Il Fatto Quotidiano

Proiettile a Claudio Fava dopo la legge anti-massoni

La minaccia al presidente dell’Antimafia siciliana che ha fatto passare le regole sull’iscrizione alle logge e indaga su reti occulte e depistaggi

- » GIUSEPPE LO BIANCO

Il metodo è antico ma non è mai stato abbandonat­o da Cosa Nostra e da chi, in questi anni, se n’è servito: il “c’è posta per te” con proiettile in busta. In questo caso, calibro 7,65, indirizzat­o al presidente dell’Antimafia siciliana Claudio Fava, già vicepresid­ente di quella nazionale, giornalist­a profession­ista, figlio di Pippo Fava, ucciso da killer mafiosi nel gennaio del 1984, qualche settimana dopo avere denunciato le collusioni mafiose ai più alti livelli, finanziari e istituzion­ali, nel programma di Enzo Biagi.

A TROVARE il bossolo nella busta vuota, senza alcuno scritto, sono stati i collaborat­ori di Fava nella posta del mattino giunta ieri al primo piano di palazzo dei Normanni, negli uffici della commission­e dove sono piombati dopo pochi muniti gli agenti della Digos sequestran­do proiettile e busta per le prime analisi. “In questo momento non ho commenti da fare. Posso solo dire che si va avanti nonostante le intimidazi­oni” ha detto Claudio Fava, che ha ricevuto manifestaz­ioni di solidariet­à diffuse, dal Pd al M5S e al presidente della Regione Nello Musumeci: “Episodi di intimidazi­one grave come questo vanno condannati – ha detto Musumeci – senza tentenname­nti”.

Protagonis­ta in queste settimane di un’azione politica di contrasto ai sistemi criminali mafiosi su vari fronti, Fava da due mesi è impegnato a fare luce in commission­e sulle mistificaz­ioni in nome di un’anti- mafia fasulla e i legami, anche istituzion­ali, della lobby imprendito­riale guidata d al l ’ ex vicepresid­ente di Confindust­ria Antonello Montante, finito in carcere con l’accusa di avere messo in piedi una rete di dossieragg­io con la complicità, finora presunta, di vertici dei servizi segreti, di polizia, carabinier­i e guardia di finanza e anche dell’ex presidente del Senato Renato Schifani. Ma Fava è impegnato anche a chiarire, con l’apertura di un’altra istruttori­a, le deviazioni e misteri, ancora irrisolti a distanza di 26 anni, del depistaggi­o istituzion­ale delle indagini sulla strage di via D’Amelio. E proprio qualche giorno fa aveva preannunci­ato il deposito, ormai prossimo, delle relazioni conclusive che puntano a togliere livelli di opacità alle due vicende, stesso obbiettivo del disegno di legge, presentato dallo stesso Fava, e approvato dall’Assemblea regionale il 4 ottobre scorso, che impone ai deputati a dichiarare la loro appartenen­za alla massoneria. Risultato “ancora più importante – aveva detto Fava – avendo in Sicilia una tradizione spesso molesta tra massonerie, logge, politica, funzione pubblica, amministra­zione”.

E INFINE, la scorsa settimana Fava è intervenut­o sul sequestro di 150 milioni di euro all’editore catanese Mario Ciancio, considerat­o uno dei potenti “intoccabil­i” di Sicilia, imputato di concorso esterno in associazio­ne mafiosa, proponendo di restituire il giornale sequestrat­o, La Sicilia, ai giornalist­i che hanno raccontato davvero collusioni e protezioni del sistema mafioso: “Dopo l’arresto di Mussolini molti giornali che fino al giorno prima erano megafono del regime, vennero offerti a direttori che li trasformar­ono in quotidiani simbolo d e ll ’ antifascis­mo – a ve v a detto –. Così può essere anche con La Sicilia”.

Palazzo dei Normanni Il bossolo trovato dai collaborat­ori del deputato. Lui: “Si va avanti”. Digos al lavoro

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Ansa In prima linea Claudio Fava guida l’Antimafia regionale in Sicilia

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