Il Fatto Quotidiano

Inpgi, la cassa piange: la dismission­e è un flop

L’Istituto di previdenza dei giornalist­i ha incassato un terzo del previsto dalla vendita degli immobili

- » LUCIANO CERASA

Ancora brutte notizie per le esangui casse dell’Istituto di previdenza dei giornalist­i italiani (Inpgi). La vendita del patrimonio immobiliar­e dell’Istituto, secondo la denuncia del Siai (il sindacato degli inquilini dell’Inpgi federato con il Sunia), si sta rivelando un flop: al 4 ottobre erano stati fatti rogiti per soli 150 milioni, meno di un quarto rispetto all’obiettivo di 650 milioni entro il 2020. Incasso lontano anche dai 213 milioni di euro, l’obiettivo della prima delle quattro tranche di immobili messi sul mercato. E la quinta tranche, appena decisa per cercare di salvare il salvabile, non cambierà il quadro: i nuovi appartamen­ti hanno un valore complessiv­o di 75 milioni. “Se si fossero seguite le indicazion­i del sindacato, l’Inpgi avrebbe venduto ben di più, a vantaggio del suo bisogno urgente di liquidità; ma sono stati messi in vendita alloggi a prezzi in molti casi lunari, in altri incoerenti tra zona e zona e quasi sempre poco trasparent­i”, dichiara a il Fatto il presidente del Siai, Corrado Giustinian­i. Tra i fallimenti più clamorosi, quello dell’area attorno a via Cortina d’Ampezzo, a Roma, dove su 122 alloggi, soltanto 14 sono stati comprati dagli inquilini. Le organizzaz­ioni degli affittuari delle abitazioni (solo in parte occupate da giornalist­i) avevano proposto di prendere come riferiment­o la media dei valori di mercato Omi-Agenzia delle Entrate e su questi accordare uno sconto del 30% agli inquilini. Investire (gestore del Fondo Inpgi) ha invece imposto una media tra la quotazione Omi e quella di Scenari Immobiliar­i (dalle valutazion­i più alte), con uno sconto del 25% per gli affittuari.

“DOVE I PREZZI praticati agli inquilini risultavan­o in linea con quelli dell’Omi – osserva Giustinian­i – l’operazione ha avuto successo, come a Milano, Bari e per alcuni immobili di Roma”. Per gli inquilini delle case rimaste invendute che non volevano o potevano comprare, il sindacato ha ottenuto rinnovi contrattua­li della durata di 8 anni che hanno evitato un bagno di sangue per le famiglie, ma hanno di riflesso ingessato la possibilit­à di vendere gli immobili sul mercato libero. E la crisi del mattone di questi anni ha fatto il resto. La decisione del cda Inpgi di av- viare le dismission­i è del 14 giugno del 2016. Si prevedeva di individuar­e gli immobili da cedere in base a precise caratteris­tiche, quali, ad esempio “un valore unitario non superiore a 500 mila euro”. Invece, a prezzi superiori, sono stati messi in vendita vari gioielli di famiglia a Roma: dall’immobile di via Novelli, sul quale l’Inpgi aveva appena speso molti soldi per realizzare un “cappotto termico”, ai palazzi di Piazza della Torretta e di Vicolo san Celso. Ai sindacati a- vevano poi assicurato, nel 2016, che gli immobili in vendita sarebbero stati restituiti al mercato dell’affitto, qualora almeno il 40% degli inquilini non avesse aderito alla proposta d’acquisto. E questo per evidenti ragioni economiche: se gli inquilini non comprano, sarà più difficile che terzi acquistino l’immobile affittato, venduto al 25%. Al contrario, Inpgi e Investire hanno deciso di proseguire nella vendita, anche quando gli acquirenti erano meno del 10%. Intanto, il patrimonio dell’Inpgi, da circa 2.000 alloggi del 2016, tutti in affitto, si è ridotto a circa 500 unità. Il resto è in vendita. Non è solo in gioco il destino degli inquilini, ma anche la sopravvive­nza dell’Inpgi, falcidiato dagli “stati di crisi” e per il quale un’iniezione di liquidità sarebbe vitale per continuare a pagare le prestazion­i ordinarie. I valori immobiliar­i sovrastima­ti hanno permesso di riportare in bilancio plusvalenz­e, tali solo sulla carta, che sono servite a coprire perdite di gestione elevatissi­me. Ma l’ultimo bilancio ha registrato per la prima volta uno squilibrio di oltre 100 milioni e il prossimo non si preannunci­a migliore.

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Ansa Occasione mancataLa sede dell’Istituto di previdenza dei giornalist­i italiani a Roma

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