“Cambiate la legge per non favorire la mafia”
“Con questo disegno di legge, così come formulato, si rischia di arrivare a un paradosso e cioè di favorire la mafia e i politici che scendono a patto con i clan”. Nico Gozzo, sostituto procuratore generale di Palermo, ragiona sulla nuova formulazione del voto di scambio politico-mafioso (416 ter) passato giovedì scorso al Senato e voluto fortemente dal Movimento 5 Stelle.
Il problema è il modo con cui è scritto il nuovo articolo? Secondo questa formulazione, il politico deve interfacciarsi con chi appartiene al sodalizio. Ma in termini penali l’appartenenza implica un vincolo interno se non addirittura una condanna. E, dunque, c’è il rischio di una interpretazione troppo stretta. Il rischio è quello di ottenere l'effetto opposto L’accento sull’appart enenza, termine che può aprirsi alle più diverse interpretazioni giurisprudenziali, unita al fatto che questa deve essere nota a chi conclude il contratto illecito politico mafioso, rende possibile che altri politici possano beneficiare delle modifiche legislative come è già avvenuto con l’ultima riforma.
Si riferisce al caso dell'ex eurodeputato dell’Udc, Antonello Antinoro, che lei trattò direttamente?
Con la riforma del 2014 si imponeva la dimostrazione e- splicita dell’utilizzo del metodo mafioso. La sentenza Antinoro lo interpretò restrittivamente. Un ostacolo superato poi dalla Cassazione, che in sostanza disse che il metodo può anche essere provato per implicito.
Oggi a cosa si va incontro? Credo che questo testo sia pericoloso perché, mentre di quello precedente si è potuto dire che fosse solo la normativizzazione di un filone ermeneutico giurisprudenziale – soluzione assolutamente prevalente, anzi totalitaria – e, dunque, nulla fosse cambiato negli elementi costitutivi; questo testo non usa la terminologia della giurisprudenza, che parla di promittente intraneo o che agisca in rappresentanza o nell’interesse dell’associazione.
Tradotto?
Non specifica che nella promessa di voti ai politici possano agire non solo membri de ll’associazione mafiosa, ma anche soggetti estranei, che agiscono con metodo mafioso, o addirittura intermediari esterni alla cosca, portatori di volontà della stessa. Che soluzioni bisognerebbe adottare?
Si dovrebbe mettere un comma alla legge specificando le varie forme con cui l’associazione può interfacciarsi con un politico. Per capirci, la cosiddetta zona grigia. Questo basterebbe a neutralizzare anche la notorietà dell’a ppartenenza, perché anche in quest’ultimo caso il termine varrebbe nella accezione più lata fatta propria dalla giurisprudenza
Facendo riferimento al Testo unico del codice antimafia per le misure di prevenzione?
Anche, ma va specificato esplicitamente il rinvio, visto che quel testo interpreta il concetto di appartenenza in modo più largo, introducendo il concetto di contiguità che non è necessariamente partecipazione interna all’associazione.
Vi sono elementi positivi? Certamente a partire dalla parificazione delle pene rispetto a chi viene condannato per associazione mafiosa. Non solo, anche l’eliminazione del metodo mafioso rende più semplice il lavoro di chi deve usare questa norma. Tanto più che in questo modo si rende implicito il disvalore di un politico che stringe rapporti con i clan, metodo mafioso o meno. Per chiudere darei un consiglio al governo: quello di ascoltare di più gli operatori del diritto. La critica non è necessariamente una critica al governo.
L’appartenenza implica un vincolo interno o anche una condanna. C’è il rischio di una interpretazione troppo stringente