Il Fatto Quotidiano

Scambio politico-mafioso Il nodo “affiliazio­ne ai clan”

GIRODI VITE Via libera del Senato tra le polemiche

- » DAVIDE MILOSA

Primo passaggio verso la modifica dell’articolo del codice penale ( 416 ter) che vieta e punisce il voto di scambio politico-mafioso. Ieri il disegno di legge voluto dal Movimento 5 Stelle e appoggiato dalla Lega, è passato al Senato con 160 voti a favore. Il testo approvato è molto breve e recita: “Chiunque accetta, direttamen­te o a mezzo di intermedia­ri, la promessa di procurare voti da parte di soggetti appartenen­ti alle associazio­ni di cui all’articolo 416-bis, in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di qualunque altra utilità o in cambio della disponibil­ità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell’associazio­ne mafiosa è punito con la pena stabilita nel prim o comma d e l l ’ a r t i c o l o 416-bis”. A questo si aggiungono pene elevate da 10 a 15 anni, con aumento della metà se il politico è stato poi eletto.

A PRIMA VISTA, un giro di vite pesante. Ci sono possibili problemi di interpreta­zione su cui bisognerà attendere l’orientamen­to dei giudici di merito e soprattutt­o della Cassazione quando, ma ci vorranno anni, i processi arriverann­o davanti alla Suprema Corte. Problemi messi sul tavolo da molti, da Libera all’ex vicepresid­ente dell’Antimafia Davide Mattiello. E ieri dal senatore di LeU Pietro Grasso, già procurator­e nazionale antimafia, per il quale “tutti gli aspetti positivi del testo sono vanificati da alcune parole nell’articolo 1 e cioè che la promessa di procurare voti debba necessaria­mente provenire da parte di soggetti la cui appartenen­za alle associazio­ni di cui all’articolo 416-bis sia a lui nota”. Questo è un punto. L’altro è che il nuovo testo elimina la necessità di dimostrare l’utilizzo del metodo mafioso nel procacciam­ento dei voti. Questo è previsto, invece, nell’attuale articolo modificato nel 2014 ( governo Letta). Quella fu la prima mo- difica dopo il 1992, anno in cui nasce il reato di voto di scambio politico-mafioso. Ecco allora la non facile questione: da un lato perché il reato si configuri il politico deve interfacci­arsi con “appartenen­ti” alla mafia, dall’altro il metodo mafioso viene eliminato.

Stando alle parole di un importante magistrato lombardo questo secondo aspetto segue le indicazion­i della giurisprud­enza. Con diverse sentenze, infatti, la Cassazione ha specificat­o che il metodo mafioso può anche essere implicito e non deve esplicitar­si. Tradotto: basta il carisma criminale di un soggetto sul territorio, senza l’utilizzo di minacce e violenza. Sempre lo stesso magistrato sul fronte opposto parla di poca chiarezza del testo.

IL PROBLEMAqu­i è il termine “appartenen­te”. Se – ci viene spiegato – il termine è interpreta­to secondo il Testo unico del codice antimafia per le misure di prevenzion­e, allora l’interpreta­zione è molto più ampia. L’appartenen­te, infatti, è chiunque sia in qualche modo contiguo alla cosca. Se, al contrario, si interpreta seguendo il binario del codice penale si fa riferiment­o a un membro interno a ll ’ a s so c ia zi one, un affiliato. Il testo licenziato in Senato ieri sembra andare verso questa direzione. E in questo senso, diverse, oltre a quelle di Grasso, sono le voci critiche all’interno della magistratu­ra. Per due motivi: il primo, spiega un procurator­e calabrese, è che il termine “appartenen­te” implica una condanna definitiva. Il che, di fatto, restringe il campo dei potenziali offerenti di voti puniti dalla norma. Sempre su questa linea, l’altro motivo è dato dal fatto che l’interfacci­a con il politico non è quasi mai un boss, ma colui che si colloca nella cosiddetta zona grigia. Ecco allora che da più parti (politica, magistratu­ra e associazio­ni, Libera in testa) si parla di un testo che “favorisce” e non “combatte” le mafie. C’è poi chi con questa fattispeci­e di reato ci lavora sul terreno. Un investigat­ore che negli anni si è occupato di importanti inchieste di ’ndrangheta e politica recepisce questo nuovo testo con favore. Questo il suo ragionamen­to: se chi promette voti è, ad esempio, un imprendito­re e non un mafioso o un concorrent­e esterno, è impossibil­e configurar­e il reato di voto di scambio.

ECCO allora – ci viene spiegato – che il paletto messo dal nuovo testo è fondamenta­le per indirizzar­e le indagini e scegliere target precisi, per dimostrare che chi si interfacci­a col politico (“interm ed ia ri o” ne l testo) aumenti il potere del clan sul territorio. Insomma, la questione è complessa. Di certo il nuovo testo allarga il campo dei favori che la mafia ottiene dal politico. Non solo soldi o utilità, ma anche “disponibil­ità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell’associazio­ne mafiosa”. Cioè è più severo della norma voluta dal centrosini­stra, che fa assolvere persino i condannati in base alla legge precedente che si voleva - a parole - inasprire. Ora, dopo il Senato, tocca alla Camera. Il Senato ha approvato la riforma dell’articolo 416 del codice penale, tocca alla Camera

Il confronto

Dubbi degli inquirenti sulla punibilità delle offerte elettorali di chi è solo contiguo ai boss Prima

Oggi rischia fino a 12 anni chi promette o accetta voti raccolti con metodi mafiosi Dopo

Fino a 15 anni ma solo se l’appartenen­za mafiosa è nota

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