B. e Renzi, botte ai giornalisti e zero proteste
Prima del match Di Maio-Repubblica, le perle dell’ex Cav, di Renzi, Grillo e Salvini
“In Italia – ha detto una volta Ferruccio De B orto li– l’ informazione è vissuta come un male necessario: dà fastidio, se fai domande scomode allora sei un nemico”. Le parole dell’ex direttore del Corriere della Sera risalgono a più di un anno fa, ma suonano attuali nei giorni dello scontro tra Luigi Di Maio e il gruppo Gedi (proprietario di Repubblica, Stampa e L’Espresso), accusato dal vicepremier di “produrre fake news” e di essere prossimo alla chiusura. Oggi Mario Calabresi, direttore di Repubblica, giura di “non avere paura” e accomuna gli attacchi di Di Maio a scenari da regime, altri hanno reagito con più aplomb.
L'ABITUDINE di denigrare la stampa viene da lontano ed è più che mai bipartisan, apprezzata dai cosiddetti rottamati – Massimo D’Alema definiva i giornalisti “iene dattilografe” – e dai presunti rottamatori. Ne sa qualcosa anche il Fatto, che Matteo Renzi si divertiva a chiamare “Il Falso Quotidiano” per screditare notizie meno esilaranti sul padre Tiziano e l’amico Luca Lotti, indagati nello scandalo Consip. “È l’ennesima dimostrazione di rapporti particolari tra alcune Procure – accusava l’ex premier – e alcune redazioni. Non sono il primo a passare per questa gogna mediatica. Gli avvocati hanno materiale per un risarcimento danni copioso. Spero valga per chi ha scambiato la ricerca della verità con una caccia all’uomo che lascia senza parole”. E mentre nel Pd ci si affrettava a seguire la linea del leader – Matteo Orfini arrivò a dire che negli scoop del Fatto c’ era qualcosa “di ben più profondo dell’ aggressione aRenzi ”, qualcosa che riguardava “il funzionamento della democrazia italiana” – diversi altri giornalisti denunciavano simili approcci da parte dei dem.DeB orto li, peresempio,r icorda va diaverri cevuto da Renzi “sms minacciosi ”, anche solo “per lamentarsi di cose irrilevanti”. Al direttore del Giornale Alessandro Sallusti andò pure peggio dopo un articolo sgradito su Maria Elena Boschi: “Renzi mi ha chiamato, mi ha riempito di insulti e mi ha detto che sarebbe venuto sotto casa mia a spaccarmi le gambe”.
Nella black list dell’ex premier è finito anche Maurizio Belpietro , all’epoca direttore di Libero, che ricorda una telefonata di Renzi del 2014 piuttosto eloquente: “Esordì dicendo: ‘Quando la pianti di rompere i coglioni?’”.
A Marco Galluzzo, giornalista del Corriere della Sera, le minacce sono arrivate invece di persona. Mentre era presidente del Consiglio, Renzi si era concesso qualche giorno di vacanza a Forte dei Marmi e Galluzzo aveva preso una stanza nel suo stesso albergo per poterlo seguire da vicino. L’ex premier, accortosi del giornalista, era andato su tutte le furie, tanto che un uomo della sua scorta aveva poi consigliato a Galluzzo di stare alla larga dall’ex presidente, alludendo persino a fatti personali del giornalista (“S ap pi am o tutto di te, della tua famiglia...”).
Non sorprende allora che lo stesso Renzi, nel 2015, avesse lanciato un dibattito alla Leopolda sulla “top 11 delle balle contro il governo”, mostrando sugli schermi 11 notizie del Fatto, 4 di Libero e una del Giornale meritevoli di pubblico ludibrio. Una pratica che ricalcava il celebre “giornalista del giorno” di Beppe Grillo, premio dedicato a chi pubblicava notizie sgradite al Movimento, prima che i 5 Stelle proponessero direttamente una giuria popolare per valutare le notizie pubblicate dai media “con lo scopo di far mantenere il potere a chi lo detiene” o che, tramite il portavoce Rocco Casa- lino, ironizzassero sulle sorti de Il Foglio con il giornalista Salvatore Merlo (“Cosa farai adesso che chiude?”).
E PER FORTUNA che da qualche tempo si è placato Silvio Berlusconi, eterno picconatore di giornali e giornalisti invisi. Nel 2013, ospite a Servizio Pubblico e incalzato da Marco Travaglio su lotta alla mafia, all’evasione e alla corruzione, rispose leggendo una lettera scritta dai suoi “consulenti del mattinale” che accusava il direttore del Fatto di essere un “diffamatore di professione”. Senza bisogno di tornare al 2002 – anno dell’editto bulgaro contro Enzo Biagi, Michele Santoro e Daniele Luttazzi – o al 2005 – quando a Ballaròteorizzò uno “Stato parallelo in mano alla sinistra”, che controlla “radio, televisioni e giornali” – l’ex Cavaliere ha dichiarato guerra a metà delle testate italiane quando sono comparse sui giornali le intercettazioni del processo Ruby, tanto da promuovere un ddl che ne impediva la pubblicazione. Quasi tutte le testate scioperarono in blocco contro il bavaglio e lui le liquidò come “stampa schierata con la sinistra e pregiudizialmente ostile al governo, che calpesta in modo sistematico il sacrosanto diritto dei cittadini alla privacy, invocando per sé la libertà di stampa come se si trattasse di un diritto assoluto”.
Con un maestro così, facile che altri nel centrodestra
Bestiario D’Alema e le “iene dattilografe”, Brunetta e lo “squadrismo” e la “top 11 delle balle” renziana BERLUSCONI SUL CASO RUBY
La stampa schierata con la sinistra e ostile al governo calpesta in modo sistematico il sacrosanto diritto dei cittadini alla privacy 10 luglio 2010
prendessero esempio. Renato Brunetta, per dirne uno, non ha gradito le critiche di inizio anno del Tempoe di Libero, paventando un “disegno criminoso” nei suoi confronti da parte dei due giornali del gruppo Angelucci: “Siamo al cospetto di una incontenibile esondazione di livore personale che finisce con l’aggredire e manganellare (in un crescendo che sa di autentico squadrismo) chi resiste in difesa di Forza Italia”.
E poi c’è Matteo Salvini, che da anni se la prende con Gad Lerner (“rosicone radical-chic”, “offrirgli un’intervista ha l’effetto di caffè e sigaretta la mattina”) senza risparmiare la categoria: “I nostri giornalisti sono tra i più servi sulla faccia della Terra”. Su questo non c’è dubbio: l’intesa di governo tiene alla grande.