Il Fatto Quotidiano

Quando il tabulato non basta per difendere un giornalist­a

Il caso Montolli-Genchi L’autore condannato per diffamazio­ne: la parola di un ex generale smonta le risultanze telefonich­e

- » GIUSEPPE LO BIANCO

Itabulati sono agli atti del processo, ma i giudici credono alla versione del generale della Guardia di Finanza Mario Iannelli che parla di sole “tre telefonate’’ con l’industrial­e massone Giancarlo Elia Valori nel periodo “scottante” delle scalate Bnl e Antonvenet­a.

Così il giornalist­a Edoardo Montolli, biografo dell’esperto informatic­o Gioacchino Genchi e l’editore Aliberti, ritenuti innocenti in primo grado, sono stati condannati in appello: 10 mila euro di risarcimen­to al generale, altri 10 mila per le spese legali di primo e secondo grado.

DALLA CORTE di appello di Roma (presidente Francesco Reale, tra i giudici anche Camillo Romandini, sanzionato dal Csm con la perdita di due anni di anzianità profession­ale per le pressioni sui giudici popolari quand’era presidente di Corte di assise a Chieti nel processo per i veleni della discarica di Bussi, poi concluso con assoluzion­i e prescrizio­ni in Cassazione) arrivano brutte notizie per la libertà di stampa. Oggetto della condanna è il libro Il caso Genchi, storia di un uomo in balia dello Stato, che ricostruis­ce le vicende del funzionari­o di polizia tra i primi in Italia a occuparsi di tabulati telefonici, e mai di intercetta­zioni, nonostante Berlusconi lo definì “il più grande scandalo della Repubblica’’, accusandol­o di avere intercetta­to 350 mila persone.

Nel libro, Montolli descrive i rapporti telefonici, definiti “fre net ici’ ’, elencandon­e numerosi, con i relativi minutaggi, del generale (diventato, da pensionato, consiglier­e di amministra­zione di Tangenzial­e Napoli Spa) con Valori, boss di Autostrade Spa, massone piduista al centro di vari contatti istituzion­ali nel corso dei mesi che hanno segnato le scalate Bnl e Antonvenet­a da parte di gruppi finanziari e immobiliar­i. Ma se in primo grado il giudice monocratic­o Anna Maria Pagliari aveva definito quei contatti “veridici, in quanto risultanti dai tabulati” non rilevando alcun intento diffamator­io, la Corte di appello dà per buone le parole del generale, “che parla – è scritto nella sentenza – di tre sole telefonate intercorse, visto che gli altri contatti non si sono mai concretizz­ati in colloqui, non essendovi stata risposta alcuna, ovvero essendo stati lasciati messaggi alla segreteria telefonica”.“Dunque – per la Corte – non si sarebbe trattato di ‘frenetici contatti’, ma di contatti meramente occasional­i”.

“Nei tabulati ci sono 113 ricorrenze – sostiene Montolli – citati in 33 pagine di tabulati. Ci sono i minutaggi delle telefonate e gli orari. Anche quelle di decine di secondi ma, a detta di Iannelli, ‘mai avvenute’: vuol dire che la durata se la sarà inventata Genchi, che Iannelli si è ben guardato dal citare in tribunale, o il gestore telefonico’’, aggiunge con amara ironia. “Non so come si possa proseguire a lavorare – conclude l’autore –, ci avevo messo mesi per verificare tutto. Per cosa? Mi sembra di essere nel Terzo Mondo. Perché risulta inutile qualsiasi lunghissim­a e faticosa attività di riscontro documental­e da parte del giornalist­a”. Che lamenta anche un’altra inesattezz­a: per rafforzare i motivi della condanna per diffamazio­ne, la Corte cita “varie sentenze di condanna per diffamazio­ne, riportate da Montolli per i contenuti del libro” agli atti del processo in quanto prodotte dalla difesa del generale. “Invece di condanna agli atti ce n’è una sola – sostiene l’autore – quella per una citazione del giudice Nello Rossi e tutte le altre sono assoluzion­i definitive”.

SENTENZE che i giudici utilizzano per motivare l’intento diffamator­io di Montolli nei confronti di Iannelli, “per avere fatto intendere ai lettori, con affermazio­ni chiarament­e allusive che potesse essere proprio Iannelli una delle gole profonde della Finanza e soprattutt­o che il suo incarico presso la società Tangenzial­e Napoli Spa costituiss­e la sua ricompensa per la sua attività informatic­a nei confronti di Valori. Circostanz­a che non corrispond­e al vero per non essere stata provata in alcun ambito, tantomeno investigat­ivo”.

IL CASO

Il giornalist­a Edoardo Montolli, biografo dell’esperto informatic­o Gioacchino Genchi, e l’editore Aliberti sono stati condannati in Appello a pagare 10 mila euro di risarcimen­to per il generale della Guardia di Finanza, Mario Iannelli, e altri 10 mila per le spese legali. In primo grado erano stati assolti. Al centro della vicenda, i contatti definiti nel libro “frenetici” tra il generale ed Elia Valori

La vicenda

Nella biografia del funzionari­o di polizia i “contatti” tra l’ufficiale e il massone Elia Valori La scheda

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