Il Fatto Quotidiano

“Troppo deficit”, l’agenzia Moody’s declassa il debito

Ora l’Italia è a un gradino dal livello “spazzatura”

- » STEFANO FELTRI

Lo spread arriva fino a 340 poi scende. Ma a mercati chiusi arriva l’atteso verdetto che contesta il “cambio di strategia sul bilancio” e le stime di crescita

Il temuto e atteso declassame­nto del debito italiano arriva a tarda sera: l’agenzia di rating Moody’s taglia il giudizio di affidabili­tà dell’Italia da Baa2 a Baa3, con outlook, cioè previsione sul futuro, stabile. Quindi non dà già per scontate altre riduzioni imminenti. La motivazion­e della bocciatura è tutta politica: il taglio del giudizio è legato a un “cambio concreto della strategia di bilancio, con un deficit significat­ivamente più elevato”. All’aumento del disavanzo, osserva Moody’s, non corrispond­e una “c o erente agenda di riforme per la crescita”, e questo “implica” che la crescita rimarrà bassa. E dunque il debito, che non scende, è meno sostenibil­e.

L’ITALIA È così ora soltanto una tacca sopra il cosiddetto “investment grade” nella scala di Moody’s, appena sopra la soglia che permette di portare in garanzia i titoli italiani alla Banca centrale europea. Se tutte le quattro agenzie di rating principali dovessero portare il loro giudizio sotto quel livello, e basta un altro declassame­nto, il mercato per il debito pubblico entrerebbe in crisi. Molti investitor­i come i grandi fondi pensione dovrebbero vendere tutti i titoli in portafogli­o. E non è escluso che qualcuno cominci già ora, dopo il primo declassame­nto di Moody’s cui seguiranno, come accade di solito, anche quelli di Standard & Poor’s, Fitch e magari anche della più clemente Dbrs.

Le conseguenz­e sui tassi di interesse pagati dal Tesoro si vedranno presto. Intanto il problema sono le banche italiane: il loro destino è legato a quello del debito pubblico italiano, ogni fiammata dello spread si trasferisc­e in una picconata al valore di Borsa degli istituti di credito. E ieri lo spread è arrivato a toccare valori che non si vedevano dal 2013, due anni prima che la Banca centrale europea avviasse il suo programma di acquisti straordina­ri di debito pubblico tuttora in corso: in mattinata la differenza di rendimento tra titoli italiani a 10 anni e titoli tedeschi di pari durata è arrivata a 340 punti per poi scendere a 301.

I mercati sono molto reattivi allo scontro con la Com- missione europea sulla legge di Bilancio: da settimane gli investitor­i sono convinti che la bocciatura della manovra possa essere l’inizio di una fase conflittua­le che potrebbe mettere a rischio anche la permanenza dell’ Italia nell’euro. Il commissari­o agli Affari economici, Pierre Moscovici, attende la lettera che il ministro del Tesoro, Giovanni Tria, deve mandare entro martedì per rispondere ai rilievi di Bruxelles (“deviazione senza precedenti” dagli obiettivi di riduzione del debito). Nessuno si aspetta che il governo cambi i nume- ri. “Se lo spread arriva a 350 perché questi litigano è un pro blem a”, dice il vicepremie­r Matteo Salvini. Ma non sembrano le tensioni sul decreto fiscale ad allarmare gli investitor­i. Chi scommette al ribasso si è preparato nei giorni scorsi e da lunedì ripartirà all’attacco.

LA SCELTA DEL GOVERNO

Conte di abbandonar­e gli impegni di riduzione del debito che, pur con mille flessibili­tà e compromess­i, erano stati rispettati dagli esecutivi precedenti, fa apparire ora il nostro debito complessiv­o meno sostenibil­e, i mercati chiedono quindi un tasso d’interesse più alto, questo ha l’effetto di ridurre il valore dei titoli di Stato già in pancia alle banche, cosa che riduce la loro solidità patrimonia­le. Lo spiega l’agenzia di rating Fitch in un report diffuso ieri. Le banche italiane hanno titoli di Stato in bilancio per quasi due volte il loro patrimonio di vigilanza (Cet1). Ma questo è un valore medio, c’è chi è poco esposto (Mediobanca, 40 per cento del Cet1) e chi è esposto moltissimo, come la Banca Popolare di Sondrio (titoli italiani pari a 3 volte e mezzo il patrimonio di vigilanza). Il guaio è che le banche reagiranno tenendosi quei titoli ancora più stretti: secondo le previsioni di Fitch, li passeranno dalla categoria Hold to sell ( c io è pronti per la vendita) a Hold to

collect (da tenere) per evitare di dover aggiornare il valore ai prezzi di mercato.

Ogni 100 punti di spread aggiuntivi comporta comunque una riduzione del coefficien­te Tier1 che va da 8 a 80 punti, secondo i calcoli di Fitch. Questo si ripercuote in prima battuta sul valore di Borsa: le principali banche quotate hanno perso, nell’ultimo mese, tra il 15 e il 20 per cento della loro capitalizz­azione.

“L’ulteriore crescita dello spread peggiora le prospettiv­e degli equilibri dei conti pubblici e complica le attività produttive tutte e gli investimen­ti delle famiglie e delle imp r e se ”, avverte Antonio Patuelli, presidente d el l ’ Abi, l’a ss ociazione delle banche italiane. Il tasso dei mutui variabili, dal quale dipendono le rate di milioni di italiani, non è agganciato direttamen­te al l’an dame nto dello spread. Ma molti istituti reagiranno alla perdita di valore dei titoli di Stato in bilancio con un aumento del loro spread, cioè del ricarico che mettono sul tasso di mercato alla base delle rate dei nuovi prestiti. Per aumentare i ricavi, a spese dei clienti, ovviamente.

La bocciatura Contestato “un cambio di strategia sul bilancio”. Il punto debole adesso sono le banche

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LaPresse Sotto esame Moody’s è la prima tra le tre grandi agenzie a rivedere in negativo il giudizio sull’Italia
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