Verso destra Il Pd non è più di sinistra, ma c’è una tradizione rossa da ricordare
L’Italia è spesso descritta come un Paese gerontocratico in cui le relazioni contano sempre molto, il ricambio generazionale procede lentamente e solo per cooptazione, e il nepotismo (per esempio nei concorsi notarili) rappresenta una pratica comune e accettata. C’è molto di vero in tutto questo. La differenza tra il nostro e altri Paesi è racchiusa in una parola: merito. Altrove questo è il principale metro di misura per valutare un professionista e il suo inserimento nel mondo del lavoro. In Italia le capacità contano, ma sono spesso mediate e condizionate da altre valutazioni che talvolta hanno anche il sopravvento: l’età, l’a mbiente sociale di provenienza, il sesso, le conoscenze e altro ancora. Siamo, anche in questo, una società opaca, con regole poco trasparenti e dove la discrezionalità ha ampio spazio. Un gruppo di esperti qualche tempo fa ha elaborato una classifica europea della meritocrazia: l’Italia, guarda caso, si collocava all’ultimo posto anche dietro Paesi come Spagna e Polonia e molto distanziata dai paesi scandinavi che occupavano i primi posti. Ecco, forse su questo tema dovremmo davvero cercare di diventare un po’più europei.
Il presidente Inps e il gioco delle previsioni sul futuro
Edulcis in fundo, ma non inaspettato, ecco l’immancabile Prof. Tito Boeri, Presidente Inps: attenti con la quota 100, costerà 100 miliardi! Se non fosse per la carica che ricopre, risultano anche divertenti i suoi periodici allarmi sui costi di eventuali ritocchi alla Fornero che variano sempre tra i 100 e i 200 miliardi, che si scaricheranno ovviamente sulle future generazioni. In un Paese come l’Italia dove non è mai esistito che un bilancio consuntivo di qualsiasi ente pubblico sia risultato in linea con il bilancio preventivo, constatiamo con piacere che all’Inps invece, i numeri non sono chiacchiere. Se non la conosce, gli cito io l'esilarante battuta del fisico danese HO LETTO CON MOLTOinteresse e apprezzamento l’articolo di Luisella Costamagna (“Non lo spread ma una risata vi seppellirà”) e da vecchio comunista quale sono, e fiero pure, non posso non condividere. Però, signora Costamagna e cari tutti voi che scrivete sui giornali e partecipate ai talk show (non capisco tra l’altro perché state uccidendo la nostra bella lingua), vi ostinate a chiamare “sinistra” quell’ammasso di gentaglia del Pd che invece di stare dalla parte dei deboli si schiera con i potentati di ogni genere e delle molteplici lobby (si dice così oggi vero?) affamatrici. La sinistra che conoscevo io era quella che lottava per i diritti non riconosciuti, che scendeva in piazza incazzata e che faceva letteralmente “cacare” sotto il padrone, che stava insomma con i più vulnerabili. Quella era la sinistra, perciò vi scongiuro non chiamate più il Pd la sinistra. Lei purtroppo è morta con Berlinguer. CARO GIUSEPPE, SOTTOSCRIVOda cima a fondo la sua lettera, che usa fieramente parole dimenticate come “scendere in piazza” e “padrone”. Già a giugno, all’indomani della nascita del governo gialloverde, scrissi sul “Fatto” una lettera a Renzi che (se mi perdona l’autocitazione) si concludeva così: “Il partito che lei ha guidato alla disfatta, fiaccandone le anime più di sinistra, portate in dote al Nazareno da Berlusconi, Verdini, Alfano… era tutto fuorché di sinistra. Non che la piega destrorsa del Pd sia cominciata con lei – sarebbe attribuirle troppi (de)meriti – ma sicuramente lei ha tolto qualunque dubbio. Caro Renzi, a dire ‘il Pd non è di sinistra’ sono i fatti, gli elettori e anche i suoi compagni di partito che, proprio per quella ragione, se ne sono an- Niels Bohr: “È molto difficile fare previsioni, specialmente se riguardano il futuro”!
Le vere intenzioni di Di Maio su “Repubblica”
Vi scrivo riguardo alle dichiarazioni di Di Maio sul caso Re p ub b l ica . Secondo me il leader dei 5stelle non ha attaccato la libertà di stampa, ma ha detto che Repubblica non lo legge più nessuno perché scrive un sacco di cazzate, soprattutto sul Movimento 5 Stelle. Inoltre, Di Maio ha precisato che non può far chiudere dati”.
Eppure nell’articolo dell’altro giorno ho usato la parola sinistra (ancorché preceduta dall’aggettivo “presunta”). Sì, perché voglio insistere. Per ricordare che c’era una tradizione in cui milioni di elettori come lei credevano, e che quella tradizione viene ancora sbandierata – beninteso quando gli fa comodo – da un partito che poi, per attaccare il governo, non trova di meglio da fare che aggrapparsi alle agenzie di rating e alle “turbolenze dei mercati”.
Un caro saluto. un giornale. In questa situazione, non è mancato il commento del solito Renzi, che ha gridato alla lesa libertà di stampa, proprio lui che ha attaccato il vostro giornale chiamandolo “Falso Quotidiano” e dalla Leopolda ha catalogato i peggiori titoli, per lui, di alcuni giornali (soprattutto del vostro).
Ma Salvini si ricorda in quanti l’hanno (davvero) votato?
In un momento di esaltazione Matteo Salvini ha affermato che il governo non cambierà idea sulla leg- ge finanziaria perché è forte del sostegno di 60 milioni di italiani. Neppure il Duce aveva osato tanto. Salvini vanta il 100% di preferenze degli italiani, anche se alle elezioni ha raccattato solo il 17% dei voti (e cioè circa 7 milioni di persone). DIRITTO DI REPLICA
In merito all’articolo pubblicato l’ 11 ottobre sul suo giornale sulla situazione economica di Alitalia, dobbiamo precisare che: innanzitutto non esistono “debiti non registrati” non compresi nella conta- Ha ragione Alitalia quando dice che non ci sono “debiti non registrati”. Ho usato impropriamente quella terminologia per indicare l’importo delle fatture in arrivo, presumibilmente non inferiore a 100 milioni di euro considerato il conto economico della compagnia. Per quanto riguarda il deposito Iata non è affatto scontato che possa tornare facilmente nella disponibilità dell’azienda, la sua restituzione è a discrezione della Iata e della credibilità che essa ripone negli amministratori/commissari gestori. Infine, i progressi: ci sono rispetto al periodo precedente al fallimento, ma non ci sono se si prendono a riferimento gli ultimi 5 anni di vita di Alitalia.