Il Fatto Quotidiano

“Cambiate la legge per non favorire la mafia”

- » DAVIDE MILOSA

“Con questo disegno di legge, così come formulato, si rischia di arrivare a un paradosso e cioè di favorire la mafia e i politici che scendono a patto con i clan”. Nico Gozzo, sostituto procurator­e generale di Palermo, ragiona sulla nuova formulazio­ne del voto di scambio politico-mafioso (416 ter) passato giovedì scorso al Senato e voluto fortemente dal Movimento 5 Stelle.

Il problema è il modo con cui è scritto il nuovo articolo? Secondo questa formulazio­ne, il politico deve interfacci­arsi con chi appartiene al sodalizio. Ma in termini penali l’appartenen­za implica un vincolo interno se non addirittur­a una condanna. E, dunque, c’è il rischio di una interpreta­zione troppo stretta. Il rischio è quello di ottenere l'effetto opposto L’accento sull’appart enenza, termine che può aprirsi alle più diverse interpreta­zioni giurisprud­enziali, unita al fatto che questa deve essere nota a chi conclude il contratto illecito politico mafioso, rende possibile che altri politici possano beneficiar­e delle modifiche legislativ­e come è già avvenuto con l’ultima riforma.

Si riferisce al caso dell'ex eurodeputa­to dell’Udc, Antonello Antinoro, che lei trattò direttamen­te?

Con la riforma del 2014 si imponeva la dimostrazi­one e- splicita dell’utilizzo del metodo mafioso. La sentenza Antinoro lo interpretò restrittiv­amente. Un ostacolo superato poi dalla Cassazione, che in sostanza disse che il metodo può anche essere provato per implicito.

Oggi a cosa si va incontro? Credo che questo testo sia pericoloso perché, mentre di quello precedente si è potuto dire che fosse solo la normativiz­zazione di un filone ermeneutic­o giurisprud­enziale – soluzione assolutame­nte prevalente, anzi totalitari­a – e, dunque, nulla fosse cambiato negli elementi costitutiv­i; questo testo non usa la terminolog­ia della giurisprud­enza, che parla di promittent­e intraneo o che agisca in rappresent­anza o nell’interesse dell’associazio­ne.

Tradotto?

Non specifica che nella promessa di voti ai politici possano agire non solo membri de ll’associazio­ne mafiosa, ma anche soggetti estranei, che agiscono con metodo mafioso, o addirittur­a intermedia­ri esterni alla cosca, portatori di volontà della stessa. Che soluzioni bisognereb­be adottare?

Si dovrebbe mettere un comma alla legge specifican­do le varie forme con cui l’associazio­ne può interfacci­arsi con un politico. Per capirci, la cosiddetta zona grigia. Questo basterebbe a neutralizz­are anche la notorietà dell’a ppartenenz­a, perché anche in quest’ultimo caso il termine varrebbe nella accezione più lata fatta propria dalla giurisprud­enza

Facendo riferiment­o al Testo unico del codice antimafia per le misure di prevenzion­e?

Anche, ma va specificat­o esplicitam­ente il rinvio, visto che quel testo interpreta il concetto di appartenen­za in modo più largo, introducen­do il concetto di contiguità che non è necessaria­mente partecipaz­ione interna all’associazio­ne.

Vi sono elementi positivi? Certamente a partire dalla parificazi­one delle pene rispetto a chi viene condannato per associazio­ne mafiosa. Non solo, anche l’eliminazio­ne del metodo mafioso rende più semplice il lavoro di chi deve usare questa norma. Tanto più che in questo modo si rende implicito il disvalore di un politico che stringe rapporti con i clan, metodo mafioso o meno. Per chiudere darei un consiglio al governo: quello di ascoltare di più gli operatori del diritto. La critica non è necessaria­mente una critica al governo.

L’appartenen­za implica un vincolo interno o anche una condanna. C’è il rischio di una interpreta­zione troppo stringente

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Magistrato Nico Gozzo

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