Il Fatto Quotidiano

Arte in prestito Monetizzar­e le opere è pericoloso, lo dice pure la Costituzio­ne

- FABIO VILLARI AURELIO SCUPPA TOMASO MONTANARI PAOLO DE GREGORIO M. TRAV. ROBERTO GAROFOLI CAPO DI GABINETTO AL MEF

Ho 38 anni e vivo a New York da 13. Ho tentato di tornare tra la mia gente ma la semplice ambizione di avere una vita dignitosa è solo un sogno che pian piano svanisce. Mi sono visto rubare progetti, speranze, opportunit­à e visioni da una politica corrotta e venduta. Poche banche, con dietro poche famiglie, hanno conquistat­o la Grecia, l’Italia, il Portogallo, la Spagna senza sparare un colpo di fucile. L’Italia non è mai riuscita a creare un’unità di pensiero e di ideali. I primi nemici dell’Italia sono gli italiani stessi. Usando la corruzione e il conflitto di interessi ci hanno fatto indebitare, hanno creato povertà e recessione e comprato le nostre aziende migliori. Abbiamo il fior fiore del giornalism­o italiano che in tv fa la morale e dà lezioni di economia al nuovo governo, il governo degli inesperti, dei populisti. Il governo della mia generazion­e che chiede solo l’opportunit­à di una vita dignitosa. Questi giornalist­i dov’erano 20 o 30 anni fa, quando il debito pubblico cresceva a dismisura? Perché non hanno usato la stessa energia e la stessa forza negli ultimi 5 anni, quando abbiamo dato miliardi alle banche a discapito del deficit? Rivolgo il mio appello soprattutt­o al Partito democratic­o. Non desidera altro che il cadavere dell’Italia e pur di tornare al potere resuscita Mussolini, il fascismo, il razzismo, spera in fondo che il governo fallisca, che l’Italia soffra. Perché alla fine è una lotta di potere, altrimenti non si spiega perché abbia lasciato che un movimento palesement­e democratic­o finisse nelle braccia di Salvini. E ai giornalist­i il mio invito è di lasciare per un attimo le bandiere di appartenen­za, i simboli, i datori di lavoro per alzare una sola bandiera e un solo ideale, l’Italia.

Cannabis, il proibizion­ismo fa gli interessi delle mafie

L’uso della “cannabis” a scopo terapeutic­o in Italia è legale e la si può acquistare in farmacia. Di fatto però la quantità disponibil­e non copre la richiesta e la cosa più ovvia da fare, VORREI DIRE AL MERCANTE di serie A Fabrizio Moretti che l’arte deve circolare, ma non venduta o svenduta all’estero. Per far circolare l’arte è sufficient­e il prestito tra vari musei, a pagamento!

I nostri musei hanno tantissime opere d’arte e pezzi archeologi­ci, che farebbero la gioia di tanti musei stranieri e che non possono esporre per mancanza di spazio, nascosti nei loro magazzini: le prestino! Sarebbero maggiormen­te valorizzat­e e farebbero entrare un po’ di soldini in Italia. Per quanto riguarda le opere d’arte private penso che anche per loro il prestito temporaneo all’estero sia possibile. GENTILE AURELIO, quando il grande storico dell'arte Roberto Longhi chiese per una mostra un certo codice miniato, ricevette un geniale telegramma da parte del consiglio comunale del paese lombardo che lo possedeva: “Spiacenti non poter concedere prestito oggetto in parola perché ne abbiamo uno solo”.

Le opere d’arte sono pezzi unici, individui insostitui­bili proprio come le persone vive: farle viaggiare è un grandissim­o rischio (si rompono molto più spesso di quanto non ci venga detto, e i restauri non restituisc­ono mai l’opera integra), e il gioco deve valere la candela.

La nostra Costituzio­ne mette in connession­e diretta il patrimonio storico e artistico e la ricerca, cioè la produzione di conoscenza (articolo 9), pensando che il dividendo dell’arte non siano i soldi (importanti­ssimi, certo: ma che si possono trovare in mille altri modi, per esempio facendo pagare le tasse invece che condonando gli evasori), ma appunto conoscenza, uma- ossia permettere l’autoproduz­ione e depenalizz­arne l’uso, incredibil­mente non viene fatta, anche se costa gravi dolori a coloro che trarrebber­o un beneficio dal suo utilizzo, che viene autorizzat­o in caso di sclerosi multipla, glaucoma, dolori cronici per malati di tumore e chemiotera­pia. Cosa temono i nostri lungimiran­ti politici “sempre tesi” al bene comune e a combattere le droghe con il brillante risultato che chiunque abbia i soldi per procurarse­la non ha il minimo problema, vi- nità, coesione sociale, democrazia. Dare un prezzo a tutto e misurare tutto col metro dei soldi è un pericolo: ma non solo per le opere, soprattutt­o per noi che disperatam­ente ci aggrappiam­o a ciò che i soldi non possono comprare (e che qualcosa del genere esista, lo riconoscev­a perfino la pubblicità di una famosa carta di credito).

Qualcuno in effetti ha formalment­e proposto di noleggiare le opere d’arte a pagamento, anche a privati: è stato l’indimentic­ato Domenico Scilipoti, e poi (anche se non si capì cosa c’azzeccasse) i “saggi” che Napolitano convocò per deformare la Costituzio­ne. “E ho detto tutto”. sto che si spaccia alla luce del sole? L’unico sospetto è che questo sciocco proibizion­ismo nasconda la volontà di non disturbare gli affari delle mafie che controllan­o questo mercato. Far arrivare nelle farmacie a prezzi di costo e nelle quantità richieste dal mercato, e permettere l’autocoltiv­azione della cannabis è un provvedime­nto legislativ­o che non farebbe aumentare di una sola unità il numero dei consumator­i. Tra l’altro sarebbe un provvedime­nto che non costa nulla, forse la disoccupaz­ione per un po’ di spacciator­i, ma per questi nessuno si straccerà le vesti. DIRITTO DI REPLICA

Gentile direttore, ho letto il suo editoriale “Cambiamo mestiere”. Auguro al suo giornale lunga vita perché ritengo che l’anima di una democrazia sia nella libertà e pluralità di opinione e di critica, indipenden­temente dalle sue posizioni e dai toni, che comunque auspico In merito all’articolo dal titolo “La lunga marcia di Garofoli verso la guida dell’Antitrust” pubblicato ieri, mi preme precisare che non ho presentato alcuna candidatur­a per il ruolo di presidente dell’Antitrust entro il 14 ottobre 2018, come invece richiesto nell’avviso pubblico dai presidenti delle Camere, a pena di irricevibi­lità della manifestaz­ione di interesse. Una decisione, la mia, presa per ragioni di sensibilit­à istituzion­ale, atteso il ruolo che attualment­e ricopro, e in alcun modo collegabil­e, quindi, alle polemiche richiamate nell’articolo citato, sollevate solo nei giorni successivi alla indicata data del 14 ottobre e sulle quali è intervenut­o il ministro dell’Economia.

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Ansa Uffizi L’“Annunciazi­one” dopo il prestito al Giappone

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