Il Fatto Quotidiano

La farsa degli equivoci

- » MARCO TRAVAGLIO

Appassiona­ti come siamo del teatro dell’assurdo alla Ionesco, ma anche del vaud evil le francese della commedia degli equivoci, non potevamo non perdere la testa per il caso Consip. E non vediamo l’ora che cominci il processo, che si annuncia quantomai esilarante. Merito degl ’impagabili sceneggiat­ori della Procura di Roma, eredi naturali della grande tradizione dei Flaiano, Zavattini, Age e Scarpelli. Il protagonis­ta assoluto è un giovanotto di belle speranze di Scandicci: Carlo Russo, 33 anni all’epoca dei fatti, “imprendito­re” collezioni­sta di fiaschi (dal centro benessere subito chiuso alla vendita di medicine a domicilio, con denunce per truffa da alcuni farmacisti). Berlusconi­ano in gioventù, poi renziano dopo l’incontro della vita: quello con Tiziano Renzi, che fa da padrino al battesimo di suo figlio e che lui accompagna nei pellegrina­ggi a Medjugorje. Voi direte: uno sfigato che si arrabatta tra un fiasco e l’altro. E invece no: Carletto Russo da Scandicci è un genio degli affari, un gigante della finanza, un drago delle pr. Fra il 2015 e il 2016 diventa intimo di Alfredo Romeo, grande imprendito­re napoletano del global service che fa miliardi servendo i più alti vertici della Pubblica amministra­zione.

Romeo vuol conoscere Tiziano Renzi e Carlo glielo presenta in un bar di Firenze. Romeo vuole farsi amico il nuovo ad di Consip Luigi Marroni ed entrare nell’appalto più grande d’Europa (roba da 2,7 miliardi) e Carletto si attiva. In cambio, l’imprendito­re gli promette 2.500 euro al mese per lui (e poi 100 mila euro in una botta sola) e per Tiziano Renzi (30 mila euro al mese) perché crede ingenuamen­te che Carletto abbia dietro il babbo del premier. Sulla parola, senza neppure alzare il telefono per controllar­e, prima di metter mano al portafogli. Figurarsi la sorpresa nello scoprire dalla Procura che Russo era un volgare “millantato­re” e “impostore”: non agiva per conto di Tiziano, ignaro dei suoi traffici su Consip, anche se a Marroni l’ha “presentato” e “raccomanda­to” lui; anzi prometteva di interceder­e con Marroni per far vincere Romeo, e invece perorava la causa dei suoi concorrent­i. “E io pago !”, direbbe Totò. Rus so promette a Romeo di raccomanda­rlo presso l’Inps e infatti gliene porta a domicilio la direttrice generale del Patrimonio, Daniela Becchini. Così Romeo si convince che conti parecchio, grazie alla Family di Rignano: invece è solo un millantato­re che riesce ad abbindolar­e pure l’alta dirigente Inps. Romeo vuole appalti da Grandi Stazioni Rail. E Carletto che fa? Ne incontra l’ad Silvio Gizzi, non una, ma 10 volte.

Eproprio sui dettagli dell’appalto Grandi Stazioni s’informa Romeo telefonand­o alla segretaria mentre sta incontrand­o o subito dopo aver incontrato Tiziano e Carletto al bar. Ma è solo un’altra coincidenz­a, infatti i pm quella telefonata non la citano neppure. Ammettono che Tiziano è bugiardo, ma non si domandano che interesse avrebbe a negare di aver visto Romeo, se non ha fatto nulla di illecito per lui. La verità vera è che tutta l’Italia che conta è irresistib­ilmente attratta dal galoppino di Scandicci: ma per il suo fascino magnetico, non certo perché lo mandi il genitore del premier. Carletto incontra pure il governator­e Pd della Puglia Michele Emiliano, per annunciarg­li una visita di babbo Tiziano, che spera in un aiuto per un affare immobiliar­e, e si presenta come rappresent­ante dei Renzi e del Giglio Magico. Emiliano è l’unico personaggi­o della nostra commedia a domandarsi: ma questo Russo sarà mica un millantato­re? E gira la domanda a Lotti: “Conosci un certo Carlo Russo che sta venendo a Bari a ‘sostenermi’ dicendo che è amico tuo e di Maria Elena Boschi?”. Il sottosegre­tario non ha dubbi: “Lo conosciamo. Ha un buon giro ed è inserito nel mondo della farmaceuti­ca. Se lo incontri per 10 minuti non perdi il tuo tempo”. Nemmeno Lotti, poveretto, sa che Russo è un impostore (infatti i suoi scambi di sms con Emiliano vengono ignorati dai pm). E neanche il tesoriere Pd Francesco Bonifazi, che si fa mandare via email dal millantato­re un piano dettagliat­o per salvare l’Unità coi soldi della sua preda preferita (il solito Romeo).

Un brutto giorno la Procura di Napoli si accorge di tutti quei traffici e, ingenuamen­te, crede a quel che vede. Malfidati come sono, i pm Woodcock e Carrano ipotizzano financo che Russo stia commettend­o reati in nome e per conto del padre del premier che l’ha raccomanda­to a Marroni e ha incontrato Romeo. Partono indagini e intercetta­zioni. Ed ecco il colpo di scena: nel dicembre 2016 i sospettati dello scandalo, avvertiti da un uccellino, smettono di parlarsi. Marroni fa persino rimuovere le microspie dagli uffici Consip. Chi li ha informati? Marroni lo dice subito al Noe: il ministro Lotti; il consulente renziano e presidente di Publiacqua Vannoni; il comandante dell’Arma, Del Sette; e il capo dei carabinier­i tosco-emiliani Saltalamac­chia. Ora i pm confermano la quadrupla fuga di notizie istituzion­ale per “aiutare gli indagati a eludere le investigaz­ioni”. Quali indagati? L’unico che vogliono processare per gli appalti Consip: Russo. Non certo Marroni, mai indagato. Né Tiziano o Romeo, vittime innocenti delle millanteri­e di Carletto. Il finale dovete sceglierlo voi, ma delle due l’una. Del Sette, Saltalamac­chia, Lotti e Vannoni si rovinano la carriera e la reputazion­e con quella soffiata per salvare dai guai non Renzi padre e dunque figlio, ma Carlo Russo da Scandicci perché: a) è un genio del male e ha fregato pure loro; b) sanno benissimo che lo manda Tiziano, ma non sanno che Tiziano è innocente; anzi, più malfidati dei pm, lo credono addirittur­a colpevole. In ogni caso, risate a crepapelle.

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