Rissa Salvini-Di Maio, ma la Lega arretra: il colpo di spugna sparirà
Manina Salvini rinuncia alla sanatoria ma insiste: “Di Maio sapeva” Il 5Stelle: “Non passo per bugiardo”. E i suoi ce l’hanno con Giorgetti
Almeno su un fatto Luigi Di Maio e Matteo Salvini sono d’accordo: il governo non cadrà sul condono fiscale. Però resta da capire il prezzo per non farsi male. Ed è l’interrogativo che incombe su una (quasi) certezza: la norma che ha fatto vacillare l’alleanza sarà cancellata oggi a Palazzo Chigi, dove di prima mattina ci sarà un pre-vertice di governo, nei piani chiarificatore, e poi il Consiglio dei ministri alle 13. Lo garantisce il leader leghista durante l’ennesima diretta Facebook: “A me del condono non frega un accidente, questo governo non salta. Non ho intenzione di fare un regalo al Pd, agli speculatori di Bruxelles”.
È già qualcosa, rispetto a quello che lo stesso Salvini sosteneva ieri nelle interviste su Messaggero eStampa. Nelle quali il condono era ancora “una misura di buonsenso” e “il testo non sarà cambiato”. Il Capitano rinuncia. E Di Maio benedice: “L’esecutivo deve andare avanti con il massimo della forza”.
SU TUTTOil resto, però, i due leader parlano lingue diverse. Il leghista non vuole “passare per scemo”, il 5stelle non vuole “passare per bugiardo”. Sulla famigerata “manina” che avrebbe infilato la norma incriminata, i due continuano ad accusarsi. Salvini sostiene: “C’erano due persone protagoniste di quel Cdm. Il presidente Conte leggeva e Di Maio verbalizzava. Passare per amici dei condonisti proprio no”. Di Maio ha un’altra versione: “Non ci sto a passare per distratto. Nel Cdm non si legge un provvedimento norma per norma, Conte ha enunciato solo i principi generali. Non è stato letto il comma 9 con il condono penale per gli evasori, né è stato detto che c’erano delle norme che favorivano l’evasione con fondi all’estero”.
In mezzo ai due uomini forti dell’esecutivo, Giuseppe Conte prova a tenere insieme i pezzi. Dando ragione un po’ all’uno e un po’ all’altro. “Salvini – spiega il premier – non dice il falso quando sostiene che ero io a leggere il testo del decreto fiscale in Cdm”. Ma è nel giusto pure Di Maio: “Quella arrivata nel corso del Consiglio era una prima traduzione normativa dell’accordo politico”. E poi la norma contestata “è stata aggiunta all’ultimo e io l’ho riassunta in termini politici, poi sulla traduzione tecnica si può sempre intervenire”. Insomma, il premier fa da scudo. Tra i due partiti di maggioranza però tira aria pesante (e per la prima volta – come si vede nel grafico accanto – entrambi calano nei sondaggi).
La Lega rinuncia al condono, ma ora pretende di passare all’incasso sui suoi totem. A iniziare dal decreto Sicurezza, su cui Salvini teme imboscate: “I 5Stelle hanno presentato 81 emendamenti, non è normale”, lamenta il ministro. Per continuare con la legittima difesa, con una battuta allusiva di Nicola Molteni, braccio destro di Salvini al Viminale: “Martedì inizia l’iter al Senato, siamo certi che non ci saranno scherzi da parte di avversari e alleati”.
NEL MOVIMENTOla linea invece è tentare di separare i leghisti “buoni” da quelli “cattivi”. Non a caso i sottosegretari Laura Castelli e Stefano Buffagni hanno parole distensive per Salvini. La prima parla a Repubblica: “Il ministro sta conducendo un enorme lavoro sulla lotta alle mafie”. Il secondo, all’Huffington Post: “Ho apprezzato molto il gesto di Salvini (il sì al ritiro del condono penale, ndr”).
Interviste che devono abbassare la temperatura, certo. Ma che vogliono anche dividere il leader dagli altri maggiorenti del Carroccio, a partire dal sottosegretario a Palazzo Chigi Giancarlo Giorgetti e dal sottosegretario all’Economia Massimo Garavaglia. “Sono legati a Maroni, e con questa forzatura sul condono volevano dare un segnale all’elettorato di Silvio Berlusconi” è la tesi dei piani alti del Movimento. Dove restano convinti che Giorgetti, l’avversario, si sia mosso senza informare il leader. “E d’altronde Salvini non legge le carte, quindi non poteva capire il gioco” insistono. Mentre c’è chi teorizza anche il piano di guerra in caso di improbabile naufragio dell’alleanza: “Ci provassero a rompere tutto: a quel punto faremmo una campagna elettorale tutta contro la Lega che con il condono favorisce le mafie e i peggiori delinquenti”.
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LUIGI DI MAIO