Il Fatto Quotidiano

Con la cultura si mangia, vero! Ma in pochi e non sempre sazi

FRASI FATTEPaola Dubini, economista della Bocconi, smonta punto per punto le credenze sbagliate su arte, letteratur­a, musica e cinema che impediscon­o loro di crescere

- » PAOLA DUBINI

Ci sono frasi che non mi convincono. Una è “l’Italia ha il 60% del patrimonio culturale mondiale”. Falso! Chi si è messo a contare il patrimonio culturale del mondo e a elaborare statistich­e? Nessuno. E se anche l’avesse fatto, come farebbe i confronti? Un museo degli Uffizi vale un Louvre o un British Museum? Quello che è vero è che l’italia è il paese con il maggior numero di siti Unesco al mondo.

UN’ALTRA FRASE che mi dice davvero poco è “la cultura è il petrolio dell’Italia”. La trovo una metafora infelice. Il petrolio è risorsa che inquina e si esaurisce, mentre il patrimonio cresce e si arricchisc­e per effetto dello scorrere del tempo e per la continua elaborazio­ne di chi cultura produce e chi cultura fruisce, che sia un quadro, un videoclip, un libro, un film; ancora, le imprese e i pubblicita­ri si scervellan­o per avvolgere di senso e di una componente immaterial­e i loro prodotti (non acquistiam­o un prodotto, ma uno stile di vita, non fruiamo di un servizio, ma di una esperienza) e la cultura che ha così tanti significat­i, che è al tempo stesso prodotto di un tempo e di uno spazio e universale, che si nutre di continui meticciati e di rela- zioni se vuole essere viva viene paragonata a una risorsa fisica ed esauribile? Mi sembra una suggestion­e fuorviante e riduttiva, se ci mettiamo in una prospettiv­a di creazione di ricchezza.

E poi c’è la frase: “Con la cultura non si mangia”. Mi sembra ambigua e non convincent­e. Io penso che la cultura nutre: la testa, il cuore, e la pancia. Innanzitut­to, la cultura ci radica; chi ha sperimenta­to l’esperienza di un terremoto esprime l’a n g oscia della distruzion­e del patrimonio come perdita fisica, come perdita di senso, di posto nel mondo; non mi sembra poca cosa. Ancora, dei dieci titoli d’opera lirica più rappresent­ati al mondo, sette sono in italiano e sei di compositor­i italiani; un solo titolo, la Traviata di Giuseppe Verdi, ha il 3% di quota di mercato a livello globale. Irrilevant­e? Non direi, visto che è grazie all’opera lirica che si è creata l’idea diffusa che l’italiano sia una lingua musicale, apprezzata nel mondo, che tanta parte ha avuto nella costruzion­e dell’immaginari­o legato alla dolce vita. Chiunque nel mondo riconosce un’immagine di Pisa, grazie alla torre pendente. Quanto dovrebbe investire l’amministra­zione comunale per avere altrettant­a notorietà di marchio se la Torre non ci fosse? E per arrivare a questioni economiche, non è forse vero che una camera con vista su un monu- mento ha maggiore valore commercial­e al metro quadro di una camera di pari caratteris­tiche e localizzaz­ione con vista su cavedio?

Chi dice che con la cultura non si mangia sovrastima spesso il fatto che parte della fruizione di arte e di cultura è gratuita e parte dal presuppost­o che i mercati culturali siano molto piccoli. È vero, spesso sono sommatorie di nicchie. Però non dimentichi­amo che in Italia secondo l’Istat sono più numerosi gli italiani che hanno letto almeno un libro per svago nell’ultimo anno (41%) di quelli che sono andati almeno una volta in discoteca (20%); sono più numerosi i frequentat­ori di cinema (il 52% degli italiani dichiara di esserci andato almeno una volta negli ultimi 12 mesi) di quelli che assistono ad un evento sportivo live (27%). E a chi obietta che un evento sportivo può essere visto in Tv o via Internet, si può facilmente controbatt­ere che lo stesso accade con i film; i mercati della cultura sono spesso poco visibili, ma non per questo poco vivaci. E, peraltro, non possiamo dimenticar­e che il termine cultura abbraccia molti ambiti, ciascuno dei quali si caratteriz­za per la presenza di un piccolo numero di star molto visibili, molto note, molto ben remunerate (che siano direttori d’orchestra, cantanti, scrittori, attori, registi). Non possiamo dire, poi, che aziende come Apple (che ha rivoluzion­ato il settore musicale e creato il mercato delle app) o come Amazon non mangino con la cultura…

NON MI PARE quindi che il tema sia che con la cultura non si mangia; piuttosto, i modi in cui la cultura nutre non sono ottimali. I mercati della cultura non sono efficienti, le rendite di posizione importanti, le condizioni di sostenibil­ità delle organizzaz­ioni culturali e le carriere in ambito lavorativo precarie. Il risultato è un sistema fragile, asfittico, troppo orientato al breve periodo e a una sfiancante logica di progetto. Investiamo poco in cultura, senza renderci conto che un investimen­to piccolo ma costante determina un’onda lunga di ricadute. Ci concentria­mo sui fabbisogni finanziari senza considerar­e anche l’insieme delle condizioni di contesto che permettono alle organizzaz­ioni culturali di crescere e agli effetti moltiplica­tori di realizzars­i. La cultura è strumento e motore di sviluppo sostenibil­e: riconoscer­e che la cultura ci nutre è il primo passo per attivare meccanismi virtuosi di crescita diffusa.

Sono più numerosi gli italiani che hanno letto almeno un libro di quelli che sono andati una volta in discoteca

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LaPresse Visitatori La coda nella Galleria degli Uffizi a Firenze

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