Il Fatto Quotidiano

L’ennesima “bomba” su “Guernica”: L’attacco a Picasso aizza la corrida

“A muovere il pittore fu il denaro, non il patriottis­mo”. In Rete scoppia il caso

- » ALESSIA GROSSI

Che cosa non si fa per vendere. È l’ormai noto motto – almeno quanto i suo libri – dello scrittore spagnolo Arturo Pérez-Reverte, il quale, presentand­o Sabotajela sua ultima fatica a Parigi ha deciso di rivelare un dettaglio storico del suo romanzo, usando il suo arcinoto tatto. “Picasso non dipinse la Guernica per patriottis­mo, ma per moltissimo denaro”. Più che una notizia, una bomba, che l’autore rivendica in quanto “licenza letteraria. Se qualcuno poi ne fa argomento di dibattito politico, ideologico, artistico, non me ne frega un cacchio. Ringrazio solo per la pubblicità gratuita che mi procurano”. Ecco. E su Twitter il dibattito si va alimentand­o di giorno in giorno. Non poteva che finire così (cosa che finge di ignorare l’autore), se si chiamano in causa il più grande pittore spagnolo, e il periodo più controvers­o della storia del suo Paese. La prima a insorgere contro la fake news è stata la massima esperta del pittore malagueño, la docente universita­ria Nere Basabe, che sul social network ha pubblica- to la lettera di Max Aub, scrittore che nel 1937 spiega ai suoi “mandanti” la decisione di Picasso.

PERCHÉ SÌ, È VERO che nel maggio del 1937 la Repubblica spagnola – impegnata nella Guerra Civile contro l’esercito di Francisco Franco – punta tutte le sue carte sull’Esposizion­e Universale di Parigi – ad attestarlo c’è tra l’altro un intero piano del Museo Reina Sofia di Madrid – e per questo si rivolge a uno dei massimi esponenti della sua arte per chiedergli un’opera da portare in Francia che fosse di tale forza da convincere i paesi europei ad appoggiare la sua causa. E sì – scrive Aub “Picasso accetta la richiesta fattagli nel 1936 e reitera- tagli dalla delegazion­e formata dagli scrittori Max Aub, Juan Larrea Luis Aragon e dagli architetti Luis Lacasa e Josep Lluis Sert nel 1937, ma per mesi non riesce neanche a tenere in mano il pennello, preso com’è dai suoi problemi personali”. Questo finché – accettato forzatamen­te l’acconto di 50mila franchi – l’aviazione nazista non rase al suolo Guernica. “Quello stesso giorno si mise al lavoro al murale”, spiega la storica Josefina Alix al quotidiano El Pais.“E lo fece – continua – assolutame­nte sconvolto dalla situazione”. Dopo aver più volte rifiutato di vedersi corrispond­ere il resto del denaro, Picasso riceverà anche i restanti 150 mila franchi, anche se la ricevuta di

La fake news Gli storici: “Non dipinse niente finché la città non venne rasa al suolo dall’aviazione nazista”

avvenuto pagamento si è persa a Parigi. Quei soldi, però, secondo la storica, non gli basteranno neanche a coprire le ingenti spese del suo lavoro. A parte pittura e tela, la più dispendios­a fu l’affitto dello studio tale da poter lavorare a un quadro di 7,7 metri di lunghezza per 3,49 di altezza. “La somma corrispost­a, dunque – è a carattere prettament­e simbolico – scrive in un’altro documento José Gaos, commissari­o del padiglione spagnolo all’Expo di Parigi – solo a prova dell’acquisizio­ne del quadro da parte della Repubblica”. Nessuno, dunque – neanche i commentato­ri più accaniti sui social network – nega il dato storico, tra l’altro già noto. “Da qui a dire che Picasso dipinse il quadro per soldi, c’è un abisso”, conclude Alix. Si è trattato di un “sabotaggio”.

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Ansa L’opera Il quadro “Guernica” è tornato a Madrid (Spagna) nel 1981

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