Il Fatto Quotidiano

TRIA E IL FOGLIO, LA VENDETTA DELL’EX

Il ministro, già collaborat­ore del giornale, delude il direttore e difende la manovra

- » DANIELA RANIERI

Lo scorso fine settimana abbiamo scoperto un personaggi­o che la cronaca attuale, tra lazzi e acrobazie da Commedia dell’Arte e foschi presagi di sventura, aveva finora colpevolme­nte oscurato: il ministro Tria.

Sabato Tria era a Firenze alla Festa dell’Ottimismo del Foglio, giornale con cui ha collaborat­o e che forse lo ha invitato sperando si sentisse indotto dall’antica amicizia nella tentazione di parlare un po’ male di quegli esagitati incompeten­ti e maneggioni del governo (anticipiam­o gli haters: quest’ultima è una nostra illazione destituita di ogni fondamento, alla prova del fact checking ci dichiariam­o obiettori civili).

Chi si aspettava da Tria l’opaca difesa della superiorit­à dei numeri e dei trattati sugli ideali o forse sulle chimere della nota al Def è rimasto deluso: intervista­to dal direttore del Foglio Claudio Cerasa,

Tria, con quella faccia da Ragionier Filini, ha fatto brillare tutti gli inneschi che gli erano stati messi sotto la sedia. Il direttore pianta un paletto: “Perché la Bce, il Fondo monetario internazio­nale ecc. sono così pessimisti?”. “Mah”, fa Tria, rivelando una miopia da burocrate dostoevski­jano, “io non vedo tutto questo pessimismo”. E la prima carica è neutralizz­ata.

La seconda se la innesca da solo, per scaldarsi: “Cottarelli ha detto che una crescita dell’1,5% è plausibile solo se l’economia mondiale cresce del 6%. Le stime del precedente governo per il 2019 erano dell’1,4, e non mi pare che allora si parlò di una crescita del 6%”. La questione sarebbe chiusa, ma Ce- rasa tira fuori l’arma fine di mondo: “E lo sp re ad ?”. Tria sospira: “Lo spread deriva da un’incert ezza politica, perché non c’è una manovra di rottura dei conti pubblici che lo giustifica”. Sì, vabbè, ma il deficit al 2,4%? Tria rincara: “Da economista avrei chiesto il 2,5 perché credo serva contrastar­e un rallentame­nto dell’economia”. Sì, ma la spesa? “Per il reddito di cittadinan­za è stata stanziata una cifra inferiore che per gli 80 euro, quelli erano 10 miliardi, questi 9”. Cerasa inchioda il ministro: “Ma se nel primo trimestre del prossimo anno dovessimo scoprire che la crescita è completame­nte diversa da quella prevista che fate, aumenteret­e il deficit?”. Tria ha una comunicazi­one da fargli: “Ma, Claudio, mi devi scusare ma la domanda non è realistica, non si può verificare l’andamento della crescita in un trimestre. Lo sapremo sei mesi dopo. È una domanda non realistica”. Poi si toglie pure il ghiribizzo di citare suoi pezzi usciti sul Foglio.

Quindi, dopo aver detto che “questo è uno dei governi più stabili d’Europa dal punto di vista della maggioranz­a parlamenta­re”, Tria spacca il sorriso dei presenti: “So che il Foglio fa una battaglia contro questo governo e ha fatto una difesa quasi disperata dei precedenti protagonis­ti della politica italiana; del resto è una caratteris­tica del Foglio buttarsi in maniera avventuros­a, però poi bisogna pure guardare i fatti”. Nel salone dei Cinquecent­o a Palazzo Vecchio, dove sono appena passati il cuoco Bottura e Farinetti con la loro balsamica presenza e dove Renzi l’ottimista, da sindaco, si mise in testa di trapa- nare gli affreschi del Vasari in cerca di un’inesistent­e Battaglia di Anghiari di Leonardo, scende il gelo. Gli ottimisti corrono a guardare Cottarelli da Fazio, che li rassicura spiegando come tutto andrà a rotoli.

( Disclaimer: noi non parteggiam­o per il ministro contro il Foglio. È diritto e dovere dei giornalist­i fare domande, sperabilme­nte realistich­e. Da pessimisti della ragione, speriamo che Tria non si sbagli).

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