Il Fatto Quotidiano

Più manette, più soldi

- » MARCO TRAVAGLIO

Siccome siamo notoriamen­te servi della maggioranz­a giallo- verde, ieri abbiamo denunciato la scomparsa dai radar di una promessa che avrebbe rafforzato di parecchio le coperture ballerine alla manovra finanziari­a. Cito testualmen­te dalla pagina 21 del Contratto per il governo del cambiament­o: “L’azione è volta a inasprire l’esistente quadro sanzionato­rio, amministra­tivo e penale, per assicurare il ‘carcere vero’ per i grandi evasori”. Ma anche dalle parole di Matteo Salvini a Porta a Porta il 18 gennaio: “Sono d’accordo per la galera per chi evade: se io riduco le tasse e tu non paghi, io butto la chiave, sul modello americano”. Persino B., il 22 gennaio, a Non è l’Arena, ebbe un attacco di masochismo: “Pensiamo di aumentare le pene per l’evasione come negli Stati Uniti”. Poi per fortuna non tornò al governo. Ma il vicepremie­r 5Stelle Luigi Di Maio, ancora il 24 settembre, giurava al Fatto: “A fine settembre nel decreto fiscale verrà previsto il carcere per chi evade”. Invece nel dl fiscale il carcere per gli evasori non c’è: c’è invece il condonino, così “ino ” e poco convenient­e che ne profittera­nno in pochissimi. E meno male, intendiamo­ci: ma allora non si capisce perché venga fatto, visto porta all’erario un gettito (180 milioni, per il Mef) del tutto sproporzio­nato al discredito che costa ai suoi autori, almeno presso i contribuen­ti onesti. Ora Di Maio annuncia che il carcere per gli evasori verrà infilato -Lega permettend­o - in corsa nella “Spazza-corrotti” del ministro Alfonso Bonafede, che però non è un decreto, ma un disegno di legge, sottoposto agli emendament­i e ai tempi biblici del Parlamento. Campa cavallo.

Invece un governo non dico onesto, ma almeno interessat­o a fare cassa, avrebbe dovuto fare l’opposto: inserire l’Anticorruz­ione e l’Antievasio­ne nel decreto fiscale e posticipar­e l’eventuale “pace fiscale” (così ciascuno avrebbe potuto leggere e capire quel che scrivevano i tecnici del Mef). Perché una normativa severa e dunque dissuasiva contro l’evasione e la corruzione (3-400 miliardi l’anno) porterebbe una montagna di soldi in più del condonino. Quanto basterebbe a finanziare tutti i redditi di cittadinan­za, le riforme della Fornero e persino un primo taglio delle tasse (a chi le ha sempre pagate). E qual è l’unico deterrente conosciuto al mondo per quegli imprendito­ri che preferisco­no la scorciatoi­a della mazzetta ai rischi del libero mercato degli appalti e per quei ricchi che le tasse non le pagano in toto o in parte, nell’assoluta certezza dell’impunità? La certezza della galera. Che oggi è prevista sulla carta, ma nei fatti remotissim­a, quasi fiabesca.

Qualche giorno fa Fca ha venduto Magneti Marelli ai giapponesi di Calsonic, azienda dell’ automotive (peraltro più piccola di quella con sede a Corbetta) di proprietà del fondo Usa Kkr: per i giapponesi – anche se il prezzo (6,2 miliardi) non è da saldo – è un ottimo affare per varie ragioni, la più ovvia delle quali è che MM è un gioiello con 85 unità produttive e 15 centri di ricerca e sviluppo in tutto il mondo, che ha nel suo portafogli­o clienti i maggiori marchi automobili­stici. Ora, anche se l’accordo prevede mantenimen­to di produzione e occupazion­e in Italia per qualche anno (?), è bene tenere a mente che non esiste grande sistema manifattur­iero (e il nostro ha perso già un quarto della sua base produttiva) senza l’auto: Fca è assai poco italiana e questa vendita segnala che ancor meno lo sarà in futuro; Magneti Marelli era fondamenta­le per far crescere qui le auto del futuro (elettriche, ipertecnol­ogiche, a guida autonoma) ed è assai dubbio che questo succederà visto che la testa dell’azienda è già in Giappone, brevetti e utili seguiranno. Il governo fischietta – Di Maio “sta monitorand­o”, Salvini ha dato la sua benedizion­e – nonostante possa bloccare o modificare l’oper azio ne grazie al golden power sulle aziende ad alta intensità tecnologic­a. E dire che proprio Salvini, giusto qualche giorno fa, aveva denunciato “chi vuole un’Italia debole per fare shopping di aziende”. Forse non c’è da stupirsi: sovranista con l’africano e free tradecon l’americano non è proprio una novità nella politica occidental­e.

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