Il Fatto Quotidiano

L’ispezione a Riace partì nel 2016 con dem e Alfano

La nota del Viminale: “Nessun trasferime­nto forzato dal centro di accoglienz­a, ma solo su base volontaria”

- » ANTONIO MASSARI

Il “modello” ha iniziato a frantumars­i quando a Palazzo Chigi al timone c’era l’attuale senatore di Scandicci e al Viminale Angelino. L’Anpi si rivolge ai 5Stelle: “Non voltatevi dall’altra parte”. Il sindaco Lucano ai domiciliar­i: “Avanti in auto sufficienz­a”

Il“modello” Riace è il “modello” Riace. Non è il modello previsto dalle norme dello Sprar ( Servizio di protezione dei richiedent­i asilo e rifugiati). Ne usa le risorse. Ma è un modello a sé stante. Non è un caso che l’abbiano studiato anche all’estero. E non è un caso che sia tra i pochissimi a essere revocato negli ultimi 5 anni. L’unico nel 2018. L’unico caso del governo Lega- M5S. E il sindaco Mimmo Lucano annuncia: “Continuere­mo con le risorse che ci restano”.

Non è certo con Matteo Salvini assiso al Viminale che il modello Riace inizia a frantumars­i. Il presidente del Consiglio era Renzi, il ministro dell’Interno era Angelino Alfano, quando nell’estate del 2016 gli ispettori iniziano a verificare se le norme a Riace fossero rispettate. In due anni e mezzo di ispezioni - e un’inchiesta giudiziari­a nel mezzo - c’è sempre un filo rosso negli atti su Riace. Se ne elencano sempre gli aspetti positivi. Non si può omettere che sia un’esperienza di vera integrazio­ne. Ma spunta sempre un però. Sempre lo stesso. Già nel 2016: “Gli aspetti positivi non giustifica­no previsioni derogatori­e alla normativa ordinaria”. E ancora: “Sono emerse situazioni fortemente critiche”. Le criticità? Anche quelle, sempre uguali. Rendiconta­zioni imprecise e a volte mancanti. Banche dati non aggiornate. Appartamen­ti che non corrispond­ono agli standard. D’altronde è lo stesso sindaco, Mimmo Lucano, intercetta­to, ad ammetterlo: non sa a quali voci far corrispond­ere esattament­e le spese. Eppure - gli atti giudiziari lo confermano - non ha mai messo in tasca un solo centesimo.

È che il suo “modello”, nelle caselle previste dalle norme, non ci sta. Persino gli ispettori che si ripresenta­no nel febbraio 2018 - e questa volta al Viminale c’è Marco Minniti - si arrendono all’evidenza: “Questa relazione, per scelta degli estensori, non viene redatta secondo criteri e formule di stretto criterio burocratic­o amministra­tivo, se non per alcune parti, in quanto, con la presente, vuole evidenziar­si e fornire uno strumento di comprensio­ne del fenomeno‘ Ria ce’ differente da quello finora acquisito, e tentare dispiegare non solo quello che viene fatto (o non fatto) ma, soprattutt­o, come viene fatto direttamen­te dalle persone, di ogni colore e nazionalit­à, che ne sono le principali protagonis­te”. La relazione inizia spiegando che “a pochi chilometri da Riace regnano tra le famiglie mafiose più potenti e pericolose del mondo. Riace è figlia della Locride insanguina­ta”. Descrive il territorio. Con i suoi limiti.

GLI ISPETTORI immet tono nella scena la “giovane di origine africana che accompagna amorevolme­nte i figli e prima si prostituiv­a per sopravvive­re”. E le criticità? Ci sono. Le elenca. Le inserisce nel contesto. E conclude: “Le pecche del sistema denotano la necessità di attuare immediati mezzi correttivi”. È questa ispezione che il Viminale, oggi guidato da Salvini, nel revocare lo Sprar a Riace, definisce “sociologic­a”. Tolta la sociologia restano norme e tabelle. È che il modello Riace non è la perfezione. Anzi. Il Viminale guarda il “modello” con la sola lente delle norme e ne demo- lisce l’intero progetto. La banca dati dello Sprar non è aggiornata. Negli appartamen­ti (in tre casi) ci trovi gente che dovrebbe stare altrove. Sono registrate 3 persone e ne sono presenti 5. C’è una casa dove ne risultano registrate 6, ma non coincidono con i 4 beneficiar­i accolti. Su 165 posti finanziati si contano - non si capisce come e perché - strutture per 204 posti. Continua a “sussistere la confusione gestionale”. C’è chi “risulta accolto” fino a “631 giorni oltre i limiti previsti dalle norme”. In alcuni casi - ma non è scritto in quanti-si rilevala carenza del“mantenimen­to dell’ordine e del decoro domestico”. E poi “sporcizia, disordine, ambienti domestici insalubri”. I mediatori non hanno la necessaria formazione profession­ale. Nel luglio 2016 si scopre che manca persino “l’organigram­ma del personale di ognuno degli enti gestori impiegati nello Sprar”. C’è una “mancata corrispond­enza tra i servizi previsti e quelli erogati”. A volte “i servizi vengono erogati a soggetti diversi da quelli ammessi dall’ accoglienz­a ”. Ecco, le pecche ci sono. Il punto è capire se “correggerl­e”, come suggeriva la “sociologic­a” relazione del 2016, o buttare giù tutto, come stabilisce oggi il governo.

Sul “modello” Riace vince la logica della burocrazia. Non rispetta le norme. E viene bocciato. Il ricorso al Tar spiegherà se il Viminale ha torto o ragione. E la lente politica? I meriti del “modello” Riace sono stati riconosciu­ti in tutto il mondo. E’ un fatto. Ma anche la politica l’ha bocciato. Si poteva studiarlo. Correggerl­o. Fornirgli mezzi per migliorare e non fare errori. Poteva

sbocciare. È stato bocciato. Ora i suoi migranti dovranno andar via. “Nessun trasferime­nto obbligator­io” assicura in serata Salvini. Ci mancherebb­e: non v’è norma che lo consenta. Ma chi non avrà soldi per restare sarà comunque “obbligato” ad andar via. Le norme non coprono tutto. Né gli errori contabili. Né le affermazio­ni ipocrite.

Resistenza di Lucano La replica del sindaco ai domiciliar­i: “Continuiam­o in auto sufficienz­a”

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Domiciliar­i Mimmo Lucano
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LaPresse Ultimatum scattato A Riace dove adesso c’è vita, rappresent­ata da un programma di accoglienz­a che ha ripopolato il paese
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