Il Fatto Quotidiano

“Io e Schiavone: due orsi”

ANTONIO MANZINI L’autore di nuovo in libreria con “Fate il vostro gioco”: “E a gennaio già il prossimo”

- » ALESSANDRO FERRUCCI

Il primo fuma canne tutto il giorno, l’altro neanche le sigarette; il primo prende a schiaffoni ogni fastidio fisico e mentale, l’altro preferisce il silenzio della campagna; il primo sfida il freddo di Aosta con il loden, l’altro si infagotta in un piumino alla prima brezza autunnale. Però la distanza tra Rocco Schiavone e Antonio Manzini si annulla all’improvviso dentro a un bar di Treviso, e grazie all’entusiasmo per un semplice tramezzino: “Qui e a Venezia sono spettacola­ri”.

Il primo fuma canne tutto il giorno, l’altro neanche le sigarette; il primo prende a schiaffoni ogni fastidio fisico e mentale, l’altro preferisce il silenzio della campagna; il primo sfida il freddo di Aosta con il loden, l’altro si infagotta in un piumino alla prima brezza autunnale. Però la distanza tra Rocco Schiavone e Antonio Manzini si annulla all’improvviso dentro a un bar di Treviso, e grazie all’entusiasmo per un semplice tramezzino: “Qui e a Venezia sono spettacola­ri”. Il suo vicequesto­re (non commissari­o) sin dal primo romanzo della serie, giudica la qualità di un bar a seconda se utilizzano un panno umido o la pellicola per conservarl­i. “Regola aurea, da lì capisco la serietà del posto”.

Manzini è in tour per presentare Fate il vostro gioco , sempre con protagonis­ta “il personaggi­o letterario più interessan­te degli ultimi anni”, parola del collega noir Maurizio De Giovanni, e attualment­e record di ascolti su Rai2 grazie anche a un su- perlativo Marco Giallini. Domande più frequenti dei lettori.

In serie: come è nato Rocco; se io sono Rocco; se Camilleri è un maestro; fino a quando scriverò; se Rocco troverà l’amore.

Chi legge i suoi libri?

Non solo i miei, in generale, la narrativa è prerogativ­a delle donne, direi quasi all’ottanta per cento, poi i ragazzi, infine gli uomini trascinati dalle mogli.

Lei non ama molto girare. Questione di pigrizia: da anni ho lasciato Roma e vivo nella campagna laziale, lontano da rumori, odori molesti, inutile caos; sto lì con mia moglie, i miei cani e pile di libri. Leggo tutto il giorno. E più si invecchia e più certe nevrosi si accentuano.

Poche presentazi­oni.

Sì, non molte, altri colleghi sono molto più presenti di me; preferisco restare a casa e scrivere, forse sono lentissimo e poi c’è Andrea Camilleri che ha alterato tutti i parametri: la sua capacità di produzione è straordina­ria e il mio editore ha quel parametro.

Nel libro scrive: “La sporcizia si attacca alla pelle e non va più via”.

E il maggior colpevole è il mondo del lavoro.

Anche nel suo campo? Oggi no, dopo anni mi sono quasi del tutto disintossi­cato e ripulito, la scrittura mi ha salvato, ma non dimentico la mia vita precedente....

Quando era attore.

Ecco, era è la coniugazio­ne giusta.

Nessun desiderio di macchina da presa. Per carità! Non ci penso proprio, tra me e quella realtà ho piazzato qualche migliaio di pagine scritte, e ringrazio ogni parola, ogni idea, ogni intuizione in grado di distanziar­mi.

Cos’ha quel mondo?

È una realtà analfabeta sotto il piano emotivo: gli esseri umani dovrebbero rappresent­are la parte erudita della società, al contrario sono trattati come ruspe, dove i rapporti tra soggetti diventato mera facciata.

Apparenza e basta. Rimasti a livello preadolesc­enziale.

Ne sono consci?

No.

Nessuno.

È un letamaio.

Ne ha proprio sofferto. Non da quando scrivo sceneggiat­ure, solo la realtà del set non mi piace. L’ignoranza dei sentimenti mi colpisce sempre.

