“RIACENDERE” VOGLIO UN LUCANO, ANZI DECINE
Cosa voglio di più dalla vita? Un Lucano. Anzi decine e decine di Lucano... Tanti quanti i piccoli Comuni disabitati e ab- bandonati ci sono in italia.
Per questa volta, perdonatemi se uso uno slogan che ricorda un prodotto. Concedetemi di parlare di amaro, di fare “pubblicità” (soprattutto a un sindaco e “non solo”, in tutti i sensi), ma anche all’amaro che non fa digerire se stesso né quello che ci tocca ingoiare. Un’amarezza che risale, un reflusso extra comunitario- esofageo, più che gastrico, che dalle viscere dell’inaccettabile, strabocca.
È qualcosa che non si può mandare giù che va rigettato, attraverso un settimo senso, il senso di nausea, che coglie molti e ci rimettono tutti; noi ma specialmente i nuovi abitanti di un paese che non era più fantasma, diventando reale, che cominciava ad essere un “regno da favola”, e poi uscito dalla fiaba, diventato genius loci, luogo del riscatto, in una terra, quella calabra, spesso di ricatto e di malaffare, di abuso e di illegalità permessa, ammessa e concessa. Per non far scendere il buio, dopo che una idea esempio illuminata, aveva acceso la storia di tanti paesi in uno solo, di tante regioni dell’Africa in una sola, italiana. Finalmente una terra, una casa, un lavoro, non un viaggio affogante, un centro di detenzione, una espulsione a morte.
Mi piace pensare che Riace sia l’origine di una parola nuova, che pur suonando stonata o sgrammaticata diventi un infinito indicativo futuro presente: “Riacendere!”