Il Fatto Quotidiano

Diamanti, così finisce l’opaco business di banche e broker

- » NICOLA BORZI

L’inchieste penali in corso: la Procura di Milano indaga per truffa nel collocamen­to delle pietre Antitrust ha “a s s o l t o” Ubi (l’ultima grande banca rimasta sub judice) e il broker Diamond Love Bond (Dlb) per il collocamen­to dei diamanti ai clienti bancari, ma ha stabilito una revisione obbligator­ia delle loro regole commercial­i. L’Autorità ha così fissato per la prima volta i “paletti” commercial­i che diventano regola per l’intero settore. Intanto continua il minuetto degli altri istituti di credito sui rimborsi chiesti da migliaia di risparmiat­ori ai quali negli anni hanno venduto diamanti “da investimen­to” proposti dai due intermedia­ri leader del settore, Idb e Dpi, pesantemen­te multati dall’Ag cm insieme alle banche per pratiche commercial­i scorrette.

IL COLLOCAMEN­TO di diamanti come “beni di investimen­to” ai clienti bancari è esploso durante la crisi finanziari­a del 2008 grazie a un vuoto legislativ­o: l’acquisto di pietre non è “investimen­to finanziari­o” ma un’operazione commercial­e come un’altra. Se il contratto non indica un rendimento (l’eventuale guadagno è semplice plusvalenz­a) o un impegno di riacquisto (ma solo disponibil­ità a rivendere le pietre entro data certa) né Consob né Bankitalia possono vigilare. Grazie a questa scappatoia, negli anni sono sorte decine di aziende specializz­ate che hanno inondato di proposte di acquisto di pietre i clienti bancari: le banche “spingevano” i diamanti agli sportelli ricevendo in cambio commission­i spesso superiori al 10% dell’importo venduto. Una stima prudente considera che negli ultimi 15 anni le banche e i due principali broker abbiano piazzato pietre per almeno 2 miliardi.

Con la decisione pubblicata lunedì a chiusura dell’istruttori­a sui diamanti venduti da Dlb attraverso Ubi, l’Autorità ha recepito gli impegni di Dlb e di Ubi. L’Autorità ha sancito che la posizione delle due società era diversa da quelle dei concorrent­i: sia il broker che la banca non hanno fornito servizi di ricollocam­ento delle pietre, hanno evidenziat­o ai clienti i rischi di prezzo e di liquidità dell’investimen­to e i costi e servizi inclusi nel prezzo, come la commission­e che Dlb paga alla banca (15-20%) i cui bancari curavano l’intero processo di vendita.

Entro 60 giorni il broker modificher­à le comunicazi­o- ni informando i clienti il diamante è un bene di consumo e non prodotto finanziari­o e che non è corretto parlare di rendimento, come pure che la rivendita potrebbe richiedere molto tempo, predispone­ndo un’informativ­a che sarà consegnata al cliente prima della vendita, in alcune clausole del contratto di acquisto e nella brochure. Inoltre terrà corsi di formazione ai funzionari di Ubi che venderanno i diamanti e rimborserà i costi applicati ai clienti che hanno esercitato il recesso.

Ubi si impegna invece a controllar­e il comportame­nto dei propri funzionari per far rispettare il Codice del Consumo e offrirà diamanti solo ai clienti con un portafogli­o superiore ai 100 mila euro per valori non superiori al 5 per cento del patrimonio complessiv­o. L’Antitrust ritiene che questi impegni “assicurano un’adeguata tutela dei consumator­i ai quali viene fornita una trasparent­e e completa in fo rma zio ne ”. L’Agcm ha quindi chiuso il procedimen­to senza accertare infrazioni.

Il 30 ottobre 2017, l’Antitrust aveva già inflitto pesanti sanzioni per le modalità di offerta dei diamanti da investi- mento “gravemente ingannevol­i e omissive”: 9,35 milioni al canale Intermarke­t Diamond Business- Idb ( 2 milioni al broker, 4 a UniCredit e 3,35 a Banco Bpm), 6 milioni al canale Dpi (un milione al broker, 3 a Intesa Sanpaolo, 2 a Mps). Ma queste banche, nonostante i rischi legali e reputazion­ali, si muovono in ordine sparso. Secondo l’associazio­ne di consumator­i Aduc c’è chi rimborsa tutto e subito (Intesa Sanpaolo), chi prima ha promesso rimborsi integrali e poi ha fermato tutto (UniCredit), chi si dice pronto a rimborsare ma attende l’autorizzaz­ione della Questura al riacquisto delle pietre (Mps) e chi avvia trattative caso per caso offrendo rimborsi al 60% del valore investito (Banco Bpm).

SU QUESTE VICENDE sono in corso anche due inchieste penali. La Procura di Milano indaga per truffa nel collocamen­to delle pietre. Il broker Idb è poi sotto indagine per associazio­ne a delinquere, circonvenz­ione di incapace, falso, peculato e persino sequestro di persona. I magistrati, che hanno azzerato gli organi societari, indagano sui trasferime­nti di quote societarie in- testate attraverso un trust alla fondatrice di Idb, Antinea Massetti De Rico (in stato vegetativo dal 2011) e a suo marito, Richard Edward Hile, entrambi deceduti nel 2017. Nei mesi scorsi gli inquirenti hanno sequestrat­o 70 milioni tra conti correnti e azioni conferite all’Hile Trust. Il 14 maggio, il presidente e amministra­tore delegato di Idb, Claudio Giacobazzi, è stato trovato morto in un hotel di Reggio Emilia. Nel 2005 Idb era stata oggetto di un fallito tentativo di infiltrazi­one della ’ndrangheta, scoperto al giudice Guido Salvini di Milano nel 2008.

La reazione dei clienti pesa sui bilanci 2017 di Idb e Dpi, che hanno visto crollare i ricavi (Idb da 130 a 3,5 milioni, Dpi da 286,4 a 2), con il tracollo dei risultati (Dpi è passata da un utile di 40,1 milioni nel 2016 a una perdita di 5,6, Idb da 5,4 milioni di utile a 15,7 di perdite). Idb ha in deposito pietre dei clienti per un valore di 641 milioni (erano 672 a fine 2016). L’ultima incognita è la decisione del Tar del Lazio che deve pronunciar­si nel ricorso dei broker contro le multe dell’Antitrust.

La furbizia giuridica

Se il contratto non indica un rendimento o un impegno di riacquisto né Consob né Bankitalia possono vigilare

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