I De Gregori “Anema e core” con Paladino
Il cantautore e sua moglie Chicca riscoprono la canzone napoletana. L’artista la illustra
Esce venerdì 26 Anema e Core, l’opera di Mimmo Paladino e Francesco De Gregori composta da una xilografia unita a un vinile in dieci pollici con la versione acustica e orchestrale – accompagnata dalla voce della moglie Chicca – d el classico napoletano scritto nel 1950 da Salve D’Esposito e Tito Manlio.
È STATA REALIZZATA nella storica stamperia dei Fratelli Bulla a Roma in una tiratura di 99 esemplari numerati e firmati dagli autori, in vendita da venerdì 26 in esclusiva sui siti Ibs.iteLaFeltrinelli.it. Tra circa un mese uscirà an- che una versione “commerciale” di cinquecento copie con una cover diversa.
L’aspetto più nascosto è la presenza – non ostentata – della moglie Chicca, quasi un omaggio celato da timidezza e pudore alla compagna di una vita, conosciuta sui banchi del liceo. Il disegno di Paladino si concentra sull’enigma di due volti, a testimoniare il mistero e la meraviglia di un’unione.
“È nato tutto per caso”, racconta il cantautore alla presentazione dell’opera alla Triennale di Milano, “io e mia moglie eravamo a Napoli e cantavamo spesso questa canzone inizialmente ascoltata da un parcheggiatore vicino a un ristorante. Ci è pia- ciuta la storia e leggendo il testo ho capito la sua drammaticità. Affrontare la canzone napoletana è il desiderio più importante per chi canta. Spero che un napoletano abbia la clemenza di perdonarci l’eventuale imperfezione, io e Chicca l’abbiamo cantata con tutto il nostro entusiasmo e una buona dose di incoscienza. L’ho fatta sentire a Mimmo, un grande artista e amico che conosco da molti anni e mi disse che mi avrebbe dato una mano. Abbiamo buttato il cuore oltre all’ostacolo e sono fiero del risultato”.
Paladino annuisce e va oltre: “È un oggetto tra design e grafica, tra pittura e libro, un rapporto antico che i pittori avevano nell’epoca picassiana: si incontravano e facevano cose insieme. Io sarei stato pronto a tenermelo in cassaforte senza farlo vedere a nessuno ma in realtà a noi fa un piacere immenso che sia reso pubblico”. Per il cantautore romano, più che un divertissement , questo è un atto di coraggio dopo l’in- stallazione a quattro mani con Lucia Romualdi: “Ho voglia di sporcarmi le mani. Sono di una tale incoscienza che quando sperimento non rischio nulla, anche se facessi cose sgrammaticate sarebbero comunque passi avanti, fallimenti per un territorio di frutti migliori. Occasione ghiotta è la possibilità di invadere e lasciarsi invadere dall’arte. Forse supero i miei limiti ma ne ottengo un brivido. In questa opera i due livelli artistici si cercano, si raggiungono e si trovano, questo per me è il fascino di questo incontro. Ma non chiamatelo cofanetto, mi ricorda le caramelle, lo detesto”.