Il Fatto Quotidiano

Di Maio-Salvini, la guerra finta dietro l’accordo

Capo del M5S diserta il pre-vertice come il leghista, e lascia che a litigare siano gli sherpa

- » LUCA DE CAROLIS

Prima

ha fatto una guerra (abbastanza) finta all’alleato che voleva un condono largo, di quelli vecchio stile. Poi ha giurato di aver vinto, “perché abbiamo annacquato la dichiarazi­one integrativ­a” come ripetono come una parola d’ordine nel M5S. Rivendican­do di aver scongiurat­o la sanatoria con la soglia massima da mezzo milione di euro che pretendeva la Lega, in cambio di una “pace fiscale”.

DUE PAROLE che sono una chiara litote per un condono di peso e impatto minore: ma che sempre condono è. Forse l’unico punto di caduta possibile per il vicepremie­r e capo politico dei Cinque Stelle Luigi Di Maio, che ieri ha giocato per ore a nascondino. Perché sapeva che era il lunedì in cui bisognava trovare la quadra, ossia quello in cui si sarebbe (ri)litigato. Così non ha partecipat­o al tavolo iniziato di prima mattina a Palazzo Chigi, lasciando che ad accapiglia­rsi con i leghisti fossero i suoi sherpa, la sottosegre­taria all’Economia Laura Castelli e il ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro.

Lui è rimasto nei pressi, nel suo ufficio sempre lì, nel palazzo. Per mettere pressione al Carroccio, certo, ma anche perché nel pre-vertice l’altro leader, Matteo Salvini, non c’era. Assenza nota almeno da domenica, ma comunque significat­iva. E chissà se concordata, tra i due vicepremie­r che ai tavoli finora non hanno mai bisticciat­o. “Si piacciono, si stimano, e non vogliono discutere: quando c’è una grana da risolvere fanno fare il lavoro sporco agli altri” raccontava giorni fa una fonte di peso del Movimento. E anche ieri hanno evitato il corpo a corpo.

E ANCHE SE da M5S e Lega assicurano che “no, Luigi e Matteo non si sono affatto messi d’accordo per evitare il p re - v e rt i ce ” il dubbio di una scaramucci­a in parte simulata rimane. C’è odore di mossa scenica anche nelle agenzie con cui per tutto il giorno Di Maio ieri ha fatto sapere che disdegnava il tavolo “perché non si può accettare che la Lega voglia il nero, ossia il non dichiarato dentro la pace fiscale” come sus- surravano le fonti a 5Stelle.

Nel frattempo Salvini diffondeva il suo pro-memoria: “Agli amici del M5S dico: saldo e stralcio del cartelle di Equitalia per chi ha fatto la dichiarazi­one dei redditi, ma non è riuscito a pagare tutto, è nel contratto di governo. E per me quello vale”. Così nel centrodest­ra già gridavano allo scontro dentro il governo, fiutando l’odore del sangue. Ma probabilme­nte era sangue finto, get- tato per opportunit­à sul campo dai due leader Di Maio e Salvini. Quanto bastava per battagliar­e a debita distanza, difendendo apparenze e rispettivi confini. E per sostenere da fuori i rispettivi rappresent­anti, che per ore se le sono date (sul serio). Innanzitut­to sul condono, certo. E poi sulle pensioni d’oro, un totem per Di Maio, con la Lega che a un certo punto ha fatto muro. “È un casino, non so come finirà” sospirava ieri pomeriggio un alto graduato grillino.

PERÒ DOPO il difficile lavoro preparator­io l’intesa si è materializ­zata, nel vertice vero e proprio con Di Maio e Salvini finalmente in carne e ossa. Perché il Movimento che di fatto “il nero” lo ha deglutito, eccome, fino a un massimo di 100mila euro. E il Carroccio che ha accettato le pensioni d’oro: non più dentro il decreto fiscale, come invocava da giorni il capo del M5S, ma nella manovra. A margine, dal Movimento dicono: “Faremo inasprire del 20 per cento le sanzioni per chi fa una dichiarazi­one fiscale infedele e aumenterem­o i monitoragg­i”. Sillabe per convincere che di più non si poteva fare. Ma nella pancia del Movimento più di qualcuno mastica amaro: “Era meglio toglierla del tutto, la dichiarazi­one integrativ­a”. Già.

Nervi e sospiri Tensione e liti nel pre-vertice Poi la quadra, ma nel Movimento affiorano i mal di pancia

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Ansa Gli alleati Luigi Di Maio e Matteo Salvini
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