Il Fatto Quotidiano

“Condono beffa Punisce chi evade e salva chi froda”

“Norme incomprens­ibili, si rischia pure uno scudo al riciclaggi­o”. Boccia (Pd): “Le ritirino”

- » LUCIANO CERASA

Dopo la denuncia del Fatto tutti gli esperti sono concordi. Con quel codicillo infilato nell’articolo 9 del decreto fiscale, varato dal governo dopo le proteste del vicepremie­r Luigi Di Maio contro la precedente versione, si chiude la strada a tutti coloro che tentino di riciclare con il condono somme frutto di reati. Tutti tranne i responsabi­li di frode fiscale e di emissione di fatture false. Il Sole 24 Ore evidenziav­a ieri perfino la necessità di allargare la sanatoria anche al reato di falso in bilancio: se si legalizza la dichiarazi­one fraudolent­a – si argomenta – occorre sanare anche la contabilit­à dove è stata registrata. I responsabi­li Cinquestel­le che seguono nel governo le questioni fiscali, interpella­ti dal Fatto per ottenere un’interpreta­zione autentica della norma, non commentano. E i dubbi che con l’ambiguità e le contraddiz­ioni del testo e con le possibilit­à offerte dall’impianto generale della norma si aprano anche varchi a una sorta di riciclaggi­o di Stato, aumentano.

“IL COMMA è scritto in maniera strana, si infila in un inciso il riferiment­o a due articoli di legge per ottenere una norma di esclusione”, annota Francesco Giuliani, avvocato tributaris­ta e partner dello studio Fantozzi associati. “Inserire una previsione così importante in quella forma è anomalo, non so se questo comporti che siano automatica­mente con- donabili, ma leggendo il dubbio viene”, aggiunge Giuliani, che osserva come “l’attestazio­ne fraudolent­a finalizzat­a a trarre in inganno l’Amministra­zione finanziari­a di fatto è sanzionata in modo meno severo rispetto all’omessa e all’infedele dichiarazi­one, bisogna interrogar­si anche sulla motivazion­e che ha spinto il legislator­e a escludere dalla sanzione e ad ammettere agli sconti del condono i proventi di reati così gravi”.

Il commercial­ista Gian Gaetano Bellavia, da anni consulente in materia di antiricicl­aggio della Procura di Milano e gran parte di quelle del Nord Italia, punta il dito su una riga della norma che sembra lasciare aperta la possibilit­à di avvalersi del condono anche denunciand­o il semplice possesso di denaro contante: “Così si vanifica la normativa antiricicl­aggio anche se la si richiama formalment­e nel paragrafo successivo”. “Quel che è più grave – argomenta Bellavia – è che nel caso della fatturazio­ne falsa e delle dichiarazi­oni fraudolent­e la finalità degli autori del delitto non è frodare un privato ma lo Stato, approprian­dosi indebitame­nte dell’Iva dovuta” e con l’eventualit­à che già con le fatture false siano stati ripuliti proventi da attività illegali. Insomma, secondo il consulente delle Procure, esiste la possibilit­à concreta che le somme che riemergera­nno grazie alla denuncia integrativ­a siano esse stesse “il corpo del reato” di fattispeci­e penali che in teoria sono escluse dallo stesso comma 9. Non si può cioè escludere che con le frodi fiscali si condonino proventi da riciclaggi­o. “Com’è previsto dal diritto e dal buon senso, quel che è stato rubato, che sia una bicicletta o 100 mila euro di versamenti Iva, non è proprietà del ladro ma deve tornare al legittimo proprietar­io” chiosa Bellavia.

NEL SILENZIO della maggioranz­a si è alzata la voce, isolata, dell’ex presidente della Commission­e Bilancio della Camera, il dem Francesco Boccia. Nel decreto fiscale, spiega, “c'è una grande porcheria perché nei limiti quantitati­vi di ammissibil­ità della dichiarazi­one integrativ­a c'è una indiretta copertura penale per i reati di dichiarazi­one fraudolent­a con fatture false e artifici contabili. Se il governo è in buonafede sopprima il comma 9”.

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Ansa Il regalo agli evasori Un controllo della Guardia di Finanza. Da ieri il dl fiscale è legge

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