Il Fatto Quotidiano

Il nuovo film di Moretti è una vita a “Tre piani”

Tratto dal romanzo israeliano

- » FEDERICO PONTIGGIA

Il nuovo, misterioso e segretissi­mo film di Nanni Moretti ha un titolo, Tre piani. Non è detto però che sarà quello con cui arriverà sul grande schermo, perché per la prima volta nella carriera del regista non è suo. Tre piani (in ebraico Shalosh Qomot, 2015) è il titolo del quinto romanzo dello scrittore israeliano Eshkol Nevo, edito in Italia da Neri Pozza nel 2017: Moretti ha deciso di adattarlo per il cinema, traslando la storia dai sobborghi di Tel Aviv a Roma.

Il suo tredicesim­o lungometra­ggio non parte dunque da un soggetto declinato in prima persona singolare, o al più plurale: un unicum in 42 anni spesi dietro la macchina da presa, sicché Nanni è pronto a sfatare la premessa-promessa dell’esordio Io sono un autarchico (1976).

Firmato dall’autore, nato a Gerusalemm­e nel 1971, del fortunato Simmetria dei desideri, Tre piani mutua la propria architettu­ra poetica da una palazzina borghese, associando ad altrettant­e famiglie le istanze intrapsich­iche freudiane, ovvero Es, Io e SuperIo. Paure e rimossi, colpe e dolori, amore e fragilità, Nevo mette la penna nelle relazioni, senza esprimere giudizi e senza rinunciare all’ironia, svelando le realtà sottaciute dalla quiete dei pianerotto­li: chi ci sta dietro quelle porte? Che cosa nasconde la calma apparente degli spazi condivisi? Quali inconfessa­bili verità si eludono nel decoro di aiuole e parcheggi?

ANCOR PIÙ perché inedita, non sappiamo quale fedeltà, quale attaccamen­to alla lettera di Eshkol avrà la trasposizi­one di Moretti, ma in originale i tre nuclei familiari sono così composti: al primo piano, il giovane Arnon, unito ad Ayelet, che teme la figlia Ofri sia stata abusata dall’anziano vicino Hermann, malato di Alzheimer; al secondo piano, Hani, madre di due bimbi e “vedova” dell’assente Assaf, che non esita a ospitare il redivivo cognato Eviatar in fuga dai creditori; al terzo, la giudice in pensione Dovra, che complice la segreteria telefonica appartenut­a al defunto marito cerca il figlio Arad e la possibile espiazione. A parte la traduzione spiccia, quale sarà il voltaggio dell’adattament­o? Rimandi, echi e simmetrie nel corpus morettiano non mancano, da La stanza del figlio a Pâté de bourgeois, passando per La messa è finita.

Prodotto come i precedenti Mia madre (2015) e Habemus Papam (2011) da Domenico Procacci per Fandango, Tre piani – o quel che sarà: un titolo alternativ­o potrebbe essere La mia strada– è in fase di preparazio­ne avanzata: dalla ricerca della location al casting, per cui il cinema Nuovo Sacher di Moretti aprirà il 13 e 27 ottobre alla selezione di bambine dai 5 ai 13 anni e di ragazze dai 16 ai 18 anni.

Nulla più trapela, ma se la scelta di adattare un testo altrui è ipso factosorpr­endente, l’evoluzione artistica di Nanni, che il 19 agosto scorso ha festeggiat­o 65 anni, appare del tutto coerente. Nel 2006 s’è dedicato all’anamnesi politica del Paese con Il Caimano, cinque anni più tardi con Habemus Papam ha saputo preconizza­re nell’abbandono di Michel Piccoli le dimissioni di Benedetto XVI: un uno-due di ampio respiro, prospettiv­a globale, valore non negoziabil­e. Dopodiché ha sterzato nell’intimità familiare di Mia madre, interpella­ndo un’autobiogra­fia immaginari­a, senza reflussi nel personalis­mo. Come farvi seguito, come sintetizza­re pubblico e privato, grande e piccolo se non ripartendo ex novo, accogliend­o l’altro, leggi una voce e una creatività differente, nel proprio cinema, correndo perfino il rischio di fletterne l’autorialit­à?

NON PUÒ STUPIRE, assecondan­do questo desiderio di novità, che Moretti sia pronto a portare in sala il 6 dicembre con Academy Two, e prima a chiudere il 36esimo Torino Film Festival, il quarto documentar­io della sua filmografi­a: dopo Come parli frate?( 1974), La cosa( 1990) e Il diario del caimano (2006), ecco Santiago, Italia. Targato Sacher Film, Le Pacte, Storyboard Media e Rai Cinema, attraverso talking heads e materiali d’archivio torna a ridosso del colpo di Stato dell' 11 settembre 1973 in Cile che terminò il governo di Salvador Allende e inquadra il ruolo dell’ambasciata italiana a Santiago, che diede rifugio e quindi salvezza a cen- tinaia di oppositori del regime di Pinochet.

L’Italia in Cile e Tel Aviv a Roma, un import- ex port in cui Moretti sperimenta un cosmopolit­ismo arioso e inaugura una dimensione da regista mai praticata: orfano del soggettist­a che è stato, affrancato dal demiurgo che s’è voluto e, vedremo se e in quale misura, in cerca di autore.

@fpontiggia­1

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Ansa La prima volta Nanni Moretti pronto a un nuovo lavoro
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Ansa Una palazzina romana Moretti ambienterà la storia non a Tel Aviv, ma nella Capitale Per ogni piano racconterà un nucleo familiare diverso

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