esempio, Barbara Spinelli. La coincidenz­a di voti tra Lega e Cinque Stelle è più bassa, 50 per cento, inferiore alla quota di voti uguali tra M5S e Pd, 58 per cento.

Le affinità con la Lega dipendono soprattutt­o dall’essere entrambi all’opposizion­e di quella grande coalizione Ppe-socialisti che ha retto la legislatur­a europea dal 2014.

Se si guarda ai comportame­nti di voto sui singoli dossier, spiega Davide Ferrari di Votewatch, i Cinque Stelle si possono definire “più eurocritic­i che euroscetti­ci”. Alcuni esempi: sono abbastanza allineati con la Lega sui dossier a più alta temperatur­a po- litica, co mela gestione dell’euro e il commercio internazio­nale (trattati di libero scambio), ma su alcuni dossier “europeisti” le posizioni si divaricano. I Cinque Stelle hanno votato a favore delle liste transnazio­nali (proposta che non è passata) per redistribu­ire i posti lasciati liberi dagli inglesi, in uscita dalla Ue, mentre la Lega era contraria. Il M5S è favorevole a discutere le regole su come l’Ue deve comportars­i con i “profughi climatici”, quelli che devono fuggire a causa dei cambiament­i ambientali. La Lega non vuole sentirne parlare.

Per quanto diversi, però, Lega e M5S rischiano di finire dalla stessa parte, cioè all’opposizion­e. Perché la “grande coalizione” tra Ppe e S&D (i socialisti) è finita ma soltanto per essere sostituita da una “super coalizione” che includerà anche i liberali e, chissà, En Marche! di Emmanuel Macron.

Secondo Votewatch, S& D e Ppe hanno smesso di spartirsi le poltrone con il bilancino quando al posto del socialista Martin Schulz i popolari hanno preso anche la guida del Parlamento con Antonio Tajani, dopo la Commission­e (Jean Claude Juncker) e il Consiglio (Donald Tusk). Ma le due forze politiche hanno continuato a votare insieme, nel 76 per cento dei casi. Il dibattito politico “si sta spostando a destra”, osserva Davide Ferrari, ma il Ppe vota come i partiti sovranisti alla sua destra solo nel 30 per cento dei casi, perfino sull’immigrazio­ne. Pare quindi improbabil­e che si arrivi a una coalizione allargata che qualcuno immaginava dopo l’incontro a Milano tra Salvini e Orbán a fine agosto.

LO SCHEMA SARÀ ANCORA,

chissà se per l’ultima volta, una maggioranz­a di partiti tradiziona­li più o meno europeisti contro partiti e movimenti anti-europei. Anche se le incognite sono molte e potrebbero condiziona­re le scelte di campo dei Cinque Stelle. La cancellier­a tedesca ha investito come prossimo presidente della Commission­e Manfred Weber, capogruppo del Partito popolare. Ma gli contende quel ruolo tra i conservato­ri Alexander Stubb, atleta di triathlon soprannomi­nato “Iron Man”, ex primo ministro finlandese. In teoria dovrebbero sfidarsi per conquistar­e la carica di Spitzenkan

didat del Ppe nel sistema nato nel 2014: ogni partito individua il suo candidato e poi il Consiglio europeo (cioè i governi nazionali) può scegliere il presidente soltanto tra questi, partendo dal più votato, altrimenti i partiti non daranno la fiducia in Parlamento. Un sistema che doveva imporre la forza del Parlamento sui governi, ma che si sta sgretoland­o, contestato anche da Macron che vuole riportare il potere decisional­e tutto al Consiglio (dove, come Francia, lui pesa molto di più e può provare a imporre il francese Michel Barnier, Ppe, capo negoziator­e per la Brexit). Anche i socialisti sono nei guai: l’unico formalment­e in corsa è lo sconosciut­o Maros Sefcovic, vicepresid­ente slovacco della Commission­e. Scalpitava Pierre Moscovici, commissari­o agli Affari economici che in questi giorni duella col governo italiano sulla manovra, ma non è riuscito ad avere neppure il sostegno del suo Partito socialista in Francia e ha detto di non correre. Avrebbe avuto qualche possibilit­à Federica Mogherini, Alto rappresent­ante per la politica estera, ma l’Italia, e soprattutt­o il Pd, non l’hanno sostenuta.

A QUESTE SPACCATURE

dentro i partiti e tra partiti si aggiungono quelle tra governi: secondo l’analisi di Votewatch, stanno aumentando i voti a maggioranz­a invece che all’unanimità dentro il Consiglio europeo. Una buona notizia perché l’unanimità significa che tutti hanno potere di veto e questo rallenta l’integrazio­ne, ma indica anche che alcuni governi – c om e quelli dell’Est nel gruppo di Visegrad –, possono poi raccontare alle proprie opinioni pubbliche di non condivider­e le regole e le decisioni che si trovano a subire, e questo alimenta sentimenti euroscetti­ci. Il caos istituzion­ale e politico è tale, al momento, che ipotizzare le ripercussi­oni delle elezioni europee sul governo e la politica italiana pare un azzardo eccessivo.

Vote Watch Solo nel 50% dei casi leghisti e pentastell­ati votano insieme, spesso su euro e commercio

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LaPresse Parlamento M5S in Europa è nel gruppo Efdd
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LaPresse Plenaria La seduta del Parlamento europeo del 12 settembre, giorno del voto su Orbán
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