Portobello, liberate il pappagallo dal flop tv
“Quando ero bambina non mi perdevo una puntata di
Portobello, mai avrei pensato di essere io un giorno a condurlo”, dice Antonella Clerici. A dire il vero, nemmeno noi. Come Rai1 potesse affidare un classico d’autore, il vero anello di congiunzione tra la paleo e la neo Tv, tagliato da Enzo Tortora su misura per se stesso, a un personaggio tanto grossier, nazional- popolari fuori tempo massimo, è misterioso prima che discutibile. Il risultato è un varietà discount elefantiaco eppure dozzinale, un po’ Zecchino d’oro, un po’Corrida, un po’La pro
va del cuoco, gli inserzionisti e le telefoniste, geniali anticipazioni di tante trasmissioni a venire, divenuti nell’era della Rete figurine da presepe napoletano (oggi chi telefona più?), “tutto originale!” quindi nulla di originale, la conferma che, come il treno dei desideri, anche la macchina del tempo va all’incontrario. Al di là dell’oceano di kitsch in cui naviga il Portobrutto della Clerici – nulla di più lontano dal tocco così genovese, netto e parsimonioso, di Tortora – resta una considerazione generale, la Tv è un’arte minore legata a doppio filo con lo spirito dei tempi, inevitabile che la riproposta di un classico si risolva nel più classico dei fallimenti. Massima solidarietà al pappagallo, che non ha proferito verbo, né mosso una piuma per tre ore e passa, becco sigillato e occhio vitreo. Animalisti o no, sarebbe il caso di liberarlo nell’interesse della Clerici, magari prima o poi gli scappa detto quello che pensa.