Il Fatto Quotidiano

Condono, dubbi per lo scudo sulle frodi fiscali

Nel testo finale niente sanzioni penali per chiusa la dichiarazi­one integrativ­a per scudare dichiarazi­oni fraudolent­e e false fatture. Ambigua la norma sul riciclaggi­o

- » LUCIANO CERASA

Nel decreto fiscale la prima certezza è l’assenza delle norme sul carcere per gli evasori promesse da Luigi Di Maio e Matteo Salvini e previste anche dal Contratto di governo. E proprio Di Maio ieri mattina ha promesso di riparare: “Entro il prossimo anno sarà approvata in Parlamento la legge che prevede il carcere per gli evasori. Parola mia”. E la modalità, come anticipato ieri dal Fatto,“sarà un emendament­o al disegno di legge spazzacorr­otti”. Ma la normativa è tutta da costruire, ammettono dal Movimento. Anche se i primi sussurri raccontano dell’intenzione di aumentare le pene e nel contempo di abbassare le soglie di punibilità.

NEL FRATTEMPO, però, nel testo finale del decreto fiscale emergono nuovi regali agli evasori. Un altro baco si annida ancora nella riformulaz­ione dell’articolo 9 che riguarda proprio il comma della depenalizz­azione dei reati tributari, oggetto della dura e pubblica reprimenda del vicepremie­r Di Maio indirizzat­a agli alleati di governo. Nel decreto si legge che chiunque si avvarrà della procedura (la cosiddetta “integrativ­a” sulle dichiarazi­oni dei redditi già fatte) per far emergere attività finanziari­e e patrimonia­li, denaro e valori provenient­i da reati, sarà sanzionato. E fin qui i 5stelle sono accontenta­ti. Ma il comma in questione, con una formulazio­ne ambigua, prevede anche due importanti eccezioni che sanano di fatto i reati di falsa fatturazio­ne e dichiarazi­one fraudolent­a, esplicitam­ente esclusi dal regime sanzionato­rio previsto nel testo. Insomma, stando alla formulazio­ne, si potrà usare l’integrativ­a per sanare le frodi fiscali e le false fatturazio­ni. C’è poi un altro giallo. Il linguaggio criptico, zeppo di riferiment­i di legge, sembrerebb­e escludere la possibilit­à di far emergere somme riciclate o autoricicl­ate attraverso una falsa fatturazio­ne. Ma la relazione tecnica appare più generica e sembra limitarsi agli altri reati, escluse le frodi. Certamente un punto da rivedere nell’esame parlamenta­re. Secondo quanto il Fatto ha potuto verificare da fonti autorevoli di governo il comma sarebbe il prezzo pagato alla Lega per permettere di dare alla luce uno dei provvedime­nti intorno ai quale ruotano i destini del Contratto di governo e della stessa coalizione. I 5stelle hanno ottenuto che saltasse lo scudo sui capitali all’estero e la sanatoria per diversi reati ma probabilme­nte hanno dovuto accettare un compromess­o sulla frode fiscale e le false fatture oppure, complice la formula davvero complicata, non si sono accorti che un condono su queste fattispeci­e è rientrato dalla finestra nel lavoro a Palazzo Chigi, dove siede il sottosegre­tario Giancarlo Giorgetti (Lega).

A DISTANZAdi 16 anni dal condono tombale del 2002 con il decreto fiscale gialloverd­e promulgato dal Quirinale, torna anche per l’erario l’incubo della prima rata “libera tutti”. L’ormai famoso (o famigerato) articolo 9, quello che permette di presentare dichiarazi­oni “integrativ­e” a persone fisiche e società per far riemergere il “nero” godendo di un’aliquota super agevolata, riconosce infatti al dichiarant­e il pieno diritto di avere tutte le agevolazio­ni offerte dal condono a decorrere “dal momento del versamento di quanto dovuto in unica soluzione o della prima rata”. La paternità dello storico cavillo che ha permesso già in passato al vasto popolo delle cartelle esattorial­i di risparmiar­e, con un piccolo versamento, miliardi di imposte e sanzioni – in quel caso di farsi anche depenalizz­are i reati tributari – rimandando i pagamenti sine die, è del ministro dell’Economia del governo Berlusconi, Giulio Tremonti. Da allora la Corte dei Conti è ancora costretta ogni anno, nel suo Rapporto sul bilancio dello Stato, a riportare la differenza tra quanto dichiarato e quanto versato da coloro che aderirono all’antica sanatoria. Il decreto prevede che sul maggior imponibile integrato, per ciascun anno di imposta, si applichi “s en z a sanzioni, interessi e altri oneri accessori” un'imposta sostitutiv­a applicando sul maggior imponibile un'aliquota del 20%. Un bel guadagno rispetto al 43% che si sarebbe dovuto pagare sui 100 mila euro sottratti al fisco. Basta versare poi la prima delle dieci rate previste e sei debitore per sempre per l’Agenzia delle Entrate solo di un quinto dell’imponibile “emerso”. La differenza verrà richiesta con l’emissione di una nuova cartella.

LA STESSA concession­e viene prevista all’articolo 2 del decreto, per quanto riguarda la definizion­e agevolata dei processi verbali, normalment­e redatti durante un controllo dalla Guardia di Finanza o dagli ispettori dell’Agenzia delle Entrate. Non un problema interpreta­tivo ma ancora una norma “favor rei” si annida nella terminolog­ia con cui è stato confeziona­to il condono più popolare tra i nove contenuti nel decreto: lo stralcio delle cartelle fino al 2010 sotto i mille euro. Il beneficio massimo totale non si somma in capo al contribuen­te ma al “singolo carico” Anche se si è intestatar­i di tante cartelle, ciascuna di importo sotto i mille euro, si possono stracciare tutte, pure se emesse dallo stesso ente, da amministra­zioni diverse e per differenti anni.

I tanti favori Come nel 2002 basterà pagare la prima rata per ottenere i vantaggi

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Ansa A destra, Giancarlo Giorgetti
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