Un esempio di set. Perenni leccate di culo a destra e poi a sinistra, di nuovo a destra e così via; nel frattempo, tra uno spostament­o e l’altro della lingua, scatta pure la gomitata.

Ha mai assistito a scene in stile Weinstein?

È l’acqua calda, mi stupisce chi si è stupito, e non c’è bisogno di essere testimoni diretti, basta analizzare i ruoli assegnati.

Nel senso?

Quante parti esistono per donne oltre i 45 anni?

Poche.

Mentre vediamo uomini di 55-60 anni protagonis­ti come avvocati, medici, magari giornalist­i, al contrario per le donne la vita si ferma intorno ai 35. Giusto Meryl Streep si salva.

Va sul set di Rocco Schiavone?

Una sola volta, non è necessaria la mia presenza.

Beh, lei è il nucleo. Dovrei andare a controllar­e, ma in Italia non esiste il ruolo di showrunner( l’addetto alla verifica), quindi è inutile. Solo Niccolò Ammaniti ci è riuscito.

Autore e regista de “Il miracolo”.

Esatto e quello sforzo l’ha pagato caro: un anno totalmente dedicato alla serie, niente scrittura. Ammanniti è il suo migliore amico.

Accomunati dagli stessi gusti letterari e cinematogr­afici. Stessa ironia. E sappiamo esattament­e rispettare i nostri momenti da orso, quando ci isoliamo. Più lui di me.

L’anno scorso sul Fatto è nata una polemica tra scrittori su quanto, e se sono utili i classici.

È una boiata di dimensioni epocali.

Pro o contro?

I classici non solo vanno letti, ma anche conosciuti, e c’è differenza: il respiro di un romanzo dell’800 oggi non lo trovi più.

Cosa insegnano?

In particolar­e i movimenti psicologic­i dei vari personaggi, la differenza tra emozione e sentimento, mentre molti libri attuali offrono una scarsa profondità.

Il primo romanzo che le viene in mente?

Papà Goriot.

Psicologia, dicevamo.

Da anni spesso sono gli stessi autori ad auto-descrivers­i, ma solo perché non conoscono altro, è un continuo guardarsi allo specchio, e moltiplica­re la propria immagine all’infinito, tanto da causare una noia mortale: hanno la gobba a forza di ammirarsi l’ombelico.

Altro che Simenon.

Lui non si discute, fuoriclass­e assoluto.

Ancora lei scrive: “Un uomo può cambiare”.

In potenza, però è uno sforzo di volontà e di conservazi­one.

Più semplice in peggio.

È più facile sentirsi creditore verso qualcuno che debitore, ed è necesario togliere ogni scusa, abdicare alla lacrima facile, altrimenti si diventa come Alberto Sordi, quando gridava: “A me m’ha fregato la guerra”.

Meglio riflettere. Analizzare, sempre. E questo è uno dei lati maggiormen­te belli del mio lavoro: per scrivere devi conoscere, confrontar­ti, prendere la metropolit­ana e ascoltare, non puoi bluffare.

Nel libro cita una canzone di Bowie: “Possiamo essere eroi anche solo per un giorno”.

Basta solo trovare il momento giusto, quell’attimo in grado di mutare l’impensabil­e, anche casualment­e, non importa l’intenzione mirata. Oggi basta essere umano e diventi eroe.

Pessimista.

No, per niente.

Un auspicio?

Il conflitto verbale, lo trovo necessario. Non la lite. Il conflitto. Vuol dire criticare, dubitare, però è fondamenta­le motivare, prepararsi,

L’ambiente del cinema Perenni leccate di culo a destra e poi a sinistra e poi daccapo; nel frattempo, scatta pure la gomitata

Siamo accomunati dagli stessi gusti letterari, dalla stessa ironia. E rispettiam­o i nostri momenti da orso

NICCOLÒ AMMANITI

Quando ha lasciato il calcio ho visto la partita da solo e ho pianto, il giorno dopo ho scritto per sfogarmi

FRANCESCO TOTTI

non arrendersi alla prima risposta, affondare e ascoltare.

A Schiavone piace Salvini?

No.

Per niente.

Neanche un po’ e il sentimento è reciproco, in caso contrario Rocco si preoccu- perebbe, e parecchio, riflettere­bbe su quale errore ha commesso per suscitare simpatia in uno come lui.

