“Se la Nazionale retrocede, andrà fatta una riflessione su Mancini”
Il ciuffo d’argento non basta più: Roberto Mancini è già spalle al muro. Il suo inizio in Nazionale è stato un disastro: una sola vittoria all’esordio con l’Arabia Saudita, poi 5 partite consecutive in casa senza successi (peggior striscia di sempre). Il credito è quasi esaurito, la sfida di domani sera in Polonia diventa decisiva, e non soltanto per evitare la retrocessione nella Nations League, che ha sostituito le amichevoli ma di amichevole non ha quasi nulla.
Presto Mancini non avrà più nessuno a coprirgli le spalle: il 22 ottobre la Figc esce dal commissariamento del Coni di Giovanni Malagò, che l’ha voluto in azzurro; la Federazione avrà un nuovo presidente (Gabriele Gravina) e un governo che avrebbe preferito scegliersi il suo Ct, e invece si è ritrovato sul groppone un tecnico non troppo gradito e un contratto pesante. Se le cose andranno male, sarà naturale scaricare la colpa su di lui.
QUANDO ha accettato l’incarico, il “Mancio” probabilmente si aspettava altro: tenore di vita stellare, belle partite in tribuna, serate di gala, al massimo 3-4 ritiri l’anno. Fare peggio di Ventura sembrava impossibile. Si sbagliava. Il calcio italiano è in crisi profonda e la Nazionale ne è lo specchio: “Dopo la mancata qualificazione ai Mondiali eravamo all’anno zero, ora stiamo peggio”, ha detto ieri capitan Bonucci. Il responsabile non è certo Mancini, chiamato a una ricostruzione lenta e difficile, mentre la Federazione annaspava nel caos. Lui, però, ci sta mettendo del suo.
Si è presentato dicendo di voler costruire un ciclo su Balotelli, ora è già ai margini del progetto. È passato dal doppio centravanti all’esperimento del falso nueve senza neanche una punta. Ha convocato gente che con la Nazionale non c’entra più o ancora nulla: il 31enne Giovinco, il teenager Zaniolo (zero presenze in Serie A), i vari Caprari, Lasagna, Pellegri, Tonelli. Non ha dato gioco né identità, affrontando la Nations League come un’amichevole. Il nuovo torneo Uefa, però, determina il ranking . Proprio quello che l’ultima volta ci ha portati nel girone della Spagna e quindi allo spareggio con la Svezia: come è andata a finire lo ricordiamo tutti.
Il problema di Mancini è che diventerà un figlio di nessuno: Malagò, suo sponsor (e compagno di circolo all’Aniene), ha dovuto mollare il pallone. E la nomina frettolosa del Ct è una delle tante colpe
imputate al commissario Fabbricini: “Si poteva andare avanti con un traghettatore e lasciar scegliere l’allenatore al nuovo presidente, invece hanno voluto occupare anche questa casella”, recriminano i nuovi vertici, che ora devono affrontare pure questa grana. Nei piani della prossima gestione non c’è un cambio in panchina. Non subito, almeno: “Ma è chiaro che se retrocederemo in Serie B una riflessione andrà fatta”. Nell’immediato potrebbe essergli affiancato un tutor (una figura più forte dell’attuale team manager Oriali, “per aiutarlo nelle scelte”), sperando che basti.
L’unica assicurazione è il ricco contratto che la gestione commissariale gli ha fatto firmare: l’esonero costerebbe caro, la Federazione non può permetterselo. Tra l’altro, è previsto il rinnovo automatico con la qualificazione a Euro 2020 (quasi scontata): volente o nolente, la Figc rischia di doversi tenere Mancini per 4 anni; almeno su questo si cercherà di intervenire ( anche se una clausola prevede la possibilità di risoluzione anticipata per entrambe le parti, in caso di semifinale). Insomma, il “Mancio” farà meglio a rimboccarsi le sue maniche di camicia e portare a casa qualche risultato. Anche perché in Federazione c’è qualcuno che ancora pensa ad Antonio Conte, l’ultimo Ct ad aver fatto bene sulla panchina azzurra (e attualmente senza squadra). I tifosi lo rimpiangono, e non solo loro.
La sua è la peggior striscia di sempre: una sola vittoria su sei partite. Decisiva la sfida di domani contro la Polonia