Reddito in due mesi: il piano della app “made in Mississippi”
Tutto dallo smartphone Il prof. Parisi propone a Di Maio il modello che ha inventato negli Usa di “Ms Works”, resta il nodo di come aiutare i più poveri
Ieri pomeriggio nello Stato del Mississippi c’e r an o 52.690 lavori disponibili. Il tasso di disoccupazione è ormai basso anche in una zona da sempre poco dinamica degli Usa – il 4,7 per cento contro il 9,7 dell’Italia – ma chi cerca un posto può scaricare sullo smartphone la app Ms Works. Crea l’account, inserisce i dati, le qualifiche, digita il lavoro che sta cercando, per esempio “contabil e”, e trova le offerte. Se è interessato clicca e scopre qual è la sua percentuale di compatibilità. Se è bassa, diciamo 50 per cento, basta un altro clic per richiedere l’a p p u n t amento al centro per l’impiego dove potrà fare la formazione richiesta per candidarsi alla posizione, grazie al supporto di un navigator( un orientatore che gli darà consigli di carriera) e uno psicologo del lavoro che lo preparerà al colloquio e alla gestione dello stress. Questo è il sistema che il professor Mimmo Parisi della Mississippi State University vuole portare in Italia, ne discute direttamente con Luigi Di Maio e ora esiste un documento di lavoro che il governo sta studiando.
IN MISSISSIPPI Parisi può contare sul suo centro di ricerca universitario, Nsparc, con oltre 150 persone che maneggiano la più preziosa delle risorse, i dati. Il successo del suo programma, adottato in tutto lo Stato e studiato nel resto degli Usa, è stato possibile grazie al supporto del governatore del Mississippi – oggi Phil Bryant, repubblicano – che ci ha creduto perché ha capito che poteva essere decisivo per affrontare il problema della disoccupazione. L’e nt u si asmo di Parisi deve aver contagiato anche Di Maio, perché il documento di lavoro promette di risolvere tutto in pochi mesi: il disoccupato – “Mario”, nella presentazione di Parisi – a gennaio-febbraio 2019 si informa sul sito da creare www.redditodicittadinanza.trovalavoro.gov.it, recupera tutti i documenti – incluso l’Isee per la condizione economica – e ad aprile, quando parte il sussidio, li carica sul sito facendo una foto con il suo cellulare, riceve un sms di conferma e due settimane dopo viene convocato al centro per l’impiego per un colloquio che verifica i requisiti e aggiorna i dettagli nella sua scheda nel sistema. A maggio, giusto in tempo per le elezioni europee, Mario riceve la card per spendere il suo reddito di cittadinanza. Dopo aver cercato una posizione nel settore ristorazione, a luglio Mario viene chiamato per cominciare a lavorare in un ristorante. A dicembre il centro per l’impiego lo ricontatta per aggiornare il suo piano di carriera.
Tutto questo può sembrare un po’troppo ottimistico in un Paese in cui i centri per l’impiego di alcune Regioni come il Lazio ci mettono due anni – e non due settimane – a contattare i disoccupati che si sono iscritti in cerca di lavoro. Ma magari ha ragione Parisi, con la sua grinta americana, ri- sorse e competenze ci sono e vanno solo messe in Rete.
CI SONO PERÒalcune questioni politiche che soltanto Di Maio può sciogliere. La prima riguarda i tempi: se le card arrivano ad aprile, anche ammesso che siano già pronte app, software e personale formato, ci vorrà qualche mese per raccogliere sul portale le prime offerte. Per diverso tempo, quindi, il reddito sarà davvero “di cittadinanza”, senza vincoli o con vincoli impossibili da rispettare. E questo per i Cinque Stelle può avere un costo politico.
Nella versione di Mimmo Parisi, inoltre, si affronta solo la questione dei disoccupati in cerca di formazione, ma non dei poveri bisognosi di assistenza. A oggi, con il Reddito di inclusione (Rei, che sarà inglobato in quello di cittadinanza), il primo passaggio è a livello comunale con una commissione che stabilisce se il beneficiario deve essere mandato a lavorare o se prima è necessario un percorso preliminare fatto di assistenti sociali, servizi sanitari, aiuti contro le dipendenze. Perché i poveri oggi esclusi dal welfare non sono tanto gli ex lavoratori ora disoccupati, ma persone senza competenze e condannate alla povertà da problemi strutturali, familiari non autosufficienti a ca- rico, tossicodipendenze, disabilità. A loro la super app del job exchange può offrire ben poco.
Il terzo punto critico è stabilire chi fa cosa: le politiche attive del lavoro sono di competenza regionale, come i centri per l’impiego, l’agenzia che ha i fondi per gestirle (Anpal) è nazionale e i servizi sociali per i poveri sono comunali. Già con il Rei questo sistema ha funzionato di fatto solo a livello comunale. Il professor Parisi immagina dei super job center che coordinano gli attuali centri per l’impiego. Ma non sarà facile e i tempi rischiano di essere lunghi.
I disoccupati
Il centro per l’impiego dovrebbe rispondere in 2 settimane, oggi ci mette fino a 2 anni