Cedu contro 41-bis Caselli e Di Matteo: “Niente violazioni”
La Corte europea condanna l’Italia per il “trattamento” inflitto negli ultimi mesi di detenzione al capomafia corleonese nel 2016
Il boss corleonese Bernardo Provenzano avrebbe subìto trattamenti “inumani e degradanti” nei suoi ultimi mesi di vita, dal marzo al luglio del 2016, quand’era malato e vittima “di un grave deterioramento cognitivo” e la Corte europea dei diritti dell’Uomo si dice “non persuasa che il governo italiano abbia dimostrato in modo convincente che l’applicazione del carcere duro andava estesa anche al 2016”. Per la Corte non è la detenzione a essere messa in dubbio, ma i trattamenti subiti da Provenzano, curato per oltre 2 anni nell’ospedale San Paolo di Milano. Dopo la cancellazione degli effetti della sentenza Contrada con un’interpretazione “innovativa” del 110 e 410 bis, con una sentenza depositata ieri a Strasburgo, la Cedu bacchetta di nuovo la giurisdizione antimafia e la bocciatura parziale (i giudici hanno respinto la richiesta di risarcimento di 150 mila euro avanzata dai familiari del boss, riconoscere la violazione è sufficiente per compensare il danno) rilancia le polemiche sul 41-bis, applicato da 26 anni per impedire ai boss detenuti i contatti con l’esterno.
DIFESO dal governo “il 41-bis non si tocca”, ha detto il guardasigilli Alfonso Bonafede (“non sanno di cosa parlano, i comportamenti inumani erano quelli di Provenzano”, gli ha fatto eco Di Maio) il carcere duro, secondo l’avvocato di Provenzano nel suo caso, sarebbe stato applicato “a un vegetale”: “Se il regime speciale serve a impedire i contatti con l’associa- zione di appartenenza, è perfino banale dire che un soggetto incapace possa relazionarsi con chiunque – ha detto l’avvocato Rosalba Di Gregorio – l’elogio del 41-bis che fanno Bonafede o Di Maio serve solo a prendere le distanze dall’Europa. Propaganda che qui non c’entra nulla”.
E se il pm Nino Di Matteo ( intervistato in questa stessa pagina) assicura che “al detenuto sono state prestate le migliori e cure” augurandosi che “le strumentalizzazioni vengano bloccate sul nascere”, anche la sorella del giudice Giovanni Falcone, Maria, sostiene che la sentenza europea “non mette in discussione il 41-bis che, impedendo ai boss di continuare a comandare anche dal carcere e spezzando il legame dei capimafia col territorio, è stato e rimane uno strumento irrinunciabile nella lotta alla mafia’’. Parole molto più dure, invece,
Il ministro Bonafede “L’Europa non sa di cosa parla: inumano è stato il boss coi suoi comportamenti”
quelle di Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime di via dei Georgofili: “Il capo di Cosa Nostra Provenzano avrebbe subito in Italia il torto di morire al 41-bis, certo che è morto in ospedale, Strasburgo però il 41-bis lo voleva abolito sulla carta bollata come Cosa Nostra: dove era la Corte dei diritti dell’uomo la notte del 27 maggio 1993 quando Provenzano ha mandato i suoi uomini a Firenze ad ammazzarci per far annullare il 41-bis, giusto sulla carta bollata?”.