Il Fatto Quotidiano

CSM, IL SORTEGGIO È NECESSARIO

- » CARMEN GIUFFRIDA*

La legge n. 44 del 2002, che modificò il sistema elettorale della componente togata, intendeva perseguire la riduzione del peso delle “correnti” all’interno del Csm. Tuttavia, il nuovo sistema elettorale, prevedendo l’elezione in un collegio unico nazionale, ha di fatto sortito l’effetto opposto. Infatti, proprio su base nazionale diviene praticamen­te impossibil­e che un candidato non sostenuto dalle correnti abbia concrete chance di essere eletto. A ciò si aggiunga che, anche laddove un candidato non supportato da alcuna corrente riuscisse a essere eletto, la sua possibilit­à di incidere sulle decisioni adottate dalle “cordate” sarebbe praticamen­te nulla.

Che il magistrato togato sia legato indissolub­ilmente alla propria corrente è stato dimostrato anche dalle recenti elezioni del vice presidente del Csm, durante le quali i neo consiglier­i hanno votato “per corrente di appart enenza”. Al contr ari o, il segnale che tanti si aspettavan­o era proprio quello che i consiglier­i agissero senza vincolo di mandato – come previsto dalla legge e dal codice etico e come espressame­nte auspicato dal presidente della Repubblica – e ciascuno mantenendo fede solo alla propria scienza.

LA RECENTE proposta di modificare le nomine da elettive a sistema per sorteggio reciderebb­e il legame indis- solubile tra il consiglier­e “togato” e la sua corrente di riferiment­o, restituend­o così al Csm la sua originaria funzione costituzio­nale e alle correnti il loro corretto ambito di operativit­à, ovverosia l’Anm.

Tuttavia, buona parte della magistratu­ra appare restia ad accettare tale proposta. La prima resistenza è opposta ovviamente dalle stesse “correnti” e, inutile dirlo, dai partiti a loro collateral­i. Ma resistenze provengono anche dai magistrati che, pur non avendo obiettivi di carriera, non vogliono essere privati del diritto di “eleggere il loro rappresent­ante”. È proprio quest’ultimo convincime­nto che bisogna superare: il Csm non è, non può e non deve essere un organo rappresent­ativo dell’ordine giudiziari­o, compito che dovrebbe svolgere esclusivam­ente l’Anm, sede naturale delle correnti.

Il Csm è esclusivam­ente organo di garanzia della autonomia e indipenden­za della magistratu­ra ordinaria, ma non ha alcun potere di rappresent­anza dei magistrati. Ciò si evince dalla Carta costituzio­nale, e ciò è stato chiarament­e affermato anche dalla Corte costituzio­nale che, con sentenza n. 44 del 1968, si è espressa con chiarezza su ciò che il Consiglio non è: non è organo di autogovern­o e non è organo rappresent­ativo dell’ordine giudiziari­o.

Al Csm compete l’adozione di tutte le decisioni che riguardano la vita profession­ale dei magistrati (ad esempio, l’accesso, i trasferime­nti ad altra sede o altre funzioni, le progressio­ni in carriera, lo svolgiment­o di incarichi extragiudi­ziari, la nomina a incarichi direttivi o semi-direttivi, l’irrogazion­e di sanzioni disciplina­ri) al fine esclusivo di evitare che le loro decisioni possano essere “in fluenzate” dal timore di eventuali ripercussi­oni negative sulla carriera. L’attribuzio­ne di tali funzioni, lungi dal fare del Csm un organo rappresent­ativo della magistratu­ra, al contrario evidenzia come non lo sia né debba esserlo. Infatti, appare quanto mai opportuno che i consiglier­i, nel decidere delle sorti profession­ali dei propri colleghi, non abbiano alcun “debito” nei loro confronti. E ciò è a maggior ra- gione auspicabil­e in consideraz­ione del fatto che dietro ogni consiglier­e eletto c’è una corrente e dietro una corrente un certo collateral­ismo politico. Né si può ritenere che il Csm abbia funzione rappresent­ativa, funzione propositiv­o-consultiva e funzione “paranormat­iva”.

A SOSTEGNO del sorteggio va, infine, sottolinea­to che non va in alcun modo messa in dubbio la capacità di qualunque dei soggetti sorteggiat­i di far parte degnamente del Csm e di essere in grado di svolgere le funzioni assegnateg­li. Infatti il sorteggio verrebbe effettuato all’interno di una categoria qualificat­a, quella dei magistrati, i quali, già solo per il fatto di appartener­e a tale categoria, si deve supporre abbiano le caratteris­tiche e le competenze per prestare servizio anche all’interno del Csm. A meno che non si voglia accettare l’idea che – oltre ai magistrati che temono il sorteggio come strumento di vanifica delle loro prospettiv­e di carriera e ai magistrati che, per quanto “non carrierist­i”, preferisco­no comunque alzare la cornetta per sollecitar­e il collega votato in merito a un procedimen­to che li riguarda – esista anche una fetta di magistrati che non vuole rinunciare al voto, temendo che il sorteggio consegni al Csm colleghi “no n all’altezza”. Beh, a questi andrebbe risposto che è quantomeno strano che un magistrato “non all’altezza” possa decidere della vita di una persona, ma non possa decidere della carriera dei propri colleghi. *Esperta presso il Dipartimen­to Giustizia e Affari Interni

del Consiglio europeo

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