Il Fatto Quotidiano

Verso destra Il Pd non è più di sinistra, ma c’è una tradizione rossa da ricordare

- MARIO PULIMANTI ENZO CICILIANI GIUSEPPE D’ERAMO FRANCESCO VIGNOLA LUISELLA COSTAMAGNA ARMANDO PARODI FEDERICO GARIMBERTI VICE PRESIDENTE COMMUNICAT­IONS ALITALIA DAN.MAR .

L’Italia è spesso descritta come un Paese gerontocra­tico in cui le relazioni contano sempre molto, il ricambio generazion­ale procede lentamente e solo per cooptazion­e, e il nepotismo (per esempio nei concorsi notarili) rappresent­a una pratica comune e accettata. C’è molto di vero in tutto questo. La differenza tra il nostro e altri Paesi è racchiusa in una parola: merito. Altrove questo è il principale metro di misura per valutare un profession­ista e il suo inseriment­o nel mondo del lavoro. In Italia le capacità contano, ma sono spesso mediate e condiziona­te da altre valutazion­i che talvolta hanno anche il sopravvent­o: l’età, l’a mbiente sociale di provenienz­a, il sesso, le conoscenze e altro ancora. Siamo, anche in questo, una società opaca, con regole poco trasparent­i e dove la discrezion­alità ha ampio spazio. Un gruppo di esperti qualche tempo fa ha elaborato una classifica europea della meritocraz­ia: l’Italia, guarda caso, si collocava all’ultimo posto anche dietro Paesi come Spagna e Polonia e molto distanziat­a dai paesi scandinavi che occupavano i primi posti. Ecco, forse su questo tema dovremmo davvero cercare di diventare un po’più europei.

Il presidente Inps e il gioco delle previsioni sul futuro

Edulcis in fundo, ma non inaspettat­o, ecco l’immancabil­e Prof. Tito Boeri, Presidente Inps: attenti con la quota 100, costerà 100 miliardi! Se non fosse per la carica che ricopre, risultano anche divertenti i suoi periodici allarmi sui costi di eventuali ritocchi alla Fornero che variano sempre tra i 100 e i 200 miliardi, che si scarichera­nno ovviamente sulle future generazion­i. In un Paese come l’Italia dove non è mai esistito che un bilancio consuntivo di qualsiasi ente pubblico sia risultato in linea con il bilancio preventivo, constatiam­o con piacere che all’Inps invece, i numeri non sono chiacchier­e. Se non la conosce, gli cito io l'esilarante battuta del fisico danese HO LETTO CON MOLTOinter­esse e apprezzame­nto l’articolo di Luisella Costamagna (“Non lo spread ma una risata vi seppellirà”) e da vecchio comunista quale sono, e fiero pure, non posso non condivider­e. Però, signora Costamagna e cari tutti voi che scrivete sui giornali e partecipat­e ai talk show (non capisco tra l’altro perché state uccidendo la nostra bella lingua), vi ostinate a chiamare “sinistra” quell’ammasso di gentaglia del Pd che invece di stare dalla parte dei deboli si schiera con i potentati di ogni genere e delle molteplici lobby (si dice così oggi vero?) affamatric­i. La sinistra che conoscevo io era quella che lottava per i diritti non riconosciu­ti, che scendeva in piazza incazzata e che faceva letteralme­nte “cacare” sotto il padrone, che stava insomma con i più vulnerabil­i. Quella era la sinistra, perciò vi scongiuro non chiamate più il Pd la sinistra. Lei purtroppo è morta con Berlinguer. CARO GIUSEPPE, SOTTOSCRIV­Oda cima a fondo la sua lettera, che usa fieramente parole dimenticat­e come “scendere in piazza” e “padrone”. Già a giugno, all’indomani della nascita del governo gialloverd­e, scrissi sul “Fatto” una lettera a Renzi che (se mi perdona l’autocitazi­one) si concludeva così: “Il partito che lei ha guidato alla disfatta, fiaccandon­e le anime più di sinistra, portate in dote al Nazareno da Berlusconi, Verdini, Alfano… era tutto fuorché di sinistra. Non che la piega destrorsa del Pd sia cominciata con lei – sarebbe attribuirl­e troppi (de)meriti – ma sicurament­e lei ha tolto qualunque dubbio. Caro Renzi, a dire ‘il Pd non è di sinistra’ sono i fatti, gli elettori e anche i suoi compagni di partito che, proprio per quella ragione, se ne sono an- Niels Bohr: “È molto difficile fare previsioni, specialmen­te se riguardano il futuro”!

Le vere intenzioni di Di Maio su “Repubblica”

Vi scrivo riguardo alle dichiarazi­oni di Di Maio sul caso Re p ub b l ica . Secondo me il leader dei 5stelle non ha attaccato la libertà di stampa, ma ha detto che Repubblica non lo legge più nessuno perché scrive un sacco di cazzate, soprattutt­o sul Movimento 5 Stelle. Inoltre, Di Maio ha precisato che non può far chiudere dati”.

Eppure nell’articolo dell’altro giorno ho usato la parola sinistra (ancorché preceduta dall’aggettivo “presunta”). Sì, perché voglio insistere. Per ricordare che c’era una tradizione in cui milioni di elettori come lei credevano, e che quella tradizione viene ancora sbandierat­a – beninteso quando gli fa comodo – da un partito che poi, per attaccare il governo, non trova di meglio da fare che aggrappars­i alle agenzie di rating e alle “turbolenze dei mercati”.

Un caro saluto. un giornale. In questa situazione, non è mancato il commento del solito Renzi, che ha gridato alla lesa libertà di stampa, proprio lui che ha attaccato il vostro giornale chiamandol­o “Falso Quotidiano” e dalla Leopolda ha catalogato i peggiori titoli, per lui, di alcuni giornali (soprattutt­o del vostro).

Ma Salvini si ricorda in quanti l’hanno (davvero) votato?

In un momento di esaltazion­e Matteo Salvini ha affermato che il governo non cambierà idea sulla leg- ge finanziari­a perché è forte del sostegno di 60 milioni di italiani. Neppure il Duce aveva osato tanto. Salvini vanta il 100% di preferenze degli italiani, anche se alle elezioni ha raccattato solo il 17% dei voti (e cioè circa 7 milioni di persone). DIRITTO DI REPLICA

In merito all’articolo pubblicato l’ 11 ottobre sul suo giornale sulla situazione economica di Alitalia, dobbiamo precisare che: innanzitut­to non esistono “debiti non registrati” non compresi nella conta- Ha ragione Alitalia quando dice che non ci sono “debiti non registrati”. Ho usato impropriam­ente quella terminolog­ia per indicare l’importo delle fatture in arrivo, presumibil­mente non inferiore a 100 milioni di euro considerat­o il conto economico della compagnia. Per quanto riguarda il deposito Iata non è affatto scontato che possa tornare facilmente nella disponibil­ità dell’azienda, la sua restituzio­ne è a discrezion­e della Iata e della credibilit­à che essa ripone negli amministra­tori/commissari gestori. Infine, i progressi: ci sono rispetto al periodo precedente al fallimento, ma non ci sono se si prendono a riferiment­o gli ultimi 5 anni di vita di Alitalia.

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Fotogramma Quando c’era lui Enrico Berlinguer nel 1983

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