Un detenuto: “Erano in due Un altro cercava di fermarli”
Procura Indagati 4 militari per la relazione che diceva che Stefano stava bene. Da Tedesco la stessa versione del compagno di cella
Iprimi riscontri alle rivelazioni di Francesco Tedesco per i magistrati capitolini sono contenuti nelle parole di Luigi Lainà, romano, ancora oggi detenuto ma che nell’ottobre del 2009 incrocia per qualche ora Stefano Cucchi in una cella del Centro clinico di Regina Coeli.
La testimonianza di Lainà converge con quanto raccontato da Tedesco, uno dei tre carabinieri accusati di omicidio preterintenzionale, il quale nel giugno scorso ha depositato una denuncia accusando i colleghi Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo, del pestaggio durato fino al suo intervento. Circostanza che, a suo dire, era stata riferita anche all’allora comandante della stazione Appia Roberto Mandolini (ora a processo per calunnia), e finita in un’annotazione di cui non è rimasta traccia.
ANCHE LAINÀ racconta di aver saputo da Cucchi che le cose andarono in questo modo, ma non fa i nomi dei carabinieri ai quali si riferiva il geometra.
Il detenuto viene interroga- to durante il processo a carico dei cinque carabinieri in corso in Corte d’assise d’appello il 20 marzo scorso. In aula racconta di aver visto Cucchi la prima volta a mezzanotte del 16 ottobre, quando viene arrestato per detenzione e spaccio di stupefacenti. “Era gonfio come’ na zampogna ”, dice Lainà in aula. E poi aggiunge: “C’aveva dei colori strani: viola, verde, giallo”. Il giorno dopo, Lainà rivede Cucchi nella cella numero 6: “M’ha detto: ‘ So stati du’carabinieri’, non in divisa, di quelli che gli avevano fatto l’arresto (...). In borghese. Poi dice che è venuto un ragazzo che non era ai livelli loro di esperienza, me sà che era un ausiliario del cavolo... e gli ha detto defarla finita che lo stavano a massacrà de botte”.
Il pm Giovanni Musarò chiede una precisazione: “Visto che Cucchi è passato in due diverse stazioni dei carabinieri, le ha precisato in quale è avvenuto questa?”. E Lainà: “La prima (...) Così ha detto”. Ossia la stazione Appia, dove erano in servizio i carabinieri ora accusati di omicidio preterintenzionale. E quella notte, secon dola ricostruzione deipm, D’Alessandro e Di Bernardo erano in borghese.
Ma c’era un terzo carabi- nieri che sarebbe intervenuto. “Questo qua – aggiunge Lainà in aula – ha visto ’stopestaggio (...) è andato a chiamà qualcuno più graduato”.
Francesco Tedesco davanti ai pm dice di essere stato lui a intervenire per fermare i due colleghi.
Il 9 luglio davanti al Procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone e al pm Musarò racconta: “Cucchi e Di Bernardo ricominciarono a discutere e iniziarono a insultarsi, per cui Di Bernardo colpì Cucchi con uno schiaffo violento in pieno volto. Allora D’A les sa nd ro diede un forte calcio al Cucchi con la punta del piede, all’altezza dell’ano. Nel frattempo io mi ero alzato e avevo detto: ‘Basta, finitela! Che cazzo fate! Non vi permettete!’. Ma Di Bernardo proseguì nell’azione, spingendo con violenza Cucchi e provocandone una caduta in terra sul bacino, poi batté la testa. Fu un’azione combinata. (...) Nel frattempo io mi alzai, spinsi Di Bernardo, ma prima che potessi intervenire D’Alessandro colpì con un calcio in faccia (o in testa) Cucchi, mentre questi era sdraiato in terra”.
Per gli investigatori, le parole di Tedesco (che dovrà ribadire la sua versione in aula) trovano riscontro nella circostanza raccontata in precedenza da Lainà (anche se quest’ultimo non fa i nomi dei carabinieri ai quali si riferiva Cucchi).
MA CONTESTUALMENTE al processo in corso in primo grado, proseguono le indagini dei pm. Due i nuovi filoni aperti: in un caso si punta a chiarire chi ha tentato di nascondere la verità, a partire dalla sparizione dell’annotazione scritta da Tedesco per segnalare il pe- staggio. Si indaga, contro ignoti, per soppressione di atti pubblici. Un secondo fascicolo invece riguarda gli accertamenti su presunti atti falsificati. Indagati per falso ideologico quattro carabinieri.
Tra questi Francesco Di Sano, della stazione di Tor Sapienza, e il comandante della stessa caserma Massimiliano Colombo. I pm stanno cercan-
I riscontri dei pm Luigi Lainà, tuttora in carcere, incontrò il giovane: “Era gonfio come una zampogna”
do di capire se vi furono eventuali comunicazioni con i superiori dell’epoca. Questo filone d’indagine è stato avviato dopo l’audizione in Corte d’assise d’appello di Di Sano.
Rispondendo alle domande del pm, il militare il 17 aprile scorso ha ammesso di avere modificato l’annotazione di salute di Cucchi: “Mi chiesero di farlo perché la prima era troppo dettagliata. Non ricordo per certo chi è stato, ma posso dire che si è trattato di un ordine”.