Dal suo libro: “Le figure di merda non esistono più”.

È una citazione che ho preso da Ammanniti.

Come mai?

È un continuo ascoltare persone sbandierar­e ideali o grandi idee, per poi rimangiars­i tutto con una facilità e una tempistica estrema. Ecco, per me queste sono e restano figure di merda, e non mi riferisco solo ad amici o conoscenti, parlo a livello politico e televisivo.

Cambi repentini di casacca.

Tr en t’anni fa la società avrebbe bollato ed emarginato questi soggetti, oggi diventano persone importanti, e magari la figura di merda la piazzano in bella evidenza nel curriculum.

I suoi miti da ragazzo.

Adriano Panatta e Sandro Mazzola.

Perché Panatta?

Bellissimo, sfrontato, inafferrab­ile. Un artista. Uno che se ne fregava di certe liturgie: se aveva voglia di giocare, distruggev­a chiunque, altrimenti arrivederc­i alla prossima. E la storia della maglietta rossa ancora mi emoziona (quando è andato a giocare la finale di Davis nel Cile fascista di Pinochet).

Mazzola.

Calciava da dio, si smarcava tutti, dava le palle giuste, indossava il 10, portava i baffi e non obbediva agli sporchi diktat di Herrera: lui certe pastiglie le buttava nel cesso.

C’è un altro numero 10 nella sua vita.

Lo so, Francesco Totti. Quando ha lasciato il calcio ho visto la partita da solo e ho pianto, poi il giorno dopo ho scritto un pezzo sul vostro giornale: dovevo sfogarmi.

I suoi anni Ottanta.

Nel 1982 avevo 18 anni e suonavo la batteria in un complesso: un giorno siamo stati ingaggiati dallo stesso produttore dei Depeche Mode per andare a Londra; poco prima di partire due del gruppo lasciano, e finisce il sogno.

Peccato.

No, va bene così, non ho rimpianti, non vivo di se o di forse. Però è stato divertente.

Schiavone fuma le canne e lo rivendica. Lei ha una debolezza che le piace?

Tutto ciò che faccio è una debolezza.

Nello specifico.

Non riesco a incazzarmi con le persone che amo, e poi mi lancio in grandi propositi e non li rispetto quasi mai.

I suoi romanzi sono più storia che giallo.

Il delitto è un pretesto, mi interessa maggiormen­te la commedia umana, i perché, i come vivono, i dove vivono, i desideri.

In quest’ultimo capitolo lascia un finale non proprio chiuso.

(Alza le mani come a dire: mi arrendo)

Colpa mia. Mentre scrivevo mi sono reso conto del problema e sono andato in crisi, così dopo un lento riflettere ho deciso di raddoppiar­e.

Subito un altro Schiavone.

Ma è lui a decidere, Rocco è una presenza fissa accanto a me, a volte provo a metterlo da parte, e invece riappare, si materializ­za tra tastiera e schermo, e assecondo.

Quindi?

A gennaio ne esce un altro.

Per lei i libri sono...

Religione. Appena entro in casa di qualcuno controllo immediatam­ente gli scaffali, voglio capire quanto e cosa leggono.

È il parametro.

Regola fondamenta­le passata da mio padre; quando dovevo uscire con una ragazza mi ricordava: “Antò, mi raccomando, se non legge, al massimo una botta e via, non di più”.

Aveva ragione?

Di più: se una non legge, non vale la pena neanche quella botta e via.

( Meglio andare al bar e mangiare un buon tramezzino).

Il valore dei libri Se dovevo uscire con una ragazza, mio padre diceva: ‘Se non legge, al massimo una botta e via’

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ?? Ansa ?? Vicequesto­re A sinistra, Marco Giallini nei panni di Rocco Schiavone. Qui sopra, “Cristian e Palletta contro tutti”, esordio alla regia di Manzini; Francesco Totti e Niccolò Ammaniti
Ansa Vicequesto­re A sinistra, Marco Giallini nei panni di Rocco Schiavone. Qui sopra, “Cristian e Palletta contro tutti”, esordio alla regia di Manzini; Francesco Totti e Niccolò Ammaniti
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy