Il Fatto Quotidiano

Il piano in caso di condanna: Raggi avanti senza simbolo

Rischio urne Salvini “assedia” la sindaca a giudizio per falso. Se il verdetto sarà negativo, dovrà dimettersi. Ma in Campidogli­o si dicono “sereni”

- » LUCA DE CAROLIS

Il giorno del giudizio sarà da qui a un mese, più o meno. E lo aspettano con ansia in tanti, perché a tanti potrebbe cambiare i piani. In primis alla sindaca di Roma, che ai suoi continua a dirsi serena sull’esito del processo. Poi al ministro dell’Interno, che già pregusta la presa del Campidogli­o e non fa nulla per nasconderl­o. E infine ai suoi alleati di governo, i Cinque Stelle, che di elezioni in riva al Tevere in primavera proprio non ne vorrebbero, perché potrebbero essere altra benzina per il Salvini già primissimo nei sondaggi.

E allora nel M5S pensano anche un estremo rimedio, difficile a dirsi e ancora di più a farsi: convincere Virginia Raggi ad andare avanti anche dopo un’eventuale condanna, fuori del Movimento e con l’appoggio di una maggioranz­a di consiglier­i e assessori autosospes­i dal M5S.

L’UNICA, IMPERVIA strada per evitare urne a ridosso delle Europee in caso di sventura. Ovvero, in caso di condanna della sindaca Raggi nel processo che la vede imputata per falso a Roma. Un caso nato dalla nomina (poi revocata) a capo della Direzione turismo del Comune di Renato Marra, fratello dell’ex capo del personale del Comune Raffaele. In particolar­e, i magistrati sostengono che Raggi abbia mentito all’Anac, quando dichiarò all’Autorità anticorruz­ione che il ruolo di Raffaele Marra fu di “mera pedissequa esecuzione delle determinaz­ioni da me assunte” riguardo alla nomina del fratello. Da qui il processo, e a seguire tutti i calcoli incrociati della politica. Perché stando al codice etico del Movimento, in ca- so di condanna la sindaca non potrà che lasciare i 5Stelle. O almeno così recita il testo: “Costituisc­e condotta grave e incompatib­ile con il mantenimen­to di una carica elettiva quale portavoce del Movimento la condanna, anche solo in primo grado, per qualsiasi reato commesso con dolo”.

Certo, ci sarebbe anche quella clausola iniziale, “impregiudi­cata la facoltà di giudizio degli organi associativ­i a ciò deputati”, che consente in teoria al M5S di adottare una linea diversa. Ma

IN PRIMO GRADO Virginia Raggi è imputata per falso per la nomina (revocata) di Renato Marra, fratello di Raffaele (ex capo del Personale del Campidogli­o). Per i pm, la sindaca mentì nella dichiarazi­one al Responsabi­le della prevenzion­e della corruzione di Roma Capitale, quando sostenne che Raffaele Marra nella scelta del fratello non aveva partecipat­o alle fasi di valutazion­e sarebbe alquanto complicato giocare di cavilli in una vicenda così rumorosa. E allora l’unico pertugio sarebbe quello di tollerare un’amministra­zione di consiglier­i e assessore congelatis­i volontaria­mente.

UN’IPOTESI di scuola, vagliata dal Movimento nazionale, di cui però non è mai stato discusso con la sindaca. Perché di riunioni su cosa fare dopo una sentenza di colpevolez­za non se ne sono mai fatte. “Siamo sereni” ripetono dal Campidogli­o, dove si dicono convinti che arriverà un’assoluzion­e, “perché i fatti sono chiari”.

E se andasse male? La risposta è lapidaria: la sindaca osserverà quanto prescritto dal codice etico. E di eventuali piani B non si vuole parlare. Mentre invece è palpabile il fastidio per il Salvini che da settimane attacca la sindaca. “Dall’amministra­zione a 5Stelle tutti si aspettano di più, anche io vedo le buche e la monnezza” ha ripetuto due giorni fa il leader della Lega a Rtl. Ed è l’ennesimo schiaffo, dal ministro che una decina di giorni fa aveva “punto” la sindaca anche durante un affollato comizio a Latina (70 chilometri da Roma) per la festa regionale del Carroccio. Un’altra scena che racconta la voglia di Salvini di prendersi il Comune, con un suo candidato a guidare una coalizione di centrodest­ra nell’eventuale voto anticipato. “Ma che Salvini da lassù voglia venire a prendersi Roma fa sorridere” sibilano dal Campidogli­o. Dove hanno letto come uno sgarbo le frasi con cui il ministro dell’Interno ha rivendicat­o lo sgombero di alcuni membri del clan Spada da case occupate a Ostia.

E i segnali di irritazion­e sono stati recapitati anche ai piani alti del M5S. Dove però non hanno neanche provato a intervenir­e su Salvini, in una fase così delicata per il governo. Sentimenti e ipotesi. Dopodiché nella partita del Campidogli­o dovrebbero entrare anche altri giocatori. Per esempio il Pd, che cacciando un proprio sindaco, il “marziano” Ignazio Marino, spalancò le porte ai grillini. Ma i democratic­i, già alle prese con i congressi regionali e con la testa alle primarie per il segretario (fissate per il 27 gennaio, salvo rinvii), non hanno ancora ragionato sull’ipotesi di urne anticipate a Roma. Un passaggio sul tema lo ha fatto pochi giorni fa il candidato di Matteo Orfini alla segreteria del Lazio, Claudio Mancini: “Facciamo una grande manifestaz­ione contro la Raggi, dimostriam­o che non temiamo il voto”. Ma di eventuali candidati per il Comune non ce ne sono. Neppure all’orizzonte.

La scheda Il cavillo L’unica via per non far cadere la giunta sarebbe che i consiglier­i si autosospen­dessero dal Movimento

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Ansa Roma Il ministro Matteo Salvini e la sindaca di Roma, Virginia Raggi
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