Il Fatto Quotidiano

La strana ammissione del Tesoro: i nostri calcoli privilegia­no l’austerità

Nella Nadef: “Le nostre stime non comprendon­o gli effetti di retroazion­e...”

- » CARLO DI FOGGIA E MARCO PALOMBI

Per i feticisti dei documenti di finanza pubblica è una novità non da poco e illumina da una nuova angolazion­e un segreto di Pulcinella: i modelli attorno a cui vengono elaborate le previsioni economiche sono, all’ingrosso, tarati per attenuare gli effetti delle politiche di austerità e, viceversa, minimizzar­e o negare quelli di manovre espansive.

LA POLEMICA attorno alla quantifica­zione “st atica” o “dinamica” delle misure dei governi e, parallelam­ente, quella sui cosiddetti “moltiplica­tori” della spesa pubblica vive da decenni nell’accademia e sui giornali almeno dalla co- siddetta “crisi dei debiti sovrani”. Ora, però, sbarca nella Nota di aggiorname­nto del Documento di economia e finanza (Nadef), nella quale si legge per ben due volte (pagina 5 e 41) la stessa frase: “Sebbene le stime di finanza pubblica non comprendan­o effetti di retroazion­e della maggiore crescita sul saldo di bilancio...”.

Cos’ è questa “retroazion­e ”? Sostanzial­mente il ministero dell’Economia ci dice che, quando formula le sue previsioni sui saldi di finanza pubblica, non tiene conto degli effetti delle sue politiche sulle entrate e sulle spese: un fatto scontato - come ammettono tutti i tecnici sentiti dal Fatto anche allo stesso Tesoro e nelle autorità indipenden­ti - per qualunque studente. La cosa non è senza effetti, specialmen­te in tempi in cui i de- cimali assurgono a totem politici: ad esempio, come vedremo, il deficit pubblico italiano del prossimo triennio potrebbe essere fissato fin d’ora, calcolando la “retroazion­e” della manovra, più in basso della progressio­ne dal 2,4% al 2,1 all’1,8 scritta nella Nadef.

COM’È POSSIBILEq­uesto? Non è così complesso come può sembrare: se si prevede maggiore crescita (come ad esempio fa il governo in questa Nadef) è ovvio che quella crescita avrà come effetto un aumento delle entrate e una diminuzion­e di spese (ad esempio per Cassa integrazio­ne o i sussidi alle imprese in crisi). A voler considerar­e solo l’effetto sulle entrate - e citiamo una simulazion­e che verrà a breve pubblicata sulla rivista Etica ed economia - nel caso dei conti pubblici italiani l’effetto è quello che segue: rispetto al Def di Gentiloni, quello “gialloverd­e” prevede un Pil nominale (cioè che tiene conto anche dell’aumento dei prezzi e su cui si calcola il rapporto con deficit e debito) più alto di 0,4 punti il prossimo anno, dell’1,1% nel 2020 e dell’1,6% nel 2021. Ora, ipotizzand­o che ogni euro di Pil in più produca entrate fiscali aggiuntive di soli 20 centesimi (in sostanza so-

In soldoni

È come se la crescita non producesse maggiori entrate: il deficit 2019 sarebbe al 2,2%

lo l’Iva), il disavanzo dello Stato calerebbe di 12 miliardi nel triennio e si attestereb­be al 2,3% l’anno prossimo, all’1,9% nel 2020 e all’1,5% tra tre anni (anche il rapporto debito/Pil, ovviamente, scenderebb­e più rapidament­e). Se invece si tiene conto che la pressione fiscale complessiv­a si aggira sul 50%, l’extra-gettito andrebbe da 2 decimi di Pil nel 2019 fino agli 8 del 2021 (circa 30 miliardi): il rapporto col Prodotto passerebbe dunque al 2,2% 2019 fino all’1% del 2021. Un percorso assai “più digeribile” per Bruxelles e, peraltro, tecnicamen­te ineccepibi­le.

Solo che la “retroazion­e” non si usa: la giustifica­zione più usata è che in questo modo il bilancio è più prudente, il che può essere vero in caso di manovra espansiva (come quella di Tria). Quando si taglia, invece, non tener conto della “retroazion­e” delle manovre impedisce di coglierne la portata recessiva: rispetto alle previsioni del Def dell’epoca, ad esempio, la recessione post-manovra “Salva-Italia” di Monti fu sei volte più forte.

E DIRE che gli “effetti di retroazion­e” non debuttano oggi in un documento governativ­o: li usò Pier Carlo Padoan - innovazion­e “salutata positivame­nte” dall’Ufficio parlamenta­re di bilancio - nella manovra approvata nel dicembre 2016. All’epoca il ministro di Renzi mise così a bilancio sotto quella voce maggiori entrate “pari a 0,35 miliardi nel 2017, 1,05 nel 2018 e 2,2 nel 2019”.

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 ?? LaPresse ?? A via XX settembre Il palazzo che ospita il ministero del Tesoro a Roma: è qui che vengono preparate le stime sui saldi di finanza pubblica e poi la manovra
LaPresse A via XX settembre Il palazzo che ospita il ministero del Tesoro a Roma: è qui che vengono preparate le stime sui saldi di finanza pubblica e poi la manovra

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