Il Fatto Quotidiano

Olimpiadi invernali L’esclusione di Torino pesa, ma non è un’occasione perduta

- UMBERTO MARINELLO ANTONIO MALDERA LETTERA NON FIRMATA ETTORE BOFFANO ELISABETTA COREA UFFICIO STAMPA AUTOSTRADE PER L’ITALIA F.SA.

Sono un semplice cittadino che ha sempre condiviso i valori della sinistra. Non sono iscritto a nessun partito perché la sinistra è sempre stata divisa, portandoci alla disastrosa situazione attuale. Seguo, in tv e sui giornali, le diatribe tra le vostre diverse anime e non posso che dire che continuand­o così non farete altro che favorire l’avanzata della destra in Italia e in Europa, con le conseguenz­e che solo voi non riuscite a individuar­e. Mi permetto di darvi un suggerimen­to: smettetela con i personalis­mi autorefere­nziali; stilate un programma comune che si fondi sui valori e sugli ideali della sinistra; insieme, e non ognuno per conto proprio, portate quel programma nelle città e nei paesi; dimostrate di essere capaci, tutti, di autocritic­a; cercate forze nuove, dimentican­do la vostra carriera; non spaccatevi su Corbin e Macron: costruite prima una forza unitaria e poi decidete come collocarvi in Europa. Il tempo stringe. Dovete parlare agli italiani di cose concrete, condivise, fattibili. Le vostre apparizion­i in Tv fanno pena e non fate altro che disorienta­re la gente che vi ascolta. Datemi retta: se la sinistra non è unita, la destra continuerà a governare in eterno.

Reddito di cittadinan­za, strumento di giustizia sociale

Li vedi aggirarsi senza meta: alcuni sotto choc, con il terrore negli occhi; altri in preda ai peggiori istinti. Assistono al ridursi dell’immunità di Sistema che salvaguard­ava i loro privilegi e assicurava il finanziame­nto ai loro luridi eccessi, e non ce la fanno. Il raccomanda­to cronico, ad esempio, non si capacita di come possa venire in mente a qualcuno di aiutare i poveri addirittur­a erogando un reddito. Che il povero possa sopravvive­re lo tollera, ma che abbia anche aiuto nella ricerca di un impiego lo trova ripugnante. Un vero insulto ai suoi sforzi per scovare una ANCHE SULLA CANDIDATUR­A italiana ai Giochi invernali 2026 i media, in generale, hanno portato avanti la narrazione di “Torino che si è sfilata”, mentre voi, pur sottolinea­ndo, com’è giusto, il peso delle divisioni all’interno della maggioranz­a pentastell­ata in Comune, avete messo in evidenza le pretese da “primadonna” di Milano. Sono convinto che Torino, la candidata obiettivam­ente più solida e affidabile, sia stata messa nell’angolo e costretta a ritirarsi per ragioni politiche, dopo la “finzione” estiva di un possibile ritiro di Milano (metodo “chiagne e fotte”, direbbero a Napoli). Premesso tutto questo, vorrei domandare: la sindaca Appendino ha fatto bene a tenere il punto e a proseguire sulla linea del no alle Olimpiadi? O avrebbe dovuto (o dovrebbe eventualme­nte, dato che per alcuni Torino potrebbe comunque tornare in gioco in un secondo momento, se dovesse essere scelta la candidatur­a italiana) accettare un ruolo, anche da comprimari­a, per la sua città, se non altro per dare trasparenz­a e ufficialit­à ai finanziame­nti pubblici (giustament­e avete parlato, con un titolo in prima pagina, del falso “disimpegno” dello Stato). DA TORINESE, e da giornalist­a che seguì le Olimpiadi Invernali del 2006, le rispondo che – forse un po’ deludendol­a – l’unica possibilit­à che io intravedev­o per un ripetersi di un simile evento sotto la Mole era proprio quella di un’alleanza con altre realtà italiane. È vero: i Giochi di 12 anni fa sono stati uno straordina­rio strumento per cambiare e recuperare la città, ma a un prezzo che ha pesato tantissimo, e che tantissimo continua ancora a pesare sulle casse del Comune. Dunque, ci si poteva augurare una soluzione imperniata sulla condivisio­ne dei costi e una razionaliz­zazione e un riu- raccomanda­zione. Il proprietar­io della “fabbrichet­ta”, accumulato­re seriale di denaro, nonché abituale destinatar­io di agevolazio­ni fiscali, che ha appena finito di brindare al Jobs Act, si sente tradito, abbandonat­o, perso. Come il banchiere/bancario che è riuscito, finalmente, a convincere un pensionato a investire la sua liquidazio­ne in sicurissim­e azioni, e il petroliere che ha inaugurato una trivella tra gli applausi della claque. Poveri, disoccupat­i, precari tilizzo di impianti ed edifici già esistenti e spesso abbandonat­i, da allora, a Torino come nelle sue valli alpine (pensi a che cosa è oggi, per esempio, l’area degradata degli ex Mercati generali e del Villaggio Olimpico, e che brutta fine sta facendo l’avvenirist­ica passerella sospesa del Lingotto, simbolo di Torino 2006, chiusa per motivi di sicurezza dopo il crollo del ponte di Genova). Non so offrirle un giudizio preciso sull’operato della sindaca Chiara Appendino, presa com’era tra il no di una parte dei Cinquestel­le e una certa confusione amministra­tiva ormai cronica, ma credo che alla fine, per Torino, non ospitare nuove Olimpiadi non sia per nulla un’occasione perduta. non devono spaventars­i dei vari tipi di violenza istituzion­alizzata e legalizzat­a, ma devono prendere coscienza di essere il motore di una nuova forma di convivenza fondata sulla giustizia sociale.

Sassari, solidariet­à al ragazzo che ha difeso la madre

Esprimo la mia solidariet­à come donna per il ragazzo che ha difeso la madre dalle violenze del compagno a Sassari. Immagino la pau- ra e il dolore che lo hanno indotto a difendere la madre come ha potuto. Mi sembra assurdo che il ragazzo sia stato accusato di tentato omicidio e accompagna­to in Comunità terapeutic­a, misure che avrebbero dovuto piuttosto essere applicate al violento compagno della madre. DIRITTO DI REPLICA

In merito all’articolo “Autostrade Spa voleva abbattere il Ponte Mo- randi” di domenica 7 ottobre, Autostrade per l’Italia precisa che a partire dal 2001 ha studiato varie opzioni di potenziame­nto del tratto autostrada­le di Genova, che hanno portato al Progetto Gronda inserito nel Piano Finanziari­o già nel 2002, alle quali erano collegati anche progetti di demolizion­e del Ponte Morandi.

In particolar­e la società, all’interno del dibattito pubblico sulla Gronda nel 2008, aveva anche sviluppato un progetto di costruzion­e sul Polcevera di un nuovo ponte a 4+4 corsie affiancato all’attuale e al servizio sia dell’attuale tratta autostrada­le che della nuova Gronda, con l’obiettivo di utilizzare lo stesso corridoio viabilisti­co. A valle della costruzion­e del nuovo ponte sarebbe stato smontato l’attuale.

La proposta di Ponte affiancato al Morandi fu però accantonat­a nel corso del dibattito pubblico a favore di una soluzione di attraversa­mento del Polcevera molto più a monte. Ma prima di questa decisione assunta nell’ambito del dibattito pubblico sulla Gronda, la società - ai fini della completezz­a dell’analisi- chiese a Despe una valutazion­e di fattibilit­à. Valutazion­e che è stata ri-attualizza­ta nelle ultime settimane ed è entrata a far parte della proposta di demolizion­e e ricostruzi­one del Ponte presentata al Commissari­o per l’emergenza. È assolutame­nte fuorviante, dunque, mettere in relazione i progetti di demolizion­e del Ponte Morandi definiti dalla società a partire dal 2001 con eventuali rischi per la sicurezza del Ponte, in quanti tali progetti sono sempre stati pensati soltanto in funzione della realizzazi­one della Gronda. La Procura di Genova sta valutando i progetti di demolizion­e del Morandi studiati da Autostrade nel 2001. Dopo un crollo con 43 vittime non è ‘fuorviante’ per un cronista riferire all’opinione pubblica gli interrogat­ivi dei magistrati.

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Ansa Fine dei Giochi Chiara Appendino, sindaca di Torino

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