Salvini abbraccia Le Pen e si scopre anti-America
Europee2019 I due leader annunciano un “fronte della libertà” delle destre a Bruxelles. E il “Capitano” cambia comunicazione: meno migranti, più lavoro
La storia di Marine Le Pen e Matteo Salvini inizia con una sedia vuota. A Torino il 15 settembre 2013 l’ex giovane padano si fa incoronare segretario della Lega Nord: è l’inizio del dopo Bossi, l’alba del partito nazionalista. Lepenista. Marine dovrebbe essere l’ospite d’onore ma è assente, lascia un messaggio di auguri e scuse: è impegnata per le elezioni municipali francesi. Salvini la incontra un mese più tardi a Strasburgo. Quest’estate Le Pen ha ricordato come quel giovane politico italiano (che partiva da un magro 3%) ci tenesse tanto a farsi un selfie con lei. Cinque anni e molti selfie dopo il rapporto tra i due è cambiato parecchio. È la presidente del Front National– nel frattempo rinominato Rassemblement – ch e prende un aereo per Roma per incontrare l’inventore del partito nazionalista italiano, uno a cui è riuscito il passo che lei ha mancato: portare la destra populista al governo.
LE PEN E SALVINIaprono di fatto la campagna per le Europee di maggio 2019. Quel voto sarà “un momento storico con la S maiuscola”, assicura la francese, e farà “emergere un’Europa delle nazioni, che rifiuta il mondialismo e la globalizzazione selvaggia”. Salvini pronuncia nome e cognome dei “nemici” del continente: sono Pierre Moscovici e Claude Juncker, i burocrati “chiusi nel bunker di Bruxelles”.
La strategia di Matteo e Marine resta vaga: un generico “fronte della libertà” che dovrebbe affermarsi con la definitiva ascesa elettorale delle destre euroscettiche (“Ci troveremo tutti a Bruxelles dopo le vittorie nei nostri paesi”, dice la politica francese).
L’operazione Salvini- Le Pen è una celebrazione reciproca più che un annuncio concreto, i confini dell’operazione sono tutt’altro che definiti. Al momento i partiti delle destre nazionali a Strasburgo vanno in ordine sparso tra varie famiglie europee (popolari, liberali, euroscettici). Salvini non chiarisce e anzi tiene ancora le mani su più tavoli: “Io non posso imporre coalizioni a nessuno. Escludo solo i socialisti europei, che sono amici della speculazione finanziaria. Il partito popolare invece deve decidere se vuole essere ancora alleato della sinistra”.
Ogni intervento nella pic- cola sala stampa viene sottolineato da una pioggia di applausi della nutrita cla que dell’Ugl. L’incontro si svolge negli uffici del sindacato della destra sociale (in via delle Botteghe Oscure, di fronte alla vecchia sede del Pci). Per far spazio ai “padroni di casa” diversi giornalisti vengono lasciati fuori. L’effetto è un rimbombo da stadio a ogni frase del “Capitano” e della sua collega. In prima fila c’è Claudio Durigon, ex vicesegretario Ugl che oggi è la cinghia di trasmissione tra Salvini e la destra post fascista romana. È lui che ha traghettato questo sindacato in orbita Lega; il regista di questi applausi e questi voti (e per questo è stato premiato con la nomina di sottosegretario al Lavoro).
AL DI LÀ delle cerimonie sullo stato di grazia delle destre europee (e alla solita battuta su Saviano: “Con Macron spero non si siano fatti un selfie svestiti, come usa il presidente fr anc ese ”), Salvini accenna quello che pare proprio un cambio di strategia: “Oggi non voglio rispondere a domande sull’immigrazione – esordisce – Mi pare che su questo tema abbiamo già dimostrato molto. Vorrei parlare di lavoro, di crescita, di pensioni, di agricoltura”. Durante l’ora abbondante di conferenza stampa, ripete la parola “lavoro” in di- verse occasioni e sempre con grande enfasi. E pure nel pranzo privto con Le Pen, i due non sfiorano nemmeno il tema migranti (riferiscono dallo staff del vicepremier). Proprio ieri mattina, casualità, la Stampa ha pubblicato un sondaggio sugli argomenti che interessano agli elettori: il lavoro è al primo posto col 38%, mentre l’immigrazione sarebbe una preoccupazione solo per il 5,9% degli italiani. Per la Lega di governo e la sua comunicazione potrebbe essere il momento di un cambio di passo.
IL SECONDO messaggio dalla conferenza romana è invece indirizzato a Steve Bannon, padre putativo del populismo internazionale e promotore di The Movement, fondazione- contenitore delle emergenti destre europee. All’ex consigliere di Trump viene consigliato, in sostanza, di comparire un po’ meno: “Bannon non è un cittadino europeo, ma americano – dice Le Pen – Siamo contenti che voglia aiutarci, ma sia chiaro che saremo noi a strutturare la forza sovranista che ha lo scopo di salvare l’Europa”. Anche Salvini – che pure ha aderito a The Movement– inizia a trovare un po’ troppo invadente il protagonismo dell’ex stratega del presidente degli Stati Uniti.
La claque di Matteo L’incontro è ospitato dall’Ugl, il sindacato di destra che Durigon ha “regalato” alla Lega