L’Ufficio-bilancio boccia il Def Conte: le partecipate investano
Critiche anche dalla Corte dei Conti, da Bankitalia e dal Fmi
L’autorità indipendente sui conti pubblici contesta l’impatto delle misure annunciate sul Pil e la riduzione del debito. Di Maio e Salvini: “Tiriamo diritto”. Lo spread arriva a 315, poi cala. Savona: “Non andrà a 400”
L’autorità indipendente sui conti pubblici boccia le stime di crescita e di deficit del governo sulla manovra, quelle contenute nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza. Il presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, Giuseppe Pisauro, ha detto di “non poter validare le previsioni macroeconomiche sul 2019 nel quadro programmatico”. È tenuto a esprimersi soltanto sul prossimo anno, ma i “disallineamenti” osservati dall’Upb rimangono anche per gli altri due anni su cui si proietta la manovra, 2020 e 2021.
La creazione dell’Upb è prevista dal trattato Fiscal compact sui conti pubblici e le sue analisi hanno valenza ufficiale: la Commissione europea può prendere per buone soltanto le stime validate. Ora il ministro del Tesoro Giovanni Tria ha soltanto due opzioni: tornare in Parlamento a spiegare perché conferma le stime bocciate oppure modificarle, come fece il governo Renzi nel 2016 dopo una bocciatura analoga (anche se con motivazioni diverse). Il vicepremier Luigi Di Maio indica subito la linea: “Ascoltiamo tutti ma gli italiani ci chiedono di tirare dritto”. E Matteo Salvini: “Cambiare sarebbe tradire i cittadini”.
IL PRIMO PROBLEMA è sulla crescita: l’andamento del Pil tendenziale, cioè senza interventi, vedeva un 2019 a +0,9 per cento. Il governo ha deciso di evitare l’aumento dell’Iva (12,4 miliardi) senza usare coperture: il deficit sale al 2 per cento ma c’è un effetto benefico sul Pil per la mancata stangata dello 0,2 e la crescita arriva all’1,1. Il governo annuncia poi misure sempre finanziate senza coperture e in deficit per uno 0,4 per cento di Pil (circa 7 miliardi) in più. Il deficit 2014 arriva al 2,4 per cento del Pil nel 2019. L’effetto di queste misure, sostiene il governo Conte e il ministero del Tesoro, è di spingere il Pil di uno 0,4 per cento in più nel 2019, col tasso di crescita indicato nei documenti programmatici che diventa l’1,5. Ma questo, dice l’Upb, è impossibile.
Anche ammesso che ci sia un moltiplicatore pari a 1, cioè che ogni euro di deficit in più diventi un euro di Pil in più, le misure di stimolo alla crescita non partiranno il primo gennaio: il reddito di cittadinanza almeno da marzo-aprile, gli investimenti chissà, dipende anche dalle modifiche del codice degli appalti che non richiederan- no poco tempo. E comunque è assai opinabile che il moltiplicatore sia pari a uno: Unicredit, per esempio, stima un moltiplicatore di 0,5 (come media tra quello più alto sugli investimenti e quello più basso per le misure sociali).
NELL’ANALISI DELL’UPB tutto il quadro pare molto precario: l’aumento dello spread in primavera ed estate ci costerà 17 miliardi in tre anni (su questo il governo concorda). E il conto salirà se la fuga degli investitori dal debito italiano proseguirà ai ritmi attuali che ieri hanno spinto i tassi di rendimento sui titoli decennali italiani fino al 3,7 per cento, prima di una rapida discesa.
Poiché il governo non ha disinnescato per intero l’a u me nt o dell’Iva negli anni 2020 e 2021 e poiché nessun governo recente ha mai fatto salire l’imposta sui consumi, l’Upb (come la Commissione e i mercati) considerano che il vero deficit dei prossimi anni conseguente a questa manovra sarà del 2,8 per cento del Pil nel 2020 e del 2,6 nel 2021 invece che 2,1 e 1,8 come previsto dal governo.
Anche il debito difficilmente scenderà quanto previsto, anzi potrebbe addirittura aumentare: è quasi impossibile che il Pil nominale (che considera l’aumento dei prezzi) cresca del 3,1 per cento il prossimo anno, e quindi il debito invece di scendere al 130 per cento del Pil nel 2019 potrebbe addirittura superare il 130,9 atteso per il 2018. Anche prendendo per buoni i numeri del governo, comunque, ci sono le basi perché la Commissione europea consideri “particolarmente grave” il mancato rispetto delle regole del Patto di stabilità per la mancata riduzione del debito. Il rischio della procedura di infrazione non è tanto quella di una sanzione di Bruxelles - mai applicata - quanto quello di un’ulteriore perdita di credibilità sui mercati finanziari.
In audizione il presidente della Corte dei Conti Angelo Buscema contesta la pace fiscale, può “incidere sulla percezione di equità fiscale o introdurre nuove distorsioni nelle scelte adottate nel mondo del lavoro”. Il vice direttore generale della Banca d’Italia, Luigi Signorini, invita il governo a non distruggere la riforma Fornero anche perché le analisi disponibili “non consentono di sostenere che nel medio-lungo termine un aumento del tasso di occupazione dei lavoratori più anziani peggiori le prospettive occupazionali dei giovani”.
La reazione del governo è la solita: “Se Bankitalia vuole un governo che non tocca la Fornero, si presenti alle elezioni con questo programma”(Di Maio). Alessandro Di Battista propone su Facebook “una modifica della governance di Bankitalia”. Oggi tocca a Tria replicare in Parlamento.
Quello che non torna Il vero disavanzo del prossimo anno rischia di essere più alto e il debito non scenderà