Santità Il filo evangelico della povertà che lega Paolo VI al papato di Francesco
PAPA FRANCESCO ha reso ufficiale il riconoscimento della santità che papa Montini praticò in vita, dando inizio alla sociologia del nuovo umanesimo, che si svilupperà fino ai nostri giorni. Desidero ricordare alcuni tratti della sua storia personale dei quali ben pochi si occuperanno. Non potrei non cominciare da quella baracca trasformata in Chiesa dove l'allora arcivescovo di Milano Montini, celebrò la messa di Natale il 25 dicembre del 1955; quel giorno documentò al mondo che la Chiesa è nata tra i poveri ed è destinata ai poveri, ed è la sola voce che può e deve levarsi forte per sostenere i diritti dei più deboli e dei più fragili, di quelli che non hanno voce per farsi sentire. Come arcivescovo, Montini visitò l'America Latina e l'Africa e non si fermò ad ammirare i superbi reperti archeologici dei conquistadores, ma guardò la realtà di uomini sofferenti in mezzo ad altri uomini opulenti ed egoisti; lì dovette maturare la convinzione del nuovo peccato commesso ogni giorno da quanti non vedono nel prossimo bisognoso la presenza di quell'uomo che porta una croce non sua in giro per il mondo. L'esigenza di toccare con mano la miseria che affligge una grande parte del mondo, condusse Paolo VI, eletto al pontificato, a visitare la Chiesa dei poveri in un pellegrinaggio che lo portò, innanzitutto, in Palestina nel 1964, in quella terra travagliata e contesa. Queste esperienze ci indicano le profonde motivazioni che portarono Paolo VI a inserire nella sua enciclica Populorum Progressio gli esempi di uomini che nel silenzio della propria coscienza si erano adoperati con gli altri e per gli altri, come Charles de Foucauld, il martire della donazione al Terzo Mondo; padre Chenu, il grande teologo sostenitore dei preti-operai, che si fracassarono le reni nei miserabili sobborghi fra algerini e italiani sfruttati dalla grande industria, e ancora padre Lebret, che consacrò il suo genio al servizio dei popoli del Vietnam, del Senegal e del Nord-Est del Brasile. ROSARIO AMICO ROXAS GENTILE Roxas, mi dispiace aver dovuto effettuare alcuni tagli alla sua bella lettera su Paolo VI, nuovo santo del cattolicesimo. Il senso delle sue righe è fin troppo chiaro: tra la Chiesa di Francesco e quella di papa Montini, morto nel 1978, c’è il filo evangelico degli ultimi e dei poveri. L’umanesimo di cui lei parla è però al centro della battaglia che si sta consumando in questi anni dentro il Vaticano. Contro Bergoglio, come già contro Montini, sono entrati in servizio gli oppositori della destra clericale e farisea, vicini ai sovranisti anti-migranti, che vogliono inchiodare i fedeli alla sola Dottrina perdendo di vista la misericordia e la carità. Ma, come diceva l’apostolo Paolo, tra le virtù teologali la più grande è la carità. FABRIZIO D’ESPOSITO