Il Fatto Quotidiano

Il Nobel alle radici profonde della crescita

Ambiente, istituzion­i e innovazion­e: le variabili che spiegano le differenze di Pil

- » STEFANO FELTRI

Il Nobel per l’Economia va a Paul Romer e William Nordhaus per aver capito alcune cose fondamenta­li di ciò che tutti i politici promettono, spesso invano: la crescita. L’approccio neoclassic­o nel modello che ha fruttato il premio Nobel a Robert Solow nel 1987 considerav­a l’innovazion­e tecnologic­a una variabile esogena.

Nel mondo di Solow, i Paesi più poveri dovevano crescere più in fretta di quelli ricchi per recuperare la distanza ( catch up) . Mentre quelli già industrial­izzati dovevano continuare a investire per ottenere tassi di crescita comunque bassi, colpa della legge dei rendimenti decrescent­i del capitale.

Negli anni Ottanta Romer, 63 anni, studi a Chicago e oggi docente alla New York University, dimostra invece che ci sono differenze nei tassi di crescita che perdurano e questo si spiega con il fatto che l’innovazion­e non è qualcosa che cade dall’alto come la celebre mela sulla testa di Isaac Newton, ma è un prodotto della società, una variabile endogena. E se a far sviluppare davvero un’economia sono le idee e non il capitale, anche la legge dei rendimenti decrescent­i non vale più. Perché le idee, una volta prodotte, possono diffonders­i gratis, a tutti, e generare altre idee che a loro volta produrrann­o innovazion­e e crescita. Romer studia quali sono le istituzion­i che permettono di sprigionar­e il potenziale di crescita delle idee: bisogna trovare il giusto equilibrio tra la diffusione della conoscenza, soprattutt­o quella generata dalla ricerca di base, e la necessità di remunerare l’investimen­to necessario per produrla (per esem- pio garantendo l’es cl us iv a per un certo periodo con un brevetto).

ANCHE WILLIAM Nordhaus, 77 anni, ha complicato parecchio l’idea di crescita, introducen­do la più rilevante delle “esternalit­à negative”: l’a mbiente. Come Romer – e questa è la ragione per cui sono stati premiati col Nobel insieme – anche Nordhaus trasforma alcune variabili esogene in endogene: la natura non è soltanto un vincolo esterno alla crescita (c’è chi ha le foreste o il petrolio e chi non li ha), ma i cambiament­i nell’ambiente influenzan­o la società e vice- versa. Negli anni Settanta Nordhaus si produce in un titanico sforzo di basare modelli di macroecono­mia su dati che arrivano da altre discipline, ingegneria, chimica, biologia. Dati che vengono lavorati da un suo giovane dottorando, Paul Krugman, che poi diventerà famoso e vincerà un Nobel nel 2008 per i suoi modelli di commercio internazio­nale (e per l’opposizion­e a George W. Bush).

Nordhaus, oggi docente a Yale, si richiama a un celebre economista degli anni Venti, Arthur Pigou, amico di John Maynard Keynes, che già allora auspicava tasse per com- pensare le esternalit­à negative causate dalle emissioni inquinanti. Nordhaus aggiorna la stessa proposta elaborando lo schema di un sistema di tasse sulle emissioni globali da far pagare in modo uniforme ai diversi Paesi. L’uso dei modelli economici applicati all’ambiente consente a Nordhaus di fare anche previsioni quantitati­ve molto precise ( per quanto possono esserlo quelle che vogliono stimare orizzonti di decenni o secoli) su quanto vengono ridotte le emissioni di anidride carbonica da un certo schema di tassazione.

L’Accademia di Stoccolma unisce i due economisti nel Nobel perché entrambi hanno “fatto passi cruciali nell’affrontare le questioni decisive sul futuro dell’umanità”. Come sempre il Nobel per l’Economia contiene un forte messaggio politico: la ricerca scientific­a ha dimostrato che il nostro futuro collettivo dipende dall’ambiente. Ora tocca alla politica, Donald Trump incluso, comportars­i di conseguenz­a.

Il messaggio Un premio per ricordare alla politica il valore della ricerca e della lotta all’inquinamen­to

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Ansa I due vincitori William D. Nordhaus (1941) e Paul M. Romer (1955) hanno vinto il Nobel
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