L’ispezione a Riace partì nel 2016 con dem e Alfano
La nota del Viminale: “Nessun trasferimento forzato dal centro di accoglienza, ma solo su base volontaria”
Il “modello” ha iniziato a frantumarsi quando a Palazzo Chigi al timone c’era l’attuale senatore di Scandicci e al Viminale Angelino. L’Anpi si rivolge ai 5Stelle: “Non voltatevi dall’altra parte”. Il sindaco Lucano ai domiciliari: “Avanti in auto sufficienza”
Il“modello” Riace è il “modello” Riace. Non è il modello previsto dalle norme dello Sprar ( Servizio di protezione dei richiedenti asilo e rifugiati). Ne usa le risorse. Ma è un modello a sé stante. Non è un caso che l’abbiano studiato anche all’estero. E non è un caso che sia tra i pochissimi a essere revocato negli ultimi 5 anni. L’unico nel 2018. L’unico caso del governo Lega- M5S. E il sindaco Mimmo Lucano annuncia: “Continueremo con le risorse che ci restano”.
Non è certo con Matteo Salvini assiso al Viminale che il modello Riace inizia a frantumarsi. Il presidente del Consiglio era Renzi, il ministro dell’Interno era Angelino Alfano, quando nell’estate del 2016 gli ispettori iniziano a verificare se le norme a Riace fossero rispettate. In due anni e mezzo di ispezioni - e un’inchiesta giudiziaria nel mezzo - c’è sempre un filo rosso negli atti su Riace. Se ne elencano sempre gli aspetti positivi. Non si può omettere che sia un’esperienza di vera integrazione. Ma spunta sempre un però. Sempre lo stesso. Già nel 2016: “Gli aspetti positivi non giustificano previsioni derogatorie alla normativa ordinaria”. E ancora: “Sono emerse situazioni fortemente critiche”. Le criticità? Anche quelle, sempre uguali. Rendicontazioni imprecise e a volte mancanti. Banche dati non aggiornate. Appartamenti che non corrispondono agli standard. D’altronde è lo stesso sindaco, Mimmo Lucano, intercettato, ad ammetterlo: non sa a quali voci far corrispondere esattamente le spese. Eppure - gli atti giudiziari lo confermano - non ha mai messo in tasca un solo centesimo.
È che il suo “modello”, nelle caselle previste dalle norme, non ci sta. Persino gli ispettori che si ripresentano nel febbraio 2018 - e questa volta al Viminale c’è Marco Minniti - si arrendono all’evidenza: “Questa relazione, per scelta degli estensori, non viene redatta secondo criteri e formule di stretto criterio burocratico amministrativo, se non per alcune parti, in quanto, con la presente, vuole evidenziarsi e fornire uno strumento di comprensione del fenomeno‘ Ria ce’ differente da quello finora acquisito, e tentare dispiegare non solo quello che viene fatto (o non fatto) ma, soprattutto, come viene fatto direttamente dalle persone, di ogni colore e nazionalità, che ne sono le principali protagoniste”. La relazione inizia spiegando che “a pochi chilometri da Riace regnano tra le famiglie mafiose più potenti e pericolose del mondo. Riace è figlia della Locride insanguinata”. Descrive il territorio. Con i suoi limiti.
GLI ISPETTORI immet tono nella scena la “giovane di origine africana che accompagna amorevolmente i figli e prima si prostituiva per sopravvivere”. E le criticità? Ci sono. Le elenca. Le inserisce nel contesto. E conclude: “Le pecche del sistema denotano la necessità di attuare immediati mezzi correttivi”. È questa ispezione che il Viminale, oggi guidato da Salvini, nel revocare lo Sprar a Riace, definisce “sociologica”. Tolta la sociologia restano norme e tabelle. È che il modello Riace non è la perfezione. Anzi. Il Viminale guarda il “modello” con la sola lente delle norme e ne demo- lisce l’intero progetto. La banca dati dello Sprar non è aggiornata. Negli appartamenti (in tre casi) ci trovi gente che dovrebbe stare altrove. Sono registrate 3 persone e ne sono presenti 5. C’è una casa dove ne risultano registrate 6, ma non coincidono con i 4 beneficiari accolti. Su 165 posti finanziati si contano - non si capisce come e perché - strutture per 204 posti. Continua a “sussistere la confusione gestionale”. C’è chi “risulta accolto” fino a “631 giorni oltre i limiti previsti dalle norme”. In alcuni casi - ma non è scritto in quanti-si rilevala carenza del“mantenimento dell’ordine e del decoro domestico”. E poi “sporcizia, disordine, ambienti domestici insalubri”. I mediatori non hanno la necessaria formazione professionale. Nel luglio 2016 si scopre che manca persino “l’organigramma del personale di ognuno degli enti gestori impiegati nello Sprar”. C’è una “mancata corrispondenza tra i servizi previsti e quelli erogati”. A volte “i servizi vengono erogati a soggetti diversi da quelli ammessi dall’ accoglienza ”. Ecco, le pecche ci sono. Il punto è capire se “correggerle”, come suggeriva la “sociologica” relazione del 2016, o buttare giù tutto, come stabilisce oggi il governo.
Sul “modello” Riace vince la logica della burocrazia. Non rispetta le norme. E viene bocciato. Il ricorso al Tar spiegherà se il Viminale ha torto o ragione. E la lente politica? I meriti del “modello” Riace sono stati riconosciuti in tutto il mondo. E’ un fatto. Ma anche la politica l’ha bocciato. Si poteva studiarlo. Correggerlo. Fornirgli mezzi per migliorare e non fare errori. Poteva
sbocciare. È stato bocciato. Ora i suoi migranti dovranno andar via. “Nessun trasferimento obbligatorio” assicura in serata Salvini. Ci mancherebbe: non v’è norma che lo consenta. Ma chi non avrà soldi per restare sarà comunque “obbligato” ad andar via. Le norme non coprono tutto. Né gli errori contabili. Né le affermazioni ipocrite.